mercoledì 30 giugno 2010

LA PRIMA VITTORIA POLITICA DEL CAPITALISMO CONSUMISTA IN ITALIA.





LA PRIMA VITTORIA POLITICA DEL CAPITALISMO CONSUMISTA IN ITALIA.
ANALISI DEI FATTI DI GENOVA 30 GIUGNO 1960.Prima parte

Ogni anno a Genova, il 30 giugno, un'accozzaglia di falliti, gli antifascisti genovesi, celebrano il fatto che ben determinate centrali economico-politiche li usarono per far cadere un governo permettendo loro di mettere a ferro e fuoco una città.
A volte queste manifestazioni non raccolgono manifestanti, se non i soliti quattro gatti, ad esempio la ridicola figura fatta il 30 giugno scorso dove saranno stati al massimo una cinquantina di sciamannati, altre volte come oggi, stante anche il tentativo dell'attuale giunta comunale di far dimenticare i propri fallimenti, usando la vecchia fola dell'antifascismo, possono,grazie al patrocinio delle giunte comunali, provinciali e regionali, raccogliere molta più gente.
Il fatto che molti di costoro si dichiarino anticapitalisti, non fa altro che sghignazzare, e si vedrà ora il perchè.
Chi scrive userà per quest'analisi gli scritti che vennero pubblicati nei primi anni settanta, dall'intellettuale marxista eterodosso e scomodo, e non solo per le sue tendenze omosessuali, Pier Paolo Pasolini. Detti scritti , raccolti dopo la tragica morte dello scrittore e pubblicati con i titoli Scritti Corsari e Lettere Luterane.sono un'analisi spietata degli anni sessanta e settanta e delle utopie che portarono.
Ma anche una descrizione della miopia delle classi politiche italiane degli anni settanta, che non avevano capito la trasformazione della società italiana.
Alla fine degli anni cinquanta resisteva in Italia una società, rimpianta da Pasolini, che ancora era totalmente impermeabile alle suggestioni del capitalismo consumista, una società che come guardava con sospetto le vendite a rate, per ragioni etiche (se non hai i soldi per comprarti una cosa non la compri, specialmente se è un bene superfluo. Indebitarsi è una catastrofe!) avrebbe totalmente rifiutato quelle carte di credito, che sono più che altro delle carte di debito! Secondo Pasolini questa società, rimpianta ed elogiata in una recensione al libro Un Po' di Febbre di Sandro Penna che inizia con queste parole “ Che paese meraviglioso era l'Italia durante il periodo fascista e subito dopo!”1 , era così bella malgrado il Fascismo, secondo chi scrive questa nota il fascismo aveva saputo invece comprendere questa società nella sua essenza, ma continuiamo. Nel 1960 il governo Tambroni e la presidenza della repubblica erano espressione di quella società ed ancora volevano tutelarne i valori. Il MSI di Michelini voleva essere un partito conservatore post fascista ma fortemente sociale, tanto da non disdegnare di appoggiare assieme al PCI di allora la giunta democristiana Populista Milazzo alla regione Sicilia. Il tema dell'antifascismo era così poco sentito allora che Palmiro Togliatti difese questa operazione in Parlamento. Quindi come scrive Ignazi ne Il Polo Escluso a “ da parte democristiana pesa la lotta per il controllo del partito e, più particolarmente, il pericolo delle "avventure milazziane". La strategia delle correnti "aperturiste" nella DC punta in primo luogo al rinvigorimento dello spirito antifascista delle sinistre per tagliare l'erba sotto i piedi ad una ipotetica alleanza tra le ali estreme che, sulla base di progetti di rinascita nazionale conditi con abbondanti dosi di populismo, mini il sistema di potere democristiano; e in secondo luogo mira allo screditamento di quelle componenti democristiane che ricercano una intesa con la destra. Nulla di meglio, quindi, che favorire lo "scatenamento della piazza" per liberarsi, ad un tempo, di un alleato scomodo e degli oppositori interni al progetto del governo delle "convergenze parallele”2 e d'altra parte al PCI ed alle centrali sindacali cominciavano a farsi sentire la paura di essere scvalcati a sinistra dalla mobilitazione sociale degli operai e dei contadini che in quegli anni cominciava a far sentire i primi prodromi di quello che si sarebbe scatenato sette/otto anni più tardi, con gli scontrti di Avola e Battipaglia e l'”autunno caldo”. Per il PSI, che ebbe in Pertini il protagonista indiscusso di quella canagliesca operazione, voleva dire invece accelerare quell'operazione che portò il partito stesso al potere con il centrosinistra. Ma tutto questo non sarebbe potuto avvenire senza l'appoggio di quelle centrali economiche che ieri come oggi e come sempre hanno condizionato la politica USA. Se dette centrali non avessero considerato il centrosinistra come il miglior cavallo di Troia per la penetrazione della mentalità consumistica, una svolta autoritaria tipo Grecia dei Colonnelli, non sarebbe stata così fantascientifica in Italia e le magliette a strisce dei “camalli” genovesi si sarebbero tinte del rosso del loro sangue. Il fatto è che la classe politica conservatrice in Italia era quanto di più avversa, anche se inconsapevomente, a questo tipo di mentalità consumistica. La cesura fra le due società italiane si attua in un decennio e comincia POLITICAMENTE appunto a Genova nel 1960. La caduta dei regimi paternalistico-autoritari, impropriamente detti fascisti, in Europa si attuerà nei primi anni settanta quando dette centrali economiche considereranno mature le società civili greca, spagnola e portoghese per entrare nel gioco consumistico, e lo faranno con un'accelerazione maggiore di quella italiana. Così come l'accelerazione arà ancora maggiore nei paesi del blocco spovietico dopo il crollo del 1989.
Riprenderemo il discorso più tardi.
1 Pier Paolo Pasolini , Scritti Corsari ed. Garzanti gennaio 2002, Sandro Penna Un po' di febbre, pp. 143 e seguenti.
2 Pietro Ignazi op.cit. pp.94-95

lunedì 28 giugno 2010


si questo è il paese dove l'antisemitismo è reale, perchè dei semiti ( i palestinesi) possono essere affamati torturati umiliati e massacrati, dove fra elementi della stessa religione c'è discriminazione e razzismo..... questa poesia di Manuel Garcia Vino è una radiografia dello stato d'Israele “Il Profeta rivendica”: Ancora rimangono molti Palestinesi vivi, oh, figli di Sion. Così tanto tempo per scacciarli, umiliarli, imprigionarli, torturarli, ammazzarli, macellarli, eppure godono ancora del soffio della vita. Ancora rimangono molti Palestinesi vivi a vostro fianco. Non li vedete? Non li sentite? Pretendono di essere i padroni di questa terra, perché sono nati da coloro che rimasero tranquilli dopo che i calzari dell’aquila romana calpestarono le loro messi, i loro olivi, i loro negozi e gli allevamenti di colombe. Cosa state aspettando, figli di Sion? Non lo udite il comandamento di Yahvé? Sterminateli! Altrimenti, la furia dell’Eterno, grande e terribile, ricadrà su di voi. Su di voi, che conoscete, ve lo hanno insegnato fin da bambini, come i Palestinesi, donne, uomini e bambini non meritano di vivere nei vostri campi, nelle vostre città… Che si aspetta per sterminarli? Stanno profanando la vostra terra, questa terra gloriosa data a voi da dio Yahvé in eredità. Yahvé che, anche se non esiste, può sempre offrire molti campi, molte città, da Oriente ad Occidente, e sotto il mare, sopra le nuvole e ancora oltre l’orizzonte… Campi, un profluvio di latte e miele, che sono vostri, perché voi li avete rapinati, due volte li avete rapinati, come vi comandò Yahvé, per bocca del Profeta, benedetto sia Yahvé, il Santo dei Santi, anche se non esiste. Guardatevi in giro; osservate quella donna tranquilla, vicino al pozzo, sotto la palma. Porta un figlio nel suo ventre. Ne potete ammazzare due in un colpo solo. Trascinatela, estraetele le viscere, estraetele il figlio che sta aspettando e gettatelo ai maiali… Perché voi non mangiate maiale, però i maiali mangiano i bimbi palestinesi. E là, sul limitare opposto, un uomo con le mani vuote, perché il raccolto è vostro, il grano è vostro, e le spighe, e il frutto della vigna e dell’olivo. È famelico, un morto vivente, stroncato per sempre, che i suoi cenci non deturpino i pendii del sacro monte di Sion. Guardate, vedete ancora quel gruppo di bambini che gioca sulle sponde del Giordano, i loro piccoli piedi sguazzano negli acquitrini, fra i mirti e le piante odorose. Per non sporcarvi le mani, schiacciateli con i vostri carri da combattimento. Non abbiate timore per le pietre che vi lanciano, le pietre non fanno danno, se vengono tirate da mano innocente. Uomini, donne e bambini non sono uomini, donne e nemmeno bambini se sono palestinesi, oh, figli di Sion! Nemmeno il loro dolore è dolore, nemmeno le loro parole sono parole nemmeno i loro lamenti sono lamenti nemmeno il loro pianto è un pianto nemmeno le loro lacrime sono lacrime nemmeno la loro morte è morte… Sterminateli… Cancellateli dalla faccia di questa sacra terra. Obbedite! Ricordatevi della Legge di Mosé, il servo di Yahvé, dei precetti e dei comandamenti che vi sono stati dati dal Signore, il Santo dei Santi anche se non esiste, sul monte Horeb, per bocca del Profeta. Dovete obbedire, sterminateli, non sia mai che il fulmine immenso di Yahvé, grande e terribile, ricada su voi per dare a tutti voi e a tutta la vostra terra la maledizione

sabato 26 giugno 2010

PATRIOTTISMO!


Devo fare alcune precisazioni biografiche. Il sottoscritto è nato in una famiglia piccolo medio borghese, con da parte materna i maschi che avevano fatto tutti gli ufficiali, ero cresciuto in un ambiente dove il patriottismo si respirava a pieni polmoni, dove il sottoscritto era orgoglioso e fiero dei propri parenti che avevano servito la PATRIA, ero abituato a chiamarla così non il Paese, così lo chiamava la nostra calsse politica corrotta come lo è sempre stata dal 1945 ai giorni nostri! il sottoscritto amava il tricolore, lo amava visceralmente, quell'unione cromatica di verde bianco e rosso alla vista gli dava piacere. ed aveva un'antipatia istintiva per tutti coloro che parlavano di "retorica patriottarda" di abolizione degli eserciti e delle frontiere, sia che fossero hippies o sessantottini poco puliti, sia che fossero ben pasciuti ed elegantemente snob intellettuali radical chic, o untuosi clericali. queste tre categorie unite solo dall'irritazione che provavano per il concetto di un'Italia unita e con una propria missione del mondo.
E se proprio debbo dirla tutta il sottoscritto non aveva un odio per i nemici passati o eventualmente futuri. Le letture di certi autori italiani e stranieri gli avevano insegnato a sentire " secondo il suo cuore" le persone che, qualunque fosse la loro nazionalità od il colore della pelle, avevano dato prova di essere attaccati a certi valori, quali il dovere verso la patria, i propri commilitoni, la propria parola insomma il senso del dovere ed il valore! Era questo sentimento di empatia, di vicinanza, di RISPETTO l'unico sentimento internazionalista, in un periodo di derisione e sbeffeggiamento degli ideali di cui sopra. L'avanzare degli anni di chi scrive non gli ha fatto diminuire la memoria, e ricorda vividamente certi comportamenti. Ho portato con orgoglio le bandiere tricolori alle manifestazioni, mi faceva piacere vedere che la fiamma del mio partito aveva quei tre colori, a Redipuglia e sul colle Sant'Elia durante una gita-pellegrinaggio ho sentito un groppo alla gola, da quelle tombe parlava la voce della Patria, (anche se non l'avrei mai confessato a me stesso,chissà perchè tendiamo a voler apparire cinici), lo stesso groppo in gola che, anni più tardi ho sentito mentre vestito in kaki, con il Garand con la baionetta inastata in una mano e l'altra alzata nel giuramento, sentivo la musica dell'inno del Piave. Premesso questo ora devo dire che sentire parlare di Patria dai politicanti italiani , sia quelli cosiddetti di centro destra che usano la parola Patria per coprire i propri meschini interessi economici, sia dai cosiddetti politici di sinistra, che la usano dopo averci sputato sopra insieme agli intellettuali borghesi,mi fa venire il vomito. Non devono permettersi di parlarmi di Patria coloro che la svendono, ( svendono il nostro popolo, la nostra terra,le nostre radici tutto ciò che concretizza il concetto di Patria!)agli gnomi della finanza ed agli imperialismi stranieri, e nemici del nostro futuro!Con la Lega fate come sempre i ladri di Pisa!NON OSATE PARLARMI DI PATRIA, CAPITO ! LA MIA PATRIA E QUELLO CHE VOI INTENDETE PER PATRIA SONO DUE COSE TOTALMENTE DIVERSE!

venerdì 18 giugno 2010


Seconda parte.

Ego : Alter, ieri c'eravamo lasciati, a metà di un discorso, abbastanza coinvolgente.
Alter : è così infatti Ego. Vorrei continuarlo se non ti spiace.
Ego : ben volentieri.
Alter : riprendiamo allora dall'esistenza della differenza fra le razze. Questo come sai è un argomento tabù.
Ego : non capisco il perchè, ma sia. La differenza fra le razze non presuppone necessariamente un discorso di superiorità o inferiorità fra le stesse, afferma che sono diverse, punto. Vedi nel 1974 il professor J.R.Baker dell'università di Oxford nel libro Race, Oxford Press, Oxford, stabilì che ci sono 21 parametri di misurazione della civiltà:
1.La tendenza a coprirsi il corpo
2.La tendenza ad essere puliti e ad eliminare i rifiuti..
3.La tendenza a mutilare il proprio corpo solo per ragioni mediche.
4.La conoscenza dell’edilizia.
5.Il vivere in città collegate da strade
6.L’agricoltura.
7.L’allevamento e l’addomesticamento degli animali.
8.L’uso dei metalli.
9.L’uso delle ruote.
10.L’uso del denaro come mezzo di scambio
11.L’ordinamento per leggi.
12.Le garanzie giuridiche per l’accusato
13.Il bandire la tortura come mezzo di investigazione o punizione
14.La condanna dell’antropofagia.
15.Religioni etiche e non grezza superstizione
16.L'uso della scrittura (non solo figure) per comunicare concetti.
17.Facilità dell’uso della matematica anche in campo astratto
18.L’uso del calendario
19.la tendenza ad istruire ed educare la gioventù.
20.l'apprezzamento delle belle arti in quanto tali.
21.Conoscenza e cultura aventi il loro fine in se stesse.
Quindi paragrafi che sono dati di fatto. Questi sintomi di civiltà sono tali secondo il nostro punto di vista, sia ben chiaro. Comunque stabilì che i bianchi, in quattro punti differenti Eufrate, India, Creta, ed Egitto ( alla faccia delle teste di glande che parlano di scopacammelli! ) avevano realizzato questi 21 parametri, come i mongolidi in Cina ed in Giappone, maya inca e aztechi metà di questi parametri, non avendo la metallurgia, l'uso della moneta, l'arco nell'architettura edile, la ruota come mezzo di locomozione, la scrittura. Africani neri e australoidi non realizzarono alcuni di questi criteri.
Alter: posso farti notare che dopo il Patriot Act riguardo il 12° 13° parametro ci sono state pericolose involuzioni?
Ego: certo. Ed io farei notare a Baker che il 13° parametro per i bianchi divenne un parametro di civilizzazione riguardo all'investigazione solamente dopo il 1700, e dopo metà del XX° secolo riguardo alla punizione. Almeno che non vogliamo considerare gentilezze la messa a morte per impiccagione, camera a gas, sedia elettrica, garrota o ghigliottina. Riguardo alla razza gialla “ supplizio cinese” è diventato un modo di dire per definire punizioni atroci. D'altronde purtroppo nell'ordinamento sia cinese sia europeo, era possibile la condanna del reo solo dopo la sua confessione il che implicava in certi casi doverla estorcere con le maniere forti. Ritornando all'argomento trattato dobbiamo dire che in effetti Isaac Asimov, da noi conosciuto come scrittore di Fantascienza, ma è anche uno scrittore scientifico nel suo Cronologia della scienza e delle scoperte ha stilato una classifica delle 1500 più importanti scoperte del genere umano, Dopo la posizione eretta, l'uso del fuoco per riscaldarsi e cucinare i cibi e l'uso di oggetti in selce, comuni al genere umano,il resto sarebbe stato inventato da gialli o da bianchi. Ed è innegabile che mentre per l'antichità ed i primi 13 secoli dopo Cristo, il primato tecnologico sia stato dei cinesi, e degli orientali in genere, da dal 1500 in poi l'innovazione tecnologica è passata in mano agli europei. I cinesi e le civiltà di ambito islamico hanno pagato il loro rifiuto della modernità ed il loro chiudersi al mondo.
Alter : caro Ego,e forse gli Europei gli orientali avrebbero fatto bene a non andarli a sfruculiare, come dicono a Napoli, il fatto che per esempio nella seconda metà del 1800 i giapponesi siano stati costretti da USA e russia ad aprirsi al mondo ha poi portato i Giapponesi a compiere balzi tecnologici in pochi decenni tanto che nel 1900 hanno potuto sconfiggere l'impero zarista anche grazie al rapido apprendimento delle tecniche e delle tecnologie europee, e nel 1941 a minacciare il mondo occidentale, e dopo la sconfitta militare gli anni 50 hanno visto il Giappone trasformarsi in un gigante economico.
Ego : esatto Alter, ma il corollario di questo studio e che Negri ed Aborigeni australiani, non abbiano costruito nessuna civiltà. Che come risulta dai test siano mediamente inferiori come intelligenza ai bianchi ed ai gialli, eccetera.
Alter : non ti vedo particolarmente convinto.
Ego : bah, penso di non essere completamente cretino, ma ho paura che in un test come quelli di Shuey, non sarei molto brillante.
Alter : in che senso?
Ego : nel senso che un test sul quoziente intellettivo si basa non solo sulle reazioni ma anche sui meccanismi di ragionamento.Siamo sicuri che questi test non siano strutturati sul modo di pensare dei bianchi e/o dei gialli, e che non abbiano africani ed australoidi diverse categorie di pensiero? Vedi un mio amico marxista, dopo essere stato in Africa, ritornò razzista e profondamente persuaso della superiorità della civiltà bianca su quelle colorate. Una volta che parlavo di sfruttamento intervenne dicendo che i negri non potevano essere sfruttati in quanto non lavoravano. Gli chiesi cosa volesse dire mi rispose che i neri e i colorati non avevano l'idea di economia di accumulazione, chiesi quale economia di accumulazione potesse avere chi per mangiare poteva avere frutti senza doverli coltivare. E poi se un'economia di accumulazione fosse effettivamente così essenziale.Secondo lui l'economia di accumulazione era alla base della “nostra splendida civiltà occidentale”.
Alter: devo pensare che non sei d'accordo. Ma cos'è l'economia di accumulazione?
Ego: l'economia di ccumulazione dovrebbe essere la tendenza ad accumulare beni ed a produrre ricchezza. L'accumulazione dei beni mediante il risparmio, potrebbe essere per proteggersi in vista di futuri cambiamenti di sorte oppure per lsciare qualcosa ai propri discendenti. Oppure per procurarsi maggiore prestigio e potere nel poprio clan, o comunità etc.
Alter: Insomma il risparmio.
Ego: non solo. Ma vedi se a qualcuno basta quel poco che riesce a procurarsi col lavoro giornaliero, o con il fatto che può nutrirsi dei frutti della terra senza coltivarli, e questo sa che è un reddito sicuro perchè deve accumulare? Il risparmio ha come causa primaria, l'esperienza di periodi di penuria di alimentazione e quindi il bisogno di fare scorte ma quando questo bisogno non c'è cade il presupposto, così in una situazione del genere cade anche il discorso della prole. I giovani giunti alla maturazione saranno in grado di procurarselo da soli. Solo in ambienti un po' più climaticamente ostili, si è dovuti arrivare alla scoperta della conservazione dei cibi eccetera. La nostra “splendida” civiltà occidentale, quella dei bianchi nasce da questo fattore.
Senti è tardi, direi di continuare questa conversazione la prossima volta.
Alter : va bene.

lunedì 14 giugno 2010

dialogo su alcuni aspetti della vita. prima parte



DIALOGO SDRAMMATIZZANTE SU ALCUNI ASPETTI DELLA VITA

Di Ettore Marano.

Ego:ciao, Alter! Come va? Quali nuove mi porti?
Alter : niente di nuovo Ego, se non le solite cose. Uhm si però qualcosa c'è, sto notando in me una certa insofferenza per il modo di affrontare da parte della società odierna certi argomenti, un conformismo stupido ed a volte insopportabile.
Ego : A cosa ti riferisci?
Alter: Bah il razzismo , l'antisemitismo, l'omofobia.
Ego: argomenti delicati direi, ed a volte pericolosi.
Alter: appunto per questo. Nessun argomento se trattato con buon senso deve essere tabù, non credi?
Ego : ovviamente.
Alter: quindi ovviamente concordi con me che gli argomenti ed i temi vadano trattati con ragionamenti e non con slogan, e chi invece li affronta con slogan o è cretino o intellettualmente disonesto?
Ego : non c'è il benchè minimo dubbio, anche se mi permetto di ricordarti che certi argomenti vadano trattati cum grano salis, perchè possono riaprire vecchie ferite.
Alter: e bene fai a ricordarmelo, Ego e di questo te ne sarò sempre grato e ti invito a farlo nuovamente e ad avvertirmiogni qualvolta dica qualcosa di inesatto. D'altronde è per questo che gli amici ci sono. Ora se non ti spiace cominciamo a parlare di un argomento : il razzismo, cosa ne pensi?
Ego: argomento che per non correre il pericolo di trattarlo a slogan, va affrontato con argomentazioni intelligenti , Alter.
Alter : concordo con te Ego, quindi non ti chiedo una risposta a slogan, secca, ma una risposta, articolata quanto vuoi, se a te non spiace.
Ego: Per me ci sono due modi di intendere il razzismo, uno il considerare che ci siano razze inferiori e credere la propria superiore, e quindi discriminare, sfruttare le altre. Questo è ovviamente una forma deteriore negativa. L'altra ammettere invece che ci sono razze e che sono diverse e che forse l'armonia consista appunto nel riconoscere le diversità.
Alter . Per alcuni solo il fatto che tu affermi che esistano delle razze fra l'umanità, è gia razzismo. Alcuni ti direbbero che esiste solo la razza umana.
Ego : e non sarebbe uno slogan, ma una colossale baggianata. L'umana non è una razza ma una specie. Tant'è vero che la differenza fra razza e specie sta nel fatto che fra specie gli incroci non sono fecondi, fra sottospecie ci possono essere incroci fecondi con figli sterili, fra razze inctoci con figli fertili. Tant'è vero che mulatti, meticci etc possono procreare.
Alter. Tu non credi che gli uomini siano tutti uguali?
Ego : Alter tu sei biondo hai gli occhi azzurri e misuri un metro e settanta, di corporatura logilinea, io sono un metro e ottanta ben messo per non dire corpulento, sono castano, per l'età tendente al grigio, secondo te si può dire che siamo uguali?
Alter : Ego, non cercare di prendere letteralmente le cose così è sleale.
Ego : no Alter così è farti imparare, a te e ad altri a porre meglio la domanda. La domanda che dovevi farmi era pensi che gli uomini abbiano uguali diritti?
Alter : appunto questo ti volevo chiedere.
Ego : hanno tutti il diritto alla sopravvivenza, alla dignità, il che comporta il diritto alla libertà se non ledono gli altri. Questo parlando degli individui. A riguardo , rifacendoci alla prima domanda, penso che se a un bambino, senza tutte le categorie che gli abbiamo messo noi adulti in testa, mostrandogli una stanza con africani, arabi, indios, asiatici e chiedendogli se nota delle differenze , direbbe di no?
Alter : chiaro che no. Ma.
Ego : ma un par di zeri, mio caro. E magari pur notando la differenza penserebbe che non ci sia nulla di male. Siamo noi, che tentando di evitare il pericolo della discriminazione neghiamo le diversità. Ed è così che nasce il razzismo mio caro, oltre che per altre ragioni. È il politicamente corretto nato in una società permeata dalla propria cattiva coscienza, in special modo quella anglosassone di oltre oceano, questo tipo di ipocrisia che per ovviare agli errori ed orrori commessi in passato, tenta di ergersi in cattedra e di fare la morale cercando bruscolini negli occhi altrui, magari urtandoli con le travi che sono nei propri. D'altronde come diceva Churchill, non ho nulla in contrario al fatto che gli Americani sentano ogni tanto il bisogno di fare il bidet alla propria coscienza, mi da però fastidio che vogliano fare berci l'acqua da loro usata.
Alter : ovvero?
Ego . Ovvero volere, dopo aver ammesso i propri errori e ( a parole!) essersene pentiti, fare anche la morale agli altri ed assurgere al rango di guide morali e di vessiliferi del bene. Condannare i genocidii, dopo esser stati i primi genocidi della storia moderna, distruggendo i nativi americani, accusare altri paesi di possedere e volere usare armi di distruzione di massa, essendo stati i primi ad avere usato per due volte sopra un nemico ormai prostrato le bombe atomiche. Parlando di voler portare la libertà e la democrazia essendo il paese dove la giustizia sociale è assolutamente un concetto privo di senso. Istituire un Tribunale Militare per condannare il nemico vinto, per crimini contro l'umanità...
Alter . Qui ti fermo perchè rischiamo di uscire fuori dal seminato; la guerra è uno degli altri argomenti che tratteremo. Ritorniamo al razzismo, allora pensi che gli individui abbiano pari diritti?
Ego : quelli fondamentali di cui ho parlato prima.
Alter : tu pensi che ci siano delle differenze fra le razze?
Ego : allo stesso modo che fra gli individui. Alter tu credi siamo fatti tutti allo stesso modo?
Alter . No, e aggiungo meno male!
Ego : giusto meno male, perchè saremmo un agglomerato di automi, se fosse dato il contrario. Ed allora perchè se ammettiamo tutti le differenze fra le persone non le ammettiamo fra quegli agglomerati di persone che sono i popoli, le etnie, le nazioni, le razze? Perchè non ammettiamo che esistono differenze fra i popoli come siamo disposti ad ammetterlo per i singoli individui?
Alter : Perchè ammetterlo potrebbe portare a discriminazioni razziali, a teorizzare la supremazia di un razza sull'altra, a dire che una razza è inferiore...
Ego : Questa è un'eredità del secolo dei lumi. Del cosiddetto progresso delle scienze, quando non bastava più la lettura mal digerita della Bibbia,, ecco che veniva usata la scienza, piegando certi risultati certi studi alle proprie cavolate, e passata la moda del razzismo piegare altri risultati per cavolate di segno opposto.
Alter: Ovvero?
Ego : Ovvero, dopo ricerche statistiche durate dagli inizi fino a metà del XX° secolo l'antropologo Shuey, stabilì che negli USA, i negri fossero mediamente meno intelligenti dei bianchi, mentre l'antropologo Boas stabiliva che tutte le cause di differenza fra bianchi e negri fossero dovute a problematiche ambientali.
La polemica si sviluppò con da una parte chi diceva che altre etnie avevano affrontato le stesse problematiche ma avevano avuto poi diversi risultati nei test QI ( quoziente intellettivo), dall'altra chi diceva che la maggiore criminalità fra gli afroamericani fosse dovuta all'ingiustizia della società bianca( sto notando che quando dico negri, fai una strana faccia Alter; per me negro non è un insulto bensi la definizione di un individuo proveniente od originario dell'Africa sub sahariana. Posso farti notare che negro non è l'equivalente di nigger, termine che non ha l'equivalente in italiano) ?
Alter : hai ragione ma penso lo stesso che sia qualcosa di sgradevole.
Ego : Penso che sia più sgradevole il fatto che siano sfruttati, o che siano ridotti alla fame ed obbligati a lasciare la terra in cui sono nati e che potrebbe sfamarli, se le risorse venissero equamente suddivise, non trovi? Credo che a costoro non importi come vengano chiamati, ma di sopravvivere. Ritornando all'argomento e scusandomi per le digressioni...
Alter : in una conversazione è così, ci devono essere anche interruzioni, cum grano salis e senza far perdere il filo...
Ego : In effetti è vero. Comunque al solito la verità stava nel mezzo. È ovvio che se tu nasci e cresci in un ambiente di miseria, in cui sei considerato come poco più di una bestia, dove ti dicono che comunque non arriverai a certi gradini perchè sei comunque predestinato dato il colore della tua pelle, ad occupare i gradini più bassi della società, o ti dai a vizi che ottundono il tuo ragionamento ed i tuoi migliori istinti, o sviluppi una rabbia un desiderio di rivalsa nei confronti della società che può esprimersi costruttivamente nel cercare di uscire fuori in un modo o nell'altro da quest'impasse o distruttivamente diventando un criminale violento. D'altro canto non si può negare il fatto che esistano differenze oggettive, ma questo non vuol dire che certe razze siano superiori o inferiori. Mi spiego meglio,tu sai Alter che io invidio la tua manualità cioè il sapertela cavare nei cosiddetti lavoretti di casa?
Alter : grazie Ego, ma a parte il fatto che anch'io invidio alcune tue doti , quali il saper cucinare, la tua cultura, delle mie capacità non ho alcun merito perchè son qualcosa di naturale in me.
Ego : come anche le mie capacità...non abbiamo alcuna difficoltà a farlo o se le abbiamo sono minime perchè ci piace farlo, perchè ci SIAMO PORTATI! Questo è il fatto come alcuni individui soino portati ad alcune attività così altri sono portati per altre e nessuno è inferiore all'altro, così vale per i popoli e le razze. Fra gli indigeni della Polinesia ci sono eccellenti notatori, eccellenti atleti fra gli africani sub sahariani, e questo è dovuto anche alle condizioni ambientali...le differenze esistono è un fatto. Che poi questo sia un fattore o meno di superiorità è un altro discorso.
Fine prima parte.

mercoledì 9 giugno 2010

ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL RAZZISMO


DA WHITE SUPREMACY
Di ETTORE MARANO
Il problema del razzismo in America, razzismo che adesso come adesso non è solo ed
esclusivamente bianco, va affrontato mediante un’analisi scevra il più possibile da pregiudizi di
carattere morale od ideologico.
E dico il più possibile perché ognuno di noi, anche e soprattutto l’estensore di questo scritto, è
comunque preda, cosciente o meno di esserlo, dei suoi convincimenti o pregiudizi.
Diciamo intanto che il razzismo è parte dell’essere umano; una parte che magari non ci piace ma
con cui dobbiamo fare i conti.
Non è assolutamente un fatto elitario, bensì è , in moltissimi casi, radicato nella gente umile, tanto
che alcuni lo ascrivono ad ignoranza; ma questo non è sempre vero.
Esistono diversi tipi di razzismo, le cui connotazioni non sono necessariamente negative;
spiegandomi meglio, oggi viene inteso come razzismo anche la volontà di restare ancorati alle
proprie tradizioni, di essere fieri delle stesse come della storia della propria gente, di preferire la
compagnia, in tutti i sensi, di chi è come noi e di riconoscere un fatto ovvio: quello che esistono
popoli, etnie, culture, razze ( anche se agli alfieri del politicamente corretto questo termine non va
giù) che sono diversi. Questo atteggiamento mentale ha in sé il rischio di portare ad una ottusa
chiusura mentale, però va anche detto che non sempre il rischio diventa realtà.
Ci sono molti cosiddetti razzisti che hanno una curiosità intellettuale verso le altre culture, tanto da
studiarle profondamente e da saperne discutere in maniera approfondita, che molti cosiddetti
cosmopoliti antirazzisti si sognano.
Per fare un esempio illustre penso al grande scrittore Rudyard Kipling, anglo – indiano, come si
definiva lui stesso, cantore dell’imperialismo inglese e del Fardello dell’Uomo Bianco, ma la cui
opera è pervasa da un grande amore per il paese in cui era nato, l’India, e per i popoli che lo
popolavano.1
C’è però un altro aspetto del razzismo che porta a considerare la propria razza superiore alle altre ed
a disprezzare conseguentemente le altre culture.
Questo atteggiamento è oggettivamente negativo, in quanto sintomo di poca intelligenza da una
parte e di una profonda mancanza di sicurezza dall’altra.
Chi sa di essere superiore non è mai arrogante e non disprezza nessuno. Questo è quanto.
Vero è anche che il senso di superiorità bianca era ed è dovuto a un fatto oggettivo.
I popoli europei dal 1400 in poi hanno mostrato un dinamismo fortissimo che li ha portati ad una
fortissima espansione in tutto il globo. Hanno avuto un fortissimo progresso tecnologico e la
capacità di trovare delle applicazioni pratiche alle scoperte tecnologiche.
Anche in campo letterario, filosofico e speculativo hanno avuto una posizione di leadership.
Questo in contrasto con popoli di antichissima civiltà, quali i cinesi e gli arabi ( ricordiamoci che
nei primi secoli del Medio Evo sono stati gli arabi che hanno svolto in campo culturale, con la
riscoperta dei classici greci, ed in campo tecnologico la funzione ricoperta dagli europei nei secoli
del Rinascimento) che però avevano esaurita la loro carica vitale e che il contatto con gli europei ha
contribuito a portare nel mondo moderno.
Comunque molto spesso un atteggiamento che i cosmopoliti considerano razzista è puramente e
semplicemente la voglia di conservare la propria identità culturale.
Ritornando però alla situazione americana dobbiamo dire che il razzismo bianco americano ha due
retroterra culturali fortemente interconnessi anche se a prima vista in contrasto fra di loro: la
matrice religiosa calvinista e la matrice filosofica illuminista inglese, quella di Hume e Locke, per
intenderci.
La prima matrice, quella calvinista si rifà al mito della predestinazione per cui solo pochi possono
essere coloro che si salveranno e che sono destinati a costruire la Città di Dio in terra, la nuova
Gerusalemme.
Questo è alla base del primo razzismo americano, volto contro gli indigeni, i pellerossa, verso i
quali solo negli USA c’è stato un piano sistematico di genocidio.
Per i pii pellegrini del New England gli indiani erano coloro che si opponevano alla nascita di
questa nuova Gerusalemme2, erano il Male Assoluto, per usare un termine di moda, contro di loro
doveva essere applicato il biblico Anatema di Esecrazione3 che gli ebrei avevano applicato contro i
cananei e gli amaleciti; a differenza che nel Canada o in Messico, dove pure erano stati massacrati
gli indiani, gli indiani in quelli che saranno poi gli USA non devono neanche essere assimilati
poiché come potevano essere assimilati coloro che erano considerati figli di Satana che si
opponevano alla santa missione degli Eletti?
Tantomeno devono essere convertiti perché Dio ab initio li ha condannati alla dannazione.
Questa intolleranza, questo rigido orgoglio sono mirabilmente descritti nelle pagine di Nathaniel
Hawthorne.
Questa mentalità la si nota anche in epoca odierna nell’atteggiamento degli Orangisti dell’Ulster e
dei calvinisti Boeri nel Sud Africa.
Un’altra influenza culturale è data dall’illuminismo inglese; i Padri Fondatori, in gran parte ricchi e
raffinati piantatori meridionali, erano seguaci della cultura illuministica inglese in prima parte e poi
di Diderot e D’Alembert e parlavano di libertà e di uguaglianza tanto è vero che erano gli idoli di
tutti i salotti della Parigi illuminista, come testimonia l’accoglienza data a Beniamino Franklin.
Nella Dichiarazione di Indipendenza, testo sacro per ogni americano, c’è scritto “ tutti gli uomini
sono stati creati liberi ed uguali”; ora questa frase poneva un problema: se tutti gli uomini sono
uguali come si poteva spiegare il fatto che migliaia e migliaia di uomini fossero tenuti in schiavitù?
Come poteva essere spiegato il fatto che i pellerossa fossero sistematicamente depredati dei loro
terreni e cacciati come selvaggina?
Come mai l’estensore stesso di quella frase, Thomas Jefferson era un piantatore proprietario di
schiavi?4
La giustificazione dei puritani e dei protestanti era data dalla Bibbia e dalla maledizione di Noè sul
figlio Cam, biblico progenitore della razza nera.
Questo però non poteva bastare ai raffinati intellettuali anticlericali che avevano fondato gli USA.
Quindi si doveva affrontare il discorso in un altro modo, giungendo se non a negare l’umanità degli
schiavi e dei negri in genere, per non doverli considerare dei cittadini, quantomeno a considerarli
come dei bambini un po’ cresciuti che dovevano essere guidati per il loro stesso bene.
( Qui dobbiamo aprire il discorso della cesura fra la mentalità protestante ed illuministica e il
vecchio mondo classico.
Nella mentalità classica esisteva la schiavitù: gli schiavi nel mondo classico erano prigionieri di
guerra o potevano essere debitori insolventi.
Il fatto era però che non perdevano mai la loro umanità, anche se grammaticalmente in latino
erano considerati delle cose.
Il termine mancipium infatti è di genere neutro.
Però la schiavitù non era di per sé necessariamente perpetua: lo schiavo poteva essere emancipato,
diventare un liberto, e nell’epoca imperiale assurgere a posizioni di comando.
Lo schiavo poteva essere germanico o etiope, gallo o numida, ma la sua sorte poteva essere la
stessa.
Tutti potevano essere liberati. Dunque il razzismo non esisteva nel mondo classico? Certo che
c’era.
Il termine barbaro ha origine dal termine greco oi barbaroi, designante lo straniero per quanto
civile quel popolo potesse essere; tanto è vero che venivano chiamati così anche gli Egizi ed i
Persiani, che come civiltà erano sicuramente più avanzati dei Greci antichi.
Anche nel popolo romano c’era come esiste in tutti quei popoli che hanno una alta concezione
della missione che è stata loro destinata.
La schiavitù esisteva anche nel mondo medioevale ma valeva anche per quel mondo il discorso
fatto prima.
Oltretutto era stata condannata da papa Gregorio primo.
Solo in età moderna ed in America, con la necessità del lavoro servile su larga scala per il lavoro
nelle piantagioni, si arriva alla tratta degli schiavi ed a un fatto curioso: la tratta degli schiavi
viene effettuata in tutte le Americhe, ma mentre spagnoli e portoghesi, forse perché non si
consideravano unti dal signore, non avevano alcun senso di colpa e non ostentavano però nei
confronti dei loro schiavi neanche un aperto razzismo, se non quello che mostravano verso
chiunque fosse loro sottoposto, nell’America anglosassone si ha bisogno di un alibi per giustificare
lo sfruttamento e la riduzione allo stato animale di esseri umani; il razzismo americano nasce da
questo bisogno di giustificazione.)
Ovviamente è forzatamente riduttivo equiparare il razzismo alla schiavitù, in quanto molti
abolizionisti, fra cui lo stesso Lincoln, pur essendo contrari alla schiavitù per ragioni umanitarie ma
ancora di più per ragioni economiche, in quanto l’economia schiavista era fondamentalmente
arretrata ed avrebbe fatto del Sud una palla al piede per il resto della nazione, d’altra parte erano
assolutamente sicuri dell’inferiorità dei negri e della assoluta necessità che fra le due razze fosse
quella bianca a dovere assumere posizioni di comando, tanto che dopo la fine della guerra civile
molti abolizionisti assunsero posizione chiaramente e risolutamente razziste.
D’altro canto molti pensatori sudisti , quali John Calhoun e George Fitzhugh,5se difendevano una
cosa francamente indifendibile quale la schiavitù, secondo la teoria del male minore, era perché
aborrivano la nascente società industriale del nord, che consideravano un esempio di sfruttamento
dell’uomo sull’uomo molto più feroce ed inumano della schiavitù stessa.
La stessa politica di emancipazione attuata nel 1863, fu all’inizio solo una misura di guerra
propagandistica, attuata come fu solo verso gli stati a schiavi ribelli non ancora sotto il controllo
dell’Unione, e fu fatta breve tempo prima del decreto di Jefferson Davis, su consiglio di Robert Lee,
che dava agli schiavi che si fossero arruolati sotto le bandiere della confederazione la piena
emancipazione con la promessa a guerra finita della cittadinanza e di un pezzo di terra coltivabile;
tutto ciò mentre nel Nord l’arruolamento dei negri era in maggior parte coatto, mentre si discuteva
ancora se deportare o meno gli schiavi liberati,molto spesso rinchiusi in campi di concentramento e
i negri arruolati erano utilizzati come carne da cannone al fine di risparmiare le truppe bianche.6
Certamente bisognerebbe chiedersi se le promesse di Davis sarebbero state mantenute e quanto
questo esperimento avrebbe potuto servire ad evitare i conflitti che sarebbero seguiti alla guerra
civile ed alla Ricostruzione.
Ma questi ragionamenti sono marginali, nel caso in questione; il razzismo in America nasce da un
fatto palmare per gli Americani. L’America nasce per i bianchi. Il governo del popolo e per il
popolo di cui parla in un nobilissimo discorso Lincoln, era un governo per il popolo bianco. La
Grande Nazione Unita sognata da Lincoln, Webster, Hamilton, contro la federazione di popoli e
stati americani voluta da Calhoun, era una nazione per i bianchi: questa era l’opinione di tutti gli
americani bianchi.
E per molti nordisti, quelli del New England, era circoscritta ai bianchi protestanti ed anglosassoni, i
WASP appunto.
Dai primi anni di vita della giovane repubblica si consoliderà un atteggiamento di orgogliosa
esclusione per chiunque non faccia parte dell’America: e questo non si estrinsecherà solo versi i
negri ed i pellerossa, ma bensì verso anche la cultura europea.
Di questo atteggiamento faranno le spese nel passare degli anni gli emigranti europei.
Prima dell’apparizione del Partito Repubblicano, dalle ceneri del Partito Whig, nasce il partito
cosiddetto dei know nothing ,7il cui programma, come si evince dal nome, è sicuramente molto
vago, ma caratterizzato da una forte xenofobia, specie verso gli irlandesi e i cattolici, e da un ancor
più forte razzismo.
Gli emigranti possono venire ed in cambio della loro fatica raccattare le briciole, questo discorso
vale per gli irlandesi prima, poi per gli italiani e gli abitanti dell’Est Europeo, oltre che per gli
ispanici.
Durante la guerra civile americana, come per la guerra contro il Messico anni prima, gli emigranti
irlandesi, che hanno la residenza dovranno versare il loro sangue in quelle che sono guerre volute
dai ricchi ma combattute dai poveri, sotto la minaccia del rimpatrio per ottenere la cittadinanza.
Ma se per le copperheads irlandesi, i dagoes italiani, i greci, i polacchi e gli slavi in generale verrà
il tempo dell’integrazione, per i negri questo tempo non verrà e l’integrazione dovrà essere
conquistata palmo a palmo.
Eppure i negri americani in stragrande maggioranza non desiderano altro che essere integrati.
Ma le bandiere americane strappate dai poliziotti bianchi ai manifestanti negri per i diritti civili in
quanto l’America è solo dei bianchi, i cadaveri dei soldati negri morti in Vietnam che non possono
essere seppelliti vicini ai loro commilitoni bianchi, le chiese cristiane negre date alle fiamme mentre
i fedeli sono a pregare perché Cristo è venuto solo per i bianchi, ricordano a tutti i negri americani
che i bianchi non li considerano e non li considereranno mai cittadini.
Molti allora diranno con Malcolm X “ …No, io non sono americano. Sono uno dei 22 milioni di
uomini dalla pelle nera che sono vittime dell’americanismo, uno dei 22 milioni di vittime della
democrazia che non è altro che un’ipocrisia travestita…vedo l’America con gli occhi della vittima
e non riesco a vedere nessun sogno americano, quello che vedo è un incubo americano…” 8;
Malcolm X vede la politica di avvicinamento da parte dei liberals bianchi e dei dixiecrats per quello
che è, un tentativo di usare i negri come massa di manovra ed elettorale per gli scopi di altre élite
bianche e rifiuta l’integrazione. La sua analisi della situazione viene per ironia della sorte compresa
ed in un certo modo apprezzata dal capo del partito nazista americano, Lincoln Rockwell. I due
condivideranno la stessa sorte; verranno infatti assassinati entrambi da elementi delle rispettive parti
politiche.
La lotta contro l’egualitarismo e la multiculturalità è dunque uno sbaglio. No di certo!
L’integrazione forzata nelle scuole fu un errore voluto da centrali di pensiero ben note e per scopi
inconfessabili ma anche quelli ben noti; il mito del melting pot fallisce miseramente ogni giorno
negli scontri non solo fra negri e bianchi, ma fra negri, ispanici ed asiatici, e nelle sommosse
razziali e la società americana non è mai stata così divisa; un negro non può ottenere giustizia da
una giuria di bianchi, come un bianco non la può ottenere da una giuria di negri. I casi di Rodney
King e di O.J. Simpson stanno a dimostrarlo.
Il sistema delle quote razziali e di lobbies ha portato ad un tipo di società dove la gente fa carriera
nelle amministrazioni pubbliche non in base al proprio merito, ma perché le assunzioni e le
promozioni devono essere divise in base alle appartenenze a certe etnie o a certi gruppi di
pressione, cosicché devono essere promossi un certo numero di bianchi, un certo numero di negri,
un certo numero di donne ed un certo numero di omosessuali; la criminalità è cresciuta in modo
esponenziale , e gli omicidi e gli stupri inter – etnici sono all’ordine del giorno; nelle Università
americane si arriva al punto di considerare razzista studiare Platone e si impone di studiare filosofi
negri9ma tutte queste assurdità sarebbero passate molto meno se certi atteggiamenti fossero stati
meno ottusi.
William Pierce in un saggio lamenta il fatto che i media liberals facessero di tutto negli anni 60 per
mostrare solamente scene di violenza da parte dei bianchi, bisogna anche dire però che queste scene
accadevano realmente e non erano frutto di montaggio televisivo, e sono state il modo per rendere
odiosa ogni opposizione alla società multietnica.10
1 Purtroppo in Italia è conosciuto ormai solo per i romanzi per ragazzi IL LIBRO DELLA JUNGLA e CAPITANI
CORAGGIOSI
2 Da qui il termine Israeliti cristiani Bianchi di cui parlano alcuni razzisti americani fra cui i Cavalieri della Camelia
Bianca (Cfr. RIGHT WING prima parte IL KU KLUX KLAN).
3 L’anatema di esecrazione era il comando divino di sterminare i nemici che Dio dava in mano ai giudei, senza
riguardo di età e sesso; Saul perde il favore divino e la sua legittimità di re poiché risparmia alcuni dall’anatema di
esecrazione.
4 Si deve però anche dire che sia Jefferson e Washington bollavano, ed erano sicuramente sinceri, la schiavitù con
parole di fuoco e che molti tollerassero la schiavitù come male minore, anche perché pensavano che i negri non
avrebbero potuto reggere il peso della libertà, stante la loro arretratezza. Ma questa arretratezza era anche causata
dalla schiavitù stessa.
5 Si deve dire di Calhoun che affermava che era un dovere per i proprietari degli schiavi il trattarli umanamente,
come Nathan Bedford Forrest, che rifiutava di vendere i suoi schiavi a persone che non davano assicurazioni a
riguardo. Ciò non toglie nulla alla disumanità della schiavitù in sè.
6 Cfr. l’introduzione di R. Luraghi ad AA.VV. LA GUERRA CIVILE AMERICANA, Il Mulino , Bologna 1978, pag.
53.
7 Il nome del movimento era ORDINE DELLA BANDIERA A STELLE E STRISCE. Una buona ricostruzione del
periodo si ha nel film GANGS OF NEW YORK di Scorsese con Leonardo di Caprio e Daniel Day-Lewis.
8 Malcolm X THE BALLOT OR THE BULLET, ( Titolo italiano La scheda o il fucile) discorso tenuto a Cleveland,
Ohio il 3 aprile 1964. Lo si può leggere in Malcolm X ULTIMI DISCORSI, Einaudi, Torino 1968.
9 Dei quali non si ha peraltro notizia, a meno che le teste pensanti politicamente corrette, non dicano che si debba
studiare solo Aurelio Agostino di Ippona, che era di pelle scura.
1 0 Cfr. RIGHT WING voci della destra radicale americana prima parte il Ku Klux Klan.

martedì 8 giugno 2010

STIRPE NAZIONE ED IMPERO DI ALFONSO DE FILIPPI.


ALFONSO DE FILIPPI





STIRPE - NAZIONE - IMPERO

APPUNTI SUL RAZZISMO FASCISTA
(2 Edizione riveduta ed ampliata)




























IDEE IN MOVIMENTO



I INTRODUZIONE


Possiamo porre come introduzione a questi nostri appunti quanto scriveva Julius Evola in “Mussolini e il razzismo” in “Il Conciliatore” Luglio- Agosto 1958 (poi in “I Testi de Il Conciliatore” Ar,Padova,2002):
“….l’opinione corrente è che, riguardo al razzismo, il fascismo fu imitatore e succube dell’hitlerismo, e anche chi non disconosce il valore di molti aspetti del precedente regime, in ciò vede uno dei suoi lati d’ombra.” Il che, per Evola ” dimostra una scarsa conoscenza obiettiva dei fatti….” Poiché: ” Tre fattori distinti indussero Mussolini ad affrontare il problema della razza. Il primo fu la creazione dell’impero africano, e a tale riguardo il «razzismo» fascista non ebbe nulla a che fare con quello hitleriano, esso si orientò nello stesso senso del razzismo pratico (e non ideologico) che fu comune a molte nazioni coloniali europee - prima fra tutte la Gran Bretagna - intese a proteggere con adeguate misure e con un sentimento di “razza” il prestigio dei bianchi di fronte ai popoli di colore e a prevenire mescolanze bastarde. Il secondo fattore riguarda il problema ebraico, ed ebbe carattere puramente politico, più che - anche qui- ideologico. Si è che si moltiplicarono i rapporti di diplomatici e d’informatori italiani circa la crescente ostilità militante antifascista dimostrata da elementi ebraici all’estero, e soprattutto in America, in relazione, o meno, con l’accostarsi dell’Italia alla Germania. Per cui Mussolini alla fine fu costretto a reagire; e gli ebrei in Italia……..andarono, per tal via, a soffrire delle conseguenze dell’atteggiamento dei loro correligionari non italiani.” Infine” Resta il terzo fattore, a carattere propriamente ideologico, del razzismo italiano…….Il problema che interessava fondamentalmente Mussolini e al quale egli credette che il razzismo in senso proprio (da non confondersi con l’antisemitismo) avrebbe potuto dare un importante contributo, era quello della formazione di un tipo nuovo di italiano, alla sostanza caratteriologicamente abbastanza labile e individualisticamente anarchica, del nostro popolo, e, in genere, delle popolazioni mediterranee.” Questo perché ”Non a torto Mussolini pensava che il futuro del fascismo dipendesse non tanto dalla trasmissione delle idee e delle istituzioni quanto a una tradizione formatrice che giungesse a creare un “tipo”, o “razza” selezionato in ciò può aver avuto una qualche influenza l’esempio di quel che si tentava di fare in Germania.”
Probabilmente, è questo uno dei casi (cfr. Giorgio Locchi “L'Essenza del Fascismo” Ed. del Tridente, La Spezia 1981) in cui il Fascismo è stato compreso meglio da certi suoi avversari (soprattutto di una certa “razza”) che da molti suoi seguaci e soprattutto dai suoi presunti continuatori e nostalgici. Ad esempio, leggiamo su “Il Foglio” del 1 Febbraio 2002, a firma Giorgio Israel (“Caro Cabona, non ho la memoria selettiva , ma il fascismo fu razzista e antisemita”): “La questione della razza è stata sempre un tema centrale del fascismo, dapprima in versione popolazionista (“il numero è forza”), poi in versione eugenetica (miglioramento della razza italica in modo da renderla atta ai compiti del dominio imperiale.).La sua elaborazione ha visto un rilevante contributo della comunità scientifica. A partire dalla metà degli anni Trenta essa passa alla fase “qualitativa” (secondo la definizione di Bottai), in concomitanza con la fase imperiale e coloniale, per preservare gli italiani da ogni commistione con i popoli inferiori colonizzati. Difatti, i primi provvedimenti razziali riguardano le popolazioni indigene dell’Africa Orientale. La campagna antisemita prende le mosse dal 1935 ed è stimolata da fattori politici. Non soltanto l’alleanza con il Fuhrer, ma anche la delusione di Mussolini per la scoperta che l’ebraismo internazionale non ha alcuna intenzione di allearsi con il fascismo, bensì non ha perso quel vizio che … François Furet chiama un rapporto privilegiato con l’universalismo democratico”. (Da parte nostra possiamo solo rilevare che non ci sembra che Mussolini abbia fatto molti sforzi per un’alleanza con l’ “ebraismo internazionale”! Possiamo, comunque pensare alle aperture verso i sionisti “revisionisti”. cfr Joseph Heller “The failure of Fascism in jew Palestine 1925-1948” in, a cura di Stein Ugelvik Larsen “Fascism outside Europe” Boulder, New York,2001) e ad un blando tentativo di distogliere le comunità israelitiche degli altri paesi dall’opposizione all’espansione dell’Italia in Africa). Possiamo trovare altre interessanti considerazioni nel saggio di Nino Tripodi “Spiritualità della concezione fascista della razza” (in AA. VV. “Mussolini nel Centenario della Nascita”, Ciarrapico, Roma, 1986).Vi leggiamo:“..Mussolini si proponeva di bonificare l’albero genetico degli italiani inquinato dalle secolari incursioni allogene.” In particolare “Nel difendere il “primato ariano” il fascismo aveva anche di fronte i problemi nascenti dalla conquista dell’Etiopia, con le connesse soluzioni da dare al meticciato e alla guida delle popolazioni soggette all’ Impero.” E “…è … Renzo De Felice, nel suo documentato volume sull’antisemitismo fascista a scagionare il regime dagli eccessi tedeschi. Nel quinto volume della biografia mussoliniana esclude inoltre la pretesa imposizione hitleriana del razzismo all’Italia, mentre afferma che il duce cercò sempre di distinguersi dai nazisti sia nel merito che nel metodo della politica razziale.”
Di notevole interesse anche quanto scriveva A. James Gregor in “L’Ideologia del Fascismo” (Ed de Il Borghese, Milano, 1974, pag. 30) “L’esempio più frequentemente citato del presunto opportunismo fascista è, naturalmente, la manifestazione di razzismo dopo il riavvicinamento italiano alla Germania nazionalsocialista. Il fatto che il razzismo fascista sia stato, almeno in parte, conseguenza di considerazioni di ordine tattico è innegabile; ma questo riconoscimento non deve oscurare il carattere particolarissimo che ebbe il razzismo fascista nelle sue distinzioni teoriche e dottrinarie, che vennero tradotte in pratica.”
Troviamo qualche altra considerazione interessante nel volumetto “Fascismo ieri e oggi”(Ciarrapico, Roma, 1985,si tratta di dialoghi tra vari autori a cura di Enzo Palmesano). Leggiamo a pag.117 e segg.: alla domanda se vi fosse stato un razzismo fascista, Rutilio Sermonti non solo rispondeva affermativamente, ma precisava: “Ritengo…che l’autentico razzismo fascista dovesse intendersi in modo particolare, e nettamente diverso da quello nazista. La razza ario-romana non fu per i fascisti una constatazione: fu una scelta. Parlare in Italia di razza pura nel senso tecnico–biologico( anche se non mancò chi lo fece ) era ridicolo. Nessuna persona di media cultura poteva ignorare che il sangue ario–latino, già abbondantemente mescolato al tempo di Augusto con quello italico pre–ariano, etrusco, pelasgico, fenicio, ecc. subì dal tardo impero in poi tali massicce immissioni di sangue ariano non latino ( germanico, slavo, vichingo ) e non ariano ( arabo), da doversi seriamente dubitare che esistesse in Italia nel novecento un solo latino puro. Si volle creare una “razza italiana” , che riprendesse da quella ario–latina ( o almeno e più genericamente ariana) un carattere, una tradizione, un retaggio civile. Quanto al problema ebraico. Si trattava più di un problema politico che etnico. Del resto anche quella ebraica è una razza morale assai più che biologica…il che non toglie che gli ebrei siano certamente il popolo di più antico e radicato razzismo.”
Nella stessa occasione, James Gregor poneva l’accento su come “Il nazionalsocialismo di Hitler si è definito in una forma di internazionalismo basato sulla razza. Il fascismo di Mussolini fu sempre nazionalista in previsione di uno sviluppo regionale che avrebbe unito le nazioni in competizione internazionale …..Il “razzismo” di Mussolini ( con la sua enfasi sulla “razza italiana” ) ha più affinità con il nazionalismo viscerale che con il “nordicismo” di Hitler (che aveva un carattere internazionale). L’antisemitismo del fascismo è stato sempre altamente qualificato ed ha avuto molto poco a che fare con la ”soluzione finale” di Hitler…”(qualunque cosa, si intendesse per “soluzione finale”)(2)
E Augusto Del Noce affermava: “Bisogna dire che il razzismo fascista non fu una conseguenza dell’alleanza con la Germania; fenomeno concomitante con l’alleanza , non fu però conseguenza di una imposizione. E questo non soltanto perché più moderato….Dobbiamo prendere le dichiarazioni alla lettera; fu un razzismo “spirituale” e non “biologico”, e qui non si tratta solo di una differenza terminologica, che conseguirebbe dalla adozione da parte del fascismo di un linguaggio spiritualistico. Il razzismo fascista deve invece essere connesso con l’aspirazione di Mussolini alla creazione di un uomo nuovo, di quell’umanità nuova che esprimesse un consenso che non fosse semplicemente il consenso per la sicurezza che egli garantiva. Questo tipo umano resta abbastanza indefinito : uno dei pochi punti relativamente chiari è che deve essere disgiunto dalla tradizione giudaica. Cioè il razzismo fascista deve essere collegato con quell’avversione alla monarchia ed alla chiesa particolarmente pronunciata in Mussolini tra il 1936 e il 1940. Fenomeni diversi, ma correlativi: antimonarchia, anticattolicesimo, antisemitismo; chiesa e giudaismo e monarchia visti come ostacoli alla creazione di un uomo nuovo….si deve parlare …della tendenza alla creazione dell’uomo nuovo, estraneo alla tradizione giudaica.” Egli ricordava, poi, come, negli anni fra il 1936 ed il 1940, la tensioni internazionali si andassero radicalizzando anche sul piano ideologico ( basti pensare all’antifascismo del Fronte Popolare al governo in Francia con a capo l’ebreo L. Blum) e continuava: “lotta che si inasprisce tra il Fascismo e la massoneria, l’idea che penetra nella struttura e nel giornalismo fascisti di un ebraismo internazionale i cui si trovano connessi, come estremi di una stessa mentalità, il grande capitale e il comunismo.” Quindi “….lotta del Fascismo contro entrambi che, apparentemente opposti, in realtà si troverebbero uniti nell’ebraismo internazionale; abbiamo quindi l’ebreo visto come il capitalista e come il sovversivo. Il tipo umano ebraico veniva individuato come il tipo del mercante, mentre il tipo fascista doveva essere quello delle virtù guerriere o eroiche, rispetto alle qualità mercantili.” Pino Rauti e Rutilio Sermonti nella loro “Storia del Fascismo” (Vol. V “L’Espansione e l’Asse” C.E.N., Roma, 1977, pag.269) scrivono” In termini ideologici, il dato caratterizzante del Fascismo è la gerarchia, il concetto di una fondamentale diseguaglianza tra gli uomini spinta a organizzare la società partendo da questa affermazione di fondo” La logica avrebbe perciò portato dalle considerazioni sulla gerarchia tra gli uomini a quella tra i gruppo umani, .inserendosi su una corrente di pensiero che risaliva a ancor prima di quello che viene da più considerato il “padre” del razzismo: il Conte di Gobineau. E, in fondo, possiamo dire che Mussolini giunse, nel periodo dei massimi trionfi, a vagheggiare una nuova civiltà, di cui l’Italia fascista avrebbe dovuto essere antesignana, che si sostituisse alla decadenza dell’Occidente, e scrive il De Felice (“La Legislazione Razziale del Fascismo” in “Nuova Antologia” gen.-marzo 1989 pagg.111-112) ”…Nella concezione di questa nuova civiltà, il momento della crisi veniva individuato nella contrapposizione tra la razza greco-romana che è la razza positiva e la razza giudaico - cristiana: è interessante notare che tale concezione fascista non solo è antiebraica, ma, almeno in prospettiva, anche anticristiana.La razza giudaico-cristiana aveva tolto vigore all’Europa, perché il cristianesimo l’aveva disarmata e perché il cristianesimo era figlio dell’ebraismo. Dall’altro lato c’era la razza greco-romana, spirituale e combattente.”
Alla luce delle opinioni di codesti studiosi, di cui solo alcuni sono riconducibili al campo fascista”, possiamo dire che non ci pare del tutto accettabile quanto scriveva Adriano Romualdi in “Julius Evola: L’Uomo e l’Opera” In “Su Evola”( Fondazione Julius Evola, Roma, 1998 pag.82) “La campagna razziale venne decretata nel 1938 col fine di allineare l’Italia alla Germania nella questione ebraica. Fu malamente improvvisata, senza cognizione di causa, in quel clima di superficialità e di faciloneria che purtroppo caratterizzò gli ultimi anni del Fascismo”. Certamente, il camerata non aveva torto a continuare. “ Da un giorno all’altro, scrittori e giornalisti si scoprirono e incominciarono a farcire i loro articoli di parole come ,,, senza avere neppure una idea della tematica elaborata in Germania su questi argomenti.”( Potremmo aggiungere che molti di costoro, poi, non mancarono di passare dall’altra parte!).Neppure in questo campo molti furono all’altezza dell’importanza dei compiti e della tragicità dell’ora; per usare una espressione riportata da L.Lionello Rimbotti nel suo “Il Fascismo di Sinistra” (Settimo Sigillo, Roma,1989), si trattava di elaborare “una cultura terribile che pretendeva di capovolgere le sorti del mondo.”
Soprattutto, non si trattava di “copiare” la Germania nazionalsocialista, quanto di elaborare una “Dottrina” della razza compatibile con la situazione italiana, che la cosa sia rimasta allo stato di tentativo non ne sminuisce l’importanza storica.
Nella sua introduzione al libro di G. A. Spadaro “Il Fascismo crocevia della modernità”, Giano Accame scrive: “La condanna delle leggi razziali del 1938 è premessa indispensabile per rendere credibile e degna di rispetto la difesa di quel tanto che c ‘è di difendibile nelle idee e nelle opere del Fascismo.” Noi non vogliamo, invece, dare per scontata (e “obbligatoria”!) nessuna condanna a priori (neppure per quel che riguarda le parti avverse alla nostra) senza aver prima tentato di studiare e capire, e a questo sono indirizzati questi appunti. In queste pagine lasceremo da parte la questione della formazione dell’ “uomo nuovo”, per sottolineare come il Fascismo, fin dagli inizi, si preoccupasse della salvaguardia dei caratteri etnici del popolo italiano e del destino dell’intera razza bianca, e tendesse a vedere negli ambienti ebraici un focolaio di opposizione fino a giungere, poi, col precipitare degli eventi a ritenere che l’intera comunità fosse inassimilabile in una Nazione che si voleva totalitariamente unita.

(1)A riconoscere la coerenza del Fascismo in materia è anche un altro studioso israelita, Michele Sarfatti autore di “Gli Ebrei nell’Italia Fascista” (Einaudi) che intervistato da Susanna Nirenstein su “Repubblica” del 5 Aprile 2000 (“Quell’Italia in cui fiorì il Razzismo”) così si esprimeva: “Non in generale, naturalmente, ma l’antisemitismo è presente anche nel primo Fascismo. E gli anni successivi dimostreranno che è una presenza significativa… ho constatato quanto gli ebrei l’abbiano avvertito. Su La Giustizia diretta da Claudio Treves nel ’23 si parla di “ boicottaggio agli insegnanti ebrei nelle sfere universitarie” e si finisce per dire: “ Quando trionfa il dispregio della libertà, torna ..il potere temporale e torna l’antisemitismo”. Così come il rabbino capo di Roma Angelo Sacerdote scrive nel’26 allo stesso Mussolini della gravità degli attacchi antiebraici sulla stampa fascista…Inoltre “…la locuzione compare già nel 1937 usata da Mussolini parallelamente a un suo intervento contro le relazioni amorose tra bianchi e neri, per poi svilupparsi fino alla legge … che iniziò a vietare quelle unioni. Così gli ebrei poterono essere inseriti nella campagna contro gli altri gruppi dagli ariani. Insomma il Fascismo negli anni 30 ha già una caratterizzazione razzista più forte di quanto si sia generalmente accettato.”
(2)Si rimandano i lettori alla ormai vasta letteratura “revisionista” in proposito cfr.,ad esempio, R. Garaudy “I Miti fondatori della Politica israeliana” (Graphos, Genova,1996).















I –ISPIRATORI E PRECURSORI
Benito Mussolini fu, fin da giovane, uomo di vaste letture, conosciamo alcuni degli autori che ebbero una qualche influenza sull’evoluzione del suo pensiero. Uno di questi fu il francese Gustave Le Bon (1841-1931),a cui si devono opera quali “Les Lois Psychologiques de l’Evolution des Peuples”1894) e “Psychologie del Foules”(1895) (Anche nel “ Mein Kampf” di Adolfo Hitler si possono rilevare tracce dell’influenza di questo scrittore), di cui esistono varie edizioni italiane. Questo prolifico e, tuttora interessante , studioso sosteneva l’esistenza di leggi permanenti che regolano il cammino delle civiltà, di codeste leggi le più “generali” e rigide deriverebbero dalla diversa costituzione mentale delle varie razze umana. Egli ammetteva che nei paesi “civilizzati” non esistessero più delle razze “pure” ma solo quelle che egli definiva “razze storiche” risultate dalla mescolanza tra varie etnie, però non troppo dissimili tra di loro: “composti” resi più solidi, nel corso della storia, da comunanza di lingua, istituzioni e credenze. Per il Le Bon l’appartenenza ad una “razza storica” veniva a conferire ai suoi appartenenti, una “costituzione mentale” particolare sulla quale i mutamenti storici non potevano influire che molto lentamente. Inoltre egli sosteneva che esistesse tra le varie razze umane una gerarchia e che alcune di esse, in special modo la negra, fossero incapaci di creare delle civiltà.(1)
E, poi, noto che il futuro Duce fu, fin dagli anni giovanili, appassionato lettore delle opere di Federico Nietzsche (cfr .il bellissimo articolo “La Filosofia della Forza” apparso su “Il Pensiero romagnolo” nel.Nov.Dic.1908).Basterà, qui-citare quanto scriveva sul filosofo della “volontà di potenza” Ernst Nolte in “I Presupposti storici del Nazionalsocialismo” (C.Marinotti ed. ,Milano, 1998,pag.55): “….il giudizio che Nietzsche dà del ruolo dell’ebraismo e del popolo ebraico nella storia mondiale è più radicale e insieme più sottile di quello degli antisemiti fanatici: tutta la moralità europea, l’abisso che separa Dio e uomo è, secondo lui, opera degli ebrei. Con gli ebrei era iniziata ; gli ebrei erano, in netto contrasto con i Romani, e, nel loro complesso, essi erano perché con la morale del risentimento essi avevano portato nel mondo l’allontanamento dalla natura e la falsità” (2).
Naturalmente il socialista Mussolini conosceva molti autori di sinistra su alcuni dei quali possiamo trarre qualche spunto dal libro dello storico ebreo George Mosse “Il Razzismo in Europa dalle origini all’olocausto”(Laterza, Bari, 1980) Questi ricorda (pag. 166) che il famoso teorico socialista Pierre–Joseph Proudhon (1809-1865) “definiva gli ebrei nemici della razza umana…” giungendo a dichiarare che “si deve rimandare questa razza in Asia o sterminarla”; lo stesso K. Marx,di cui sono note le origini ebraiche, scrisse (pag.167) che “il denaro è lo zelante Dio d’Israele”. Lo storico israeliano Zeev Sternhell dedica un capitolo del suo “La Destra Rivoluzionaria ( le origini francesi del Fascismo 1885-1914)” (Corbaccio, Milano, 1997) all’ “antisemitismo di sinistra”; val la pena di riportare qualche citazione d’alcuni esponenti del socialismo francese di fine 800 Gustave Tridon scriveva “I Semiti sono l’ombra nel quadro della civiltà, il cattivo genio della Terra: tutti i loro doni sono mefitici. Combattere lo spirito e le idee semitiche è il compito della razza indoariana”. Mentre Benoit Malon affermava: “Si, la nobile razza ariana ha tradito il proprio passato, le proprie tradizioni, gli ammirevoli traguardi religiosi filosofici e morali, quando ha consegnato la propria anima al Dio semitico, a rigido e implacabile Jehovah... Spezzando il cuore e la ragione degli ariani, per credere ai vaniloqui antiumani di qualche ebreo fanatico, testardo e senza talento….; idealizzando un popolo la cui storia nella sua totalità non vale una singola Olimpiade di Atene, si è permesso a questi figli del popolo eletto, a questo di trattarci come degli inferiori”.
Dell’antisemitismo non del tutto immune neppure uno dei “maestri” riconosciuti di Benito Mussolini: Gerges Sorel (cfr A.J.Gregor “L’Ideologia del Fascismo” cit. pag.232)
E passiamo all’Italia: un autore caro a Mussolini, Alfredo Oriani aveva scritto nel suo “La Rivolta Ideale”: “Certamente nella razza è una individualità, dalla quale i caratteri si mantengono attraverso tutte le opposizioni geografiche e storiche: ogni razza ha una coscienza e un pensiero originale…La razza è quindi il primo momento nella individualità di un popolo….Ogni popolo serba però della propria razza il carattere essenziale tutte le creazioni posteriori si ispireranno dalle sue concezioni primitive, nessun popolo anzi potrà forse uscirne mai…Si può uscire dalla patria, è impossibile varcare i confini della razza; un bianco non sarà mai un negro od un giallo, una differenza resta anche nelle intimità più semplice del cuore, sulle cime più impersonali del pensiero.” (cfr..A.J. Gregor “ L’Ideologia…” cit.pag.231).
E’ noto che, usualmente si considera l’Associazione Nazionalista Italiana (confluita nel P.N.F. dopo la Marcia su Roma), per certi aspetti precorritrice del movimento fascista. Scrive A. Spadaro in “Il Fascismo crocevia della Modernità” (Ed.Settimo Sigillo, Roma 1998 pag.208) : “….furono soprattutto i nazionalisti a farsi banditori delle tesi antisemite e a trasferirle, dopo la Marcia su Roma, associate a quelle antimassoniche, nel Fascismo,…” E Carlo Terracciano in “La Via Imperialista del Nazionalismo italiano” ( Ed. Barbarossa, Saluzzo, 1982) ricorda (pag.96) che già durante la Guerra di Libia, i nazionalisti avevano denunciato “l’atteggiamento della stampa israelita europea, sistematicamente ostile…” all’impresa italiana (cfr. Francesco Coppola “Israele contro l’Italia” in “L’Idea Nazionale” 16-11-1911) In effetti, (pag.120) per i nazionalisti “l’ebreo era l’elemento perturbatore, espressione di una religione nazionale straniera per giunta non identificabile territorialmente.” (cfr. anche Alexander J.De Grand “The Italian Nationalist Association and the rise of Fascism in Italy”(University of Nebraska Press,1978)
Da parte sua, Franco Gaeta in “Nazionalismo Italiano” (Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1965 pag.189) scrive che tutto il numero del 16 XI 1911 dell’“Idea Nazionale” era di intonazione antisemita: vi si sosteneva che la campagna antitaliana in atto sulla stampa europea, in occasione dell’impresa libica, era organizzata da che dominava le agenzie giornalistiche, mentre, d’altro canto dei banchieri ebrei avrebbero fatto un prestito al governo dei Giovani Turchi (tra i quali, aggiungiamo, molti dei dirigenti erano di origini ebraiche) Tali articoli non mancarono di provocare le proteste dei nazionalisti si origini ebraiche, In realtà si trattava di vedere quanto il nazionalismo italiano dovesse ricalcare le posizioni del movimento francese nazionalista-monarchico di C.Maurras. Qualche giorno dopo, sul numero del 30 XI di “Idea Nazionale” lo stesso Coppola pubblicava un altro articolo < Il mio Antisemitismo> riguardo al quale citiamo dal Gaeta (ibidem) “Premesso che, per lui, “Israele” significava una specie di nazionalismo finanziario cosmopolita, Coppola affermava che non era il caso di fare dell’antisemitismo in Italia dove vero e proprio semitismo non c’era, ma diversa era la situazione in Francia (dove le si erano impadronite della repubblica), in Germania (dove la finanza ebraica controllava tutta l’industria) e in Russia (dove si rivelava < la frenesia fredda della miseria semita tra cui si recluta ordinariamente tutta la purulenta cancrena anarchica e nihilista>) Anche in Italia, c’erano però sintomi preoccupanti, quali mostravano….alcuni apporti finanziari ebraici all’ Avanti, che forse preludevano a “quel sistematico reclutamento delle forze sovversive da parte degli Ebrei che in Francia è servito ai finanzieri israeliti, azionisti dell’’Humanitè e stipendiatori di Jaures, per conquistare la Repubblica” (3)
Al I° congresso nazionalista del 1912 fu pronunciata anche una drastica condanna della massoneria, che tanta importanza aveva nell’Italia di allora, oltre ad essere combattuta dalla Chiesa Cattolica, la setta era anche avversata da una parte del Partito Socialista , fin dal 1904, se ne era parlato nei congressi di Milano (1910) e Reggio Emilia(1912) Al congresso del P.S.I. di Ancona del 1914,infine venne approvato l’ordine del giorno Mussolini - Zibordi che dichiarava l’incompatibilità tra i partito e la Massoneria e si decideva l’espulsione degli iscritti che non avessero abbandonato la setta..(E’ lecito nutrire un certo scetticismo sui risultati dell’operazione!)
E qui dobbiamo parlare di un personaggio destinato a avere grande importanza in codeste vicende: quel Giovanni Preziosi con il quale lo stesso Julius Evola ebbe a collaborare per molti anni(cfr.. Julius Evola “Il Cammino del Cinabro” Scheiwiller, Milano 1972,a pag.103 si legge: ”..quasi feudalmente fedele a Mussolini, Preziosi era un uomo libero, coraggioso, leale e veramente onesto”.Come scrive Luigi Preti nel suo ”Impero Fascista africani ed ebrei” (Mursia.Milano, 1968 pag. 34 e segg.): “Fu l‘ex sacerdote Giovanni Preziosi a introdurre in Italia l’antisemitismo. La sua rivista era nata nel 1913 e si era inizialmente dedicata ai problemi dell’emigrazione e alla politica coloniale. Durante la prima Guerra Mondiale e nell’immediato dopoguerra essa aveva assunto atteggiamenti e toni accesamente nazionalistici…” e “..nel 1919 ’20 si mise apertamente sulla strada dell’antisemitismo”. Forse su ispirazione dell’economista Maffeo Pantaleoni(4).Nel 1920 pubblicava un editoriale dall’indicativo titolo “L’Internazionale Ebraica.” Scrive ancora il Preti: “In esso si afferma…. Che nella società del tempo tutto è nelle mani degli ebrei, dall’alta banca al giornalismo, dalla politica….sino alla tecnocrazia.” Il Preziosi condannava i pogrom che avvenivano nell’Europa orientale, ma aggiungeva che “l’opinione pubblica mondiale chiede di essere tranquillizzata intorno alla dell’alta finanza ebraica, da una parte, e dell’internazionale bolscevica dall’altra.” Proseguiva il Preti : “Egli tenta con ciò di dimostrare una specie di collusione fra due forze….il capitalismo finanziario da una parte e la rivoluzione comunista dall’altra…” E, a pag.36,: “Nel 1921 Preziosi tradusse in italiano e divulgò i famosi Protocolli dei Savi Anziani di Sion.-” (un documento le cui origini permangono misteriose: (cfr. Claudio Mutti “Ebraicità ed Ebraismo. I protocolli dei Savi di Sion” Ar,Padova,1976 e Aleksandr Volskij “I veri Protocolli” Ed.all’insegna del Veltro, Parma, 1993).
Fin dagli inizi, il Preziosi fece parte del movimento fascista e, in seguito, sostenne il Regime. “negli anni seguenti alla Marcia su Roma, motivi antisemitici su “La Vita Italiana” comparvero nella rubrica “Fati e Commenti” e poi in quella “Le Potenze Occulte”. “Nel 1930..”(continua il Preti)” pubblicò nella sua rivista 1650 cognomi di 9800 famiglie ebraiche italiane (in media un cognome ogni 5 famiglie), sfruttando ai suoi fini un elenco compilato a cura dell’Ufficio statistico del < Keren Hajesod>, cioè della sezione italiana del Fondo di ricostruzione palestinese”(!)”nel quale figuravano i cognomi delle famiglie che avevamo dato il loro contributo pro correligionari rifugiatisi in Palestina: l’intento-non dichiarato- della pubblicazione era di mettere in guardia gli italiani contro gli israeliti e in particolare contro il sionismo.” Elemento isolato nell’ambito del Fascismo, il Preziosi trovò la “protezione”, talvolta ”pesante” dell’ex segretario del P.N.F. Roberto Farinacci e dal Luglio 1931 “La Vita Italiana” usci’ come pubblicazione mensile de “Il Regime Fascista” il quotidiano del gerarca cremonese.
Dopo iniziali riserve, il Preziosi divenne uno dei fautori più accesi della alleanza con la Germania e della “scolta” razzista del Regime nonostante che il suo antisemitismo fosse di origine più politico-sociali che razziali. Importanti furono i contributi che a” La Vita Italiana” diede J.Evola, firmandosi anche “Arthos” e Gherardo Maffei, se ne trovano alcuni nelle raccolte” Gli articoli de La Vita Italiana durante il periodo bellico)( Centro Studi Tradizionali di Treviso, Treviso,1988) e “Il L’azione distruttrice dell’ebraismo” (Il Cinabro,Catania1992).
Dopo il 25 Luglio 1943, il Preziosi cercò rifugio in Germania e qui già nella notte tra l’8 e il 9 Settembre diede il via, coadiuvato dal Farinacci e da Alessandro Pavolini, a trasmissioni mandate in onda da Radio Monaco e destinate all’Italia.Prima della liberazione di Mussolini, Alfred Rosenberg lo avrebbe persino proposto come capo di un governo amico della Germania da stabilirsi nell' Italia non ancora “liberata”.Rientrato in Patria riprese a pubblicare “La Vita Italiana”, ma i suoi rapporti col Farinacci si deteriorano, comunque, il Preziosi fu messo a capo di un “Ufficio della Razza” creato il 15 Marzo 1944 e messo alle dipendenze della Presidenza del Consiglio (Ricordiamo che il Preziosi raccolse i suoi scritti più interessanti nel volume”Giudaismo-Bolscevismo-Plutocrazia-Massoneria” la cui ultima edizione, se non andiamo errati, fu quella di Mondadori,Milano,1944) Infine nel momento del crollo finale, nella notte fra il 26 e il 27 Aprile 1945, Giovanni Preziosi, come un antico romano, si tolse la vita assieme alla moglie.(cfr. Massimo Pacilio” Alcune riflessioni su G. Preziosi editore dei “Protocolli di Sion” e Renato del Ponte” di G. Preziosi durante la R.S.I.. Una rassegna storico- bibliografica” in “Arthos” n.9-2001).
Ricordiamo, per finire, l’antigiudaismo nutrito, allora, da certi settori della chiesa cattolica quasi immemori delle origini ebraiche della loro fede : scrive Giovanni Belardelli : “Pio XII e gli ebrei, tutte le ragioni di quel silenzio” in “Il Corriere della Sera” del 18 V 2002: “Tra la fine ‘800 e inizio ‘900 si era ….diffuso, anche in ampi settori del mondo cattolico, un antisemitismo a sfondo politico e sociale. Gli ebrei apparivano come la quintessenza di una modernità che si presentava con il volto minaccioso della scristianizzazione.”



(1) Su Gustave Le Bon cfr.C. Rouvier “ Les Idees Pollitiques de Gustave Le Bon” (Presses Universitaires de France, Paris, 1987) e P.A. Taguieff “La Couleur et la Sang” (Mille et une nuits, Paris,1998) Nelle sue opere di carattere storico archeologico il Le Bon tracciava un quadro abbastanza” negativo” delle antichità giudaiche (cfr.”Le Prime Civiltà”,Sonzogno, Milano, 1890, e “Role des Juifs dans la Civilisation” (Le Amis de G.Le Bon, Paris, 1989)
Profetici anche i suoi scritti sui fenomeni migratori (cfr.-. “Immigration chance,ou Catastrophe?” (Les Amis de G.Le Bon,Paris,1987)

(2) Di F. Nietzsche citiamo qui parte dell’aforisma n.200 di “Al di là del bene e del Male” cfr. Nietzsche “Opere 1882-1895” Newton Roma, 1993 “L’uomo di un periodo di dissoluzione , che mescola le razze, che come tale ha in sé l’eredità di un’origine eterogenea , cioè impulsi e meri di giudizio antitetici e spesso neppure soltanto antitetici, che lottano l’uno contro l’altro e raramente trovano pace- un tale uomo delle culture in declino e delle luci abbassate sarà generalmente un uomo più debole: il suo desiderio più intenso è che la guerra , che egli stesso è, abbia finalmente fine; la felicità gli sembra in armonia con una medicina e un modo di pensare tranquillizzanti….come la felicità del riposo, della tranquillità, della sazietà, della raggiunta unità, come , per dirla come il santo retore Agostino che era pure un tale uomo-….” Mentre l’ aforisma N_5 del I libro de “La Genealogia della Morale” si chiede “Chi ci garantisce che la democrazia moderna, l’ancor più moderno anarchismo, e specialmente la tendenza alla forma sociale più primitiva, che è propria oggi di tutti i socialisti europei, non rappresentino un mostruoso ritorno atavico, e che la razza dei conquistatori e dei signori, l’ariana, non sia in procinto di soccombere anche fisiologicamente?” Cfr. anche Adriano Romualdi “Nietzsche e la mitologia egualitaria” Ar. Padova, 1981 e Domenico Losurdo “Nietzsche, il ribelle aristocratico”. Bollati Boringhieri, Torino 2002

(3)Il Gaeta nel suo saggio (pag.191) riporta anche delle opinioni espresse da esponenti del nazionalismo italiano riguardo alla religione venuta ad affermarsi in Occidente: Enrico Corradini ebbe a scrivere “….il Cristianesimo nell’intimo della coscienza umana non ci penetrò mai, che come prima poté…diventò esso stesso anticristiano e avemmo il cattolicesimo militante non tanto per la città di Dio, quanto per la città degli uomini” E Francesco Coppola: “ Sapete che cosa erano politicamente e socialmente gli antichi cristiani? Erano né più né meno che degli anarchici, un elemento dissolvente antinazionale ed antisociale pericolosissimo. Il Cristianesimo cessò di essere un elemento di dissoluzione e divenne invece un elemento di coesione politica e sociale…..solo quando divenne cattolicesimo e cioè ordine, e cioè gerarchia, e cioè solida compagine aristocratica.”
E qui s può ricordare la famosa frase di Benito Mussolini del sua “Relazione alla Camera dei Deputati sugli accordi del Laterano”(il non rimpianto “Concordato”):
“Questa religione è nata nella Palestina, ma è diventata cattolica a Roma. Se fosse rimasta nella Palestina, molto probabilmente sarebbe rimasta una delle tante sette che fiorivano in quell’ambiente arroventato , come ad esempio quelle degli Esseni e dei Terapeuti, e molto probabilmente si sarebbe spenta ,senza lasciare traccia di sé.” Frase, ricalcata su una di Ernest Renan (“Marc’Aurelio o la fine del Mondo Antico” se ne veda l’edizione Astrolabio, 1946 pag. 274) che non suscitò, certo, molto entusiasmo in Vaticano! Notiamo che nell’ambito della opposizione vaticana al razzismo fascista va ricordato quanto, dal suo punto di vista giustamente, ebbe a dire papa Pio XI ad un gruppo di pellegrini belgi: “no, non è possibile ai cristiani partecipare all’antisemitismo…l’antisemitismo è inammissibile; noi siamo spiritualmente semiti”( cfr.Renzo De Felice “Storia degli ebrei italiani sotto il Fascismo”Mondadori, Mlano, 1977, vol I pag.354).Già Julius Evola aveva scritto (nel suo “Heidnisher Imperialismus” uscito in Germania nel 1933 e riproposto in Italia solo nel 1991 del Centro Studi Tradizionali di Treviso, pag.170) “Un antisemitismo radicale è possibile soltanto nella misura in cui contemporaneamente sia un anticristianesimo” (Comunque, l’antisemitismo fascista fu sempre meno radicale di quello di altri paesi, ad esempio dell’Europa Orientale).Vi, infatti, è chi e ha rilevato che il cristianesimo rappresenti la “vittoria religiosa del mondo semitico…sulla grande e ferrigna Roma ariana”( Sergio Noja “Com’era buono Moloch” in “Panorama “20-3-1988)
Ed è significativo, ai nostri giorni, vedere i resti del cristianesimo in Europa, affiancati dalle comunità israelitiche, contribuire a dare il colpo di grazia ai popoli bianchi, favorendo ’immigrazione –invasione delle genti di colore!
( 4 ) Maffeo Pantaleoni (1857-1924) insegnò alle Università di Napoli, Ginevra, Pavia, Napoli, dapprima deputato radicale, passato su posizioni nazionaliste, fu con D’Annunzio, ministro della Reggenza, a Fiume, filo fascista, fu nominato senatore nel 1923.










III - DALLA DEMOGRAFIA AL RAZZISMO

Scrive Stefano Vaj nelle sue note al fondamentale saggio di Giorgio Locchi “ Espressione e repressione del principio sovrumanista” in “L’Uomo Libero” n.53 Marzo 2002 “Quando il Fascismo italiano finisce alla fine degli anni trenta per occuparsi ex professo di razza, non solo per ragioni di “identità” tende a dare spazio alla peculiare visione evoliana percepita come distinta e originale rispetto alle posizioni dominanti nel nazionalsocialismo, ma si preoccupa per lo stesso motivo di dimostrare come le preoccupazioni razziali fossero state sempre parte del pensiero e delle preoccupazioni fascista. Anche se è stato osservato che le affermazioni mussoliniane citate da partito al riguardo, di cui molte anche precedenti alla Marcia su Roma, non farebbero riferimento alla razza in senso bio-antropologico ma utilizzino il termine come sinonimo di ”stirpe”, “popolo” o addirittura “tipo umano”( es. “la razza italica”, ”la razza dei guerrieri contro quella dei mercanti”) resta il fatto che ciò resta assolutamente vero anche per buona parte della dottrina razziale nazionalsocialista. L’interpretazione più strettamente “biometrica” della razza, del resto inevitabilmente basata sullo stato dell’antropologia dell’epoca ed affetta dai limiti di questa, resta rappresentata soprattutto da Clauss e Gunther.” (in realtà la visione della razza di Julius Evola trovò molti avversari, dentro e fuori degli ambienti fascisti, basti pensare a quelli cattolici, nonostante l’interesse che ebbe a suscitare nello stesso Mussolini.)(1)
Possiamo iniziare il nostro studio dal 1904 quando il giovane socialista rivoluzionario Benito Mussolini pubblicava in un opuscolo il testo di una sua conferenza, con il titolo ”L’Uomo e la Divinità (Dio non esiste) ” (se ne veda l’ed. La Fiaccola, Ragusa, 1964), vi si poteva leggere: “..la potenzialità psichica è in ragione diretta del peso del cervello e del numero di circonvoluzioni cerebrali….il labirinto delle circonvoluzioni è più complicato nelle razze colte che nelle razze ignoranti.” Qui il futuro Duce toccava un argomento caro ai sostenitori della diseguaglianza tra le razze umane (a partire dal Conte di Gobineau cfr.”Saggio sull’Ineguaglianza delle Razze Umane” Ar, Padova, 1964, pag.180): il diverso peso del cervello in rapporto al peso totale del corpo e la struttura stessa della massa cerebrale. (2)
Qualche anno dopo (1911) Mussolini nell’opuscolo” Il Trentino visto da un socialista” (se ne veda l’ed. del Centro di Studi Atesini di Bolzano del 1983), passava, brevemente, i n rassegna i teorici del razzismo sui quali i pangermanisti più accesi basavano le loro posizioni: i francesi De Gobineau e Vacher De Lapouge, l’inglese “germanizzato” H.S. Chamberlain, il tedesco (di origini ebraiche) L.Woltmann e l'austriaco L.Reimer (Su codesti autori lo studio migliore rimane “Il Mito del Sangue” di Julius Evola, se ne veda l’edizione del 1942 riproposta nel 1995 dalle Edizioni SeaR di Borzano). Quella di Mussolini è un’esposizione critica, ma sommaria, apparentemente basata su una conoscenza indiretta dei testi di codesti autori.(3) Del De Gobineau leggiamo(pag.23): “Non già il cambiamento delle forme politiche, da repubblicane a monarchiche segna l’inizio della decadenza di Roma, ma è la corruzione delle stirpi dominatrici al contatto troppo frequente e prolungato coi popoli inferiori. E questo è un motivo nietzschiano.” Quasi che l’interesse per il Filosofo della ”Volontà di Potenza” gli facesse dimenticare che quest’ultimo è, di vari anni, posteriore al malinconico autore dell’ ”Essai”(4)
E del De Lapouge ( che aveva avuto legami col socialismo francese)(pag.24): “Per far scomparire la razza “caotica” e per trarre dal suo seno tutto quanto vi racchiude di germano “(germanico)”, le classi dirigenti applicheranno la selezione artificiale. Questa …ci darà un’umanità di uomini eletti, che potranno realizzare quelle forme di convivenza sociale oggi propugnate dalle diverse scuole socialiste. Senza una purificazione delle razze, colla graduale eliminazione della inferiore, non sarà mai realizzabile il socialismo.”
Del Chamberlain (che fu genero di R. Wagner) si accenna ad una sua famosa tesi(4) (pag.27): ” Per lui Cristo è probabilmente ariano:….Cristo non è, per Chamberlain, il profeta della rassegnazione, ma il profeta della conquista, non si rivolge agli umili, ma ai guerrieri.” E di Ludwig Woltmann(pag.28):”:comincia socialista sotto l’influenza di Marx e partecipa a movimento. Anch’egli è revisionista. Tenta, insieme con Berntsein, di svecchiare Marx. Non ci riesce e abbandona la politica per passare, grazie all’influenza di Nietzsche, sotto le bandiere dell’imperialismo.” E passiamo al Reimer (pag.29-30):” D’accordo col Woltmann anche il Reimer riconosce il movimento operaio attuale, considerato dal punto di vista antropologico, non è che lo sforzo di ascensione della “couche” superiore o germanica della classe operaia verso il potere e verso la libertà.” Ancora, il Reimer stima che la rivoluzione operaia non sarà possibile se il proletariato, in particolar modo il tedesco, non rinuncerà all’internazionalismo universale, pericolosa eredità dell’ideale cattolico che abbraccia anche le razze inferiori corruttrici delle superiori…..Il concetto delle “elites” che il Pareto ha introdotto nella sua sociologia per spiegare la successione delle diverse lassi al potere economico o politico delle società, quel concetto fa la sua comparsa nell’antropologia pangermanista del Reimer. La “élite” germanica del proletariato arriverà al sommo grado della piramide sociale purché sappia scindersi dalla massa caotica e sappia respingerla.( Ricordiamo che anche Vilfredo Pareto fa frequenti riferimenti alla “razza ariana” nel suo “Trattato di Sociologia Generale” .cfr.A.J. Gregor” L’Ideologia del Fascismo” cit.pag.230)(5)
Certamente, Mussolini respingeva l’imperialismo pangermanista e il voler rivendicare, da parte dei citati autori, al germanismo anche tutto quanto di grande aveva avuto l’Italia: Dante, gli artisti del Rinascimento, Garibaldi etc.(5 Ludwig)
Ma vediamo come, già allora, il socialismo, l’auspicio di nuove gerarchie ed aristocrazie, le questioni nazionali ed etniche e il fascino del pensiero nietzschiano tendessero a mescolarsi e, confusamente, ad unirsi in una miscela, forse informe, ma certamente esplosiva.
Potremmo quasi dire che già in questi anni ,precedenti il I conflitto mondiale, si manifestassero i primi fermanti di quello che l’inglese Oswald Mosley avrebbe definito “ un credo di acciaio per un’epoca di ferro”: il Fascismo !
Anni dopo, nel periodo seguente alla “svolta” razzista, vari pubblicasti del Regime si diedero a cercare tracce di razzismo negli scritti e discorsi di Mussolini degli anni precedenti. Possiamo qui citare, a codesto proposito la piccola antologia “Il grido del Duce per la Razza” compreso nel volume curato da Paolo Orano “Inchiesta sulla Razza” (Pinciana, Roma, XVII ) e quella “La Consegna di Mussolini” apparsa su “La Difesa della Razza” n.19 del 5 Agosto 1939.a Razza. Parlando a Triste il 16 Febbraio 1921 Mussolini ebbe a dire “dobbiamo avere l’orgoglio della nostra razza e della nostra storia.” E a Roma, nel discorso all’ Augusteo del 7 Novembre 1921: ” Voglio farvi sapere che per il Fascismo la questione razziale ha una grande importanza. I fascisti devono preoccuparsi della salute della razza perché la razza è il materiale col quale intendiamo costruire anche la storia.” Come scrive Antonio Spinosa nel suo “Mussolini razzista riluttante” (Mondadori, Milano, 2000, pag.22-) si tratta di “una dichiarazione a carattere strettamente razziale”.
Nello stesso1921 Mussolini definiva il Fascismo come “..nato da un profondo, perenne bisogno di questa nostra stirpe ariana e mediterranea..”E il 6 Febbraio 1923” Tra i popoli, nonostante le predicazioni, nonostante gli idealismi, rispettabili, ci sono dei dati di fatto che si chiamano razza, che si chiamano sviluppo, che si chiamano grandezza e decadenza dei popoli e che conducono a dei contrasti, i quali spesso si risolvono attraverso la forza delle armi.”
Mentre nel 1927 proclamò “ Bisogna…vigilare seriamente sul destino della razza, bisogna curare la razza, a cominciare dalla maternità e dall’infanzia.”
E qui entriamo in una altro settore”: fin dai primi anni del Regime si usò la parola ”razza” a proposito delle iniziative a favore della salute pubblica, della maternità e dell’infanzia e soprattutto di quell’incremento demografico che si tentava di favorire con metodi talvolta discutibili, se non anche grotteschi. (7) Così troviamo nella “Storia della Rivoluzione Fascista” di G. A. Chiurco (Vol.V, Vallecchi ed., Firenze, 1929, pag.427) un paragrafo dall’indicativo titolo “Il Duce e la razza” di cui riportiamo il testo:
“Nell’interesse fisico e morale della razza Mussolini spiega un’azione energica contro il neo-mathusianesimo che attenta all’integrità famigliare e quindi al Paese. Regresso delle nascite, morte dei popoli, ha detto il Duce! Perciò egli si adopera, studia il pericolo della diminuzione delle nascite e pubblica un importantissimo articolo su Gerarchia nel quale dopo un attento esame delle condizioni demografiche, lancia il grido d’allarme per la lieve diminuzione delle nascite verificatesi nei più grandi centri urbani. Fa sue le parole di Hegel : Non è uomo chi non è padre e finisce :”((8) E pag.205 “Ricorrendo il 21 Aprile il Natale di Roma il Fascismo celebra la data con grandi manifestazioni. Il Popolo d’Italia proclama: < Esaltiamo nel nome di Roma la nostra razza e la nostra storia, il nostro passato e il nostro avvenire>”
Se andassimo a spulciare tra quello che scrivevano esponenti “minori” del movimento fascista avremmo solo l’imbarazzo della scelta: il 12 I 1921 Volt (il Conte Fani-Ciotti) scriveva su “Il Popolo d’Italia” ”fa i popoli come tra gli individui non può sussistere eguaglianza", nel 1925 nell’opuscolo “Fascismo: Impero Unico” (ripubblicato nei “quaderni dell’ideologia fascista”di “Italia Tricolore” (Corso Garibaldi 148-48022 Lugo - Ra) Achille Pasini sosteneva “..oltre le gerarchie degli individui vi sono, ed egualmente necessarie, le gerarchie dei popoli.”
E nell’anno XII del Regime Fascista con una presentazione dello stesso Mussolini era pubblicato il volume di Guglielmo Danzi “Europa senza Europei?” (Ed.Roma) L’autore vi deplorava il calo delle nascite registrato nei paesi europei, ne cercava, moralisticamente le cause(egoismo borghese, edonismo etc.) e rivolgeva uno sguardo agli Stati Uniti d’America dove si profilava la minaccia alla supremazia bianca rappresentata dal crescere delle razze di colore, (un tema abbastanza frequente nella pubblicistica fascista, oggi si prevede che nella Nuova Cartagine d’Oltreoceano i bianchi saranno in minoranza verso il 2050,possiamo chiederci quali effetti potrà avere tale mutamento razziale sul ruolo egemonico esercitato dagli U.S.A a livello mondiale n).A pag.17 si leggeva di “.una tremenda guerra demografica che si sta combattendo nel globo, guerra senza quartiere e senza possibilità d’armistizi, guerra destinata a trasformare la fisionomia dell’universo”. Si notava( Pag. 69) “….dalle oscurità della creazione ad oggi, e stato un continuo morire di popoli, un estinguersi di schiatte e di razze, un avvicendarsi continuo di sangui diversi, estranei, nemici.” E (pag. 106) “Il liberalismo è per le nazioni quel che un padre apatico, frollo, insensibile, condiscendente in tutte le circostanze è per i suoi figli: un corruttore, un disgregatore, un malefico maestro.” E infine si formulava una previsione che oggi vediamo realizzarsi sotto i nostri occhi: ( Pag.125) “Vedranno i figli dei figli i cieli fatti scuri da centinaia di migliaia di veicoli recanti verso i luoghi dei popoli vecchi nuove migrazioni di popoli giovani? Fiumi di carne umana strariperanno dai lontani alvei, volgendosi all’occidente crepuscolare? L’Europa sprofonderà nella notte? Strani uomini giungeranno a colonizzare le terre ingrassate da tanta morte?” Nel suo ”La Conquista del Potere -Il Fascismo dal 1919 al 1929” (Laterza, Bari, 1974,pag.602) Adrian Lyttelton scrive: “L’interesse per la tematica demografica portò effettivamente a un atteggiamento più positivo del fascismo in materia di sicurezza sociale: per alimentare l’espansione imperiale era necessario un popolo numeroso e sano….Non è lecito considerare i discorsi sulla< salute della razza>, divenuti frequenti a partire dal 1927, come discorsi razzisti nel senso comunemente accettato della parola. …..Ma la nuova insistenza sulla salute, sul numero e sugli elementi fisici portò l’ideologia fascista più vicina ad un modo di pensare razzista….”Secondo chi scrive, tali preoccupazioni, vanno affiancate a quelle sul futuro della razza bianca espresse più’ volte dallo stesso Mussolini e sulle quali, sempre a nostro parere , gli storici hanno troppo sorvolato, mostrano che nel Fascismo esisteva, fin dalle origini, una componente che non possiamo che definire ”razzista», quindi la “svolta” del 1938 non fu una “rottura” quanto il venire in primo piano di qualche cosa che era già presente da anni.
Possiamo anche ricordare che studiosi che avevano sostenuto la campagna demografica del Fascismo furono poi attivi anche in quella razziale.( cfr. Giovanni Belardelli “Studiate e moltiplicatevi, il Duce lo vuole” in “Il Corriere della Sera “ 2 Marzo 2002, giustamente l’autore notava a proposito di codesti studiosi : “Proprio il carattere autoritario della Stato fascista appariva a quegli studiosi come il miglior requisito per attuare una politica natalista”) .Nota il Gregor (“ Teorie….”pag.37) ” Il periodo iniziale della politica razziale fascista fu caratterizzato nel modo più chiaro dalla politica demografica, di controllo dell’emigrazione e coloniale, che certamente si differenzia dalla legislazione razziale tedesca ma che tuttavia era indiscutibilmente “razzista” nelle intenzioni nella espressione.”
Nel 1930 la Libreria del Littorio di Roma pubblica, nella serie “Quaderni dell’Istituto Nazionale Fascista di Cultura” “Nascita Evoluzione e Morte delle Nazioni” di Corrado Gini, opera d’interessante lettura anche oggi, se non altro per poter meglio prevedere le conseguenze del calo delle nascite presso i popoli europei.Scrive il Gregor (“Teorie…pag.42)” In questo libro il noto studioso di statistica e demografia abbraccia i problemi dei rapporti esistenti fra nazione, stato e razza” Lo studio nasceva esplicitamente a causa delle preoccupazioni per il futuro dato che i profilava già allora” il pericolo della sommersione della razza bianca da parte delle razze di colore” (pag.11) Per il Gini le nazioni sono soggette ad un continuo processo di evoluzione (pag.21) “La chiave di volta della evoluzione delle nazioni è data dal diverso accrescimento delle loro differenti categorie di popolazione.” In particolare (pag.22) “ Si può dire che, in generale, le classi elevate presentino una riproduttività minore delle classi medie ,e queste in generale, minore delle classi basse.” Neppure le nazioni sfuggono alla morte e, per lo più defungono di “morte naturale”.Pag.44 “la storia ne offre esempi salienti nella scomparsa dei cittadini originari di Roma, del pari di quelli di molte delle antiche città della Grecia.” Infatti, pag.48-49 “…le popolazioni più giovani e prolifiche, non di rado col favore delle stesse popolazioni meno prolifiche…fra cui si infiltrano, ne invadono gli strati inferiori. Se ostacoli artificiali non si frappongono, esse, risalendo gradualmente la gerarchia sociale, si impadroniscono, prima o poi, più o meno lentamente, ma inevitabilmente, delle classi meno basse, e poi via via delle classi medie e delle elevate E finiscono per tal modo col sostituirsi alla stirpe primitiva in tutto l’organismo sociale.” E’ quel che sta avvenendo dei popoli bianchi! Ed è un fenomeno che non sempre si svolge pacificamente ! (pag..51)
Il Gini non credeva alla eguaglianza fra le razze umane: a pag.77 leggiamo:” Le razze europee o d’origine europea, certamente rappresentano finora quanto di meglio abbia prodotto la specie umana.” Ed era piuttosto critico sui risultati degli incroci fra razze In diverse . Infatti, per lui (Pag.75) i frutti del meticciato (quelli che gli antropologi di allora chiamavano “i bastardi”“……presentano una molteplicità di combinazioni di caratteri, il cui risultato, nella grande maggioranza dei casi, sarà di dar luogo a un prodotto che, dal punto di vista della efficienza, risulta intermedio fra quelli delle due razze originarie….” In costoro si trovano dei “caratteri disparati” che difficilmente (pag, 76) possono “…essere fra loro coordinati”e darebbero, perciò, luogo “..a disarmonie fisiche, .., intellettuali e morali che costituiscono una delle caratteristiche dei meticci, …..sono precisamente tali disarmonie che hanno contribuito e contribuiscono a far dare un giudizio sfavorevole sopra i meticci …., perché riguarda il fisico, esse, verosimilmente tendono a determinare una minore resistenza del prodotto…mentre, per quanto riguarda il lato intellettuale e morale, …rappresentano un inconveniente grave dal punto di vista sociale.” In particolare (pag. 79) ” Gli incroci tra alcune razze danno luogo… a prodotti meno favorevoli. Tale sembra doversi dire il caso per gli incroci tra bianchi e negri, secondo l’esperienza fatta, sia nelle colonie portoghesi dell’Africa, sia in America.”



1) Aldo Capasso nel suo opuscolo “Idee Chiare sul Razzismo” (Ed.Augustea, Roma, 1942 scriveva 8pag.23: “…esistono - e sono la causa stessa della Storia con le sue lotte e i suoi drammi e le sue epopee - raggruppamenti umani ereditari, fondati sull’unità di sangue che si rivelano nella comunanza di caratteri psichici, cioè nella comunanza di quei caratteri che più contano, e per cui l’Uomo è più forte del Bruto. Sono, questi ultimi raggruppamenti, le razze di oggi: e perché non chiamarli razze?”
(2) F.H.Hawkins “La Race dans la Civilisation”(Payot, Paris, 1935, pag.155) scriveva: ” Durand De Gros aveva rimarcato che, nelle classi superiori, le dimensioni della testa, tanto in lunghezza che in larghezza erano, in modo assoluto, maggiori che tra le classi inferiori. Codesta osservazione fu confermata da Ammon, Beddoe, Lapouge e Collignon.”
(3) Val sempre la pena di leggerne il testo completo: Arthur De Gobineau “Saggio sulla Disuguaglianza delle Razze Umane”(Rizzoli, Milano, 1997)
(4) Da parte sua Ernst Nolte in “Il giovane Mussolini, Marx e Nietzsche in Mussolini socialista» (Sugarco, Carnago, 1993) ritiene (pag.87) che il futuro Duce “effettivamente lesse Chamberlain, Woltmann e Gobineau” e crede di ritrovare l’influenza di codesti autori nello scritto” Finis Europae” (cfr. “Opera Omnia” La Fenice, Firenze, 1951, Vol.II pagg.246-247) “che si riferisce al lamento di uno scrittore cattolico sul calo delle nascite in Europa e quindi alla minaccia di un’invasione asiatica, Mussolini sostiene la tesi che, per esempio la Francia avrebbe dinanzi a sé e conclude con le parole < Si lascerà conquistare, demolire e rinnovare. Come il cozzo tra i barbari e l’Impero Romano non fu dannoso agli interessi della specie, cosi è probabile che l’urto fra due continenti, selezionando la razza con l’eliminazione dei deboli, favorirà lo sviluppo ulteriore della pianta uomo>” (forse era troppo ottimista!).La preoccupazione per la ”pianta uomo” ed il suo fiorire fu una costante del pensiero mussoliniano; il lettore potrà giudicare da solo, quanto la società liberaldemocratica capitalista e cosmopolita sia l’ambiente più acconcio a tale fiorire. E, anche qui, bisognerebbe ritornare al grande precursore: Federico Nietzsche che parlava di” degenerazione complessiva” dell’umanità e vagheggiava di opporle un “partito della vita” che propugnasse l’ “esasperazione di tutti i contrasti e fratture” cfr. E: Nolte “Nietzsche e il Nietzschianesimo” cit.)
(5) Il Chamberlain riteneva che i Galilei discendessero da un gruppo indoeuropeo cfr “Die Grundlagen des 19.Jahrhunderts”.trad.francese “La Genese du XIXme Siècle”Payot,Paris,1913vol I pag.259 e segg.)
(6) Nel 1938 Mussolini ebbe a dire “ Ho parlato di razza ariana nel 1921 e dopo di allora sempre di razza. Una o due volte soltanto ho parlato di stirpe, intendendo, come era evidente, razza” In effetti, nota il Gregor (“L’Ideologia…”cit.èpag.228 “Dopo il 1921 il temine apparve regolarmente nei discorsi di Mussolini.”
(7) I pericoli e l’incongruenza di propugnare un incremento soltanto qualitativo della popolazione nazionale furono messi più’ volte in risalto da Julius Evola; in un testo del 1942 riedito nel 1988 dalle parigine Nouvelles Editions Latines “La Fin du Nihilisme”, due fascisti francesi del Mouvement Social Revolutionnaire, Andrè Mahè e Georges Soules scrivevano (pag.115): “Spingere all’accrescimento delle nascite senza sviluppare contemporaneamente delle concezioni razziste, vuol dire conservate sotto la coperta di un patriottismo pudibondo, la peggiore delle deviazioni egualitariste.Ogni politica seria della natalità deve essere, insieme, una politica della quantità e della qualità Essa richiede perciò la selezione e il “ritorno al sangue” e deve essere sostenuta da una lotta energica contro ogni contaminazione da parte di razze straniere, per non parlare qui della rigenerazione dei valori spirituali propri alla razze occidentali…”
(8) Durante il periodo della R.S.I., Mussolini ricevendo Bruno Spampanato ( cfr.” Contromemoriale ” C.E.N., Roma, 1974, Vol. III pag.638”) prendeva le distanze dal “Manifesto” fascista della razza, criticava le posizioni dell’ideologo nazionalsocialista Alfred Rosenberg, e, soprattutto, gli eccessi dei Germanici e sosteneva: ” Io ho fatto del razzismo fin dal 1922, ma un mio razzismo. La sanità, la conservazione della razza, il suo miglioramento, la lotta antitubercolare, lo sport di massa, i bambini alle colonie, questo era il razzismo come io lo intendevo. Ma vi è anche un razzismo morale che io ho predicato, l’orgoglio di appartenere a questa stirpe millenaria nata tra le nevi alpine e il fuoco dell’Etna.”



























IV IL FASCISMO E LA DECADENZA DELLA RAZZA BIANCA
In “Saggi sulle Teorie Etiche e Sciali dell’Italia Fascista” (LA Legione, Milano, s.i.d.) A.James Gregor scriveva: “…..Mussolini si interessò molto ai problemi razziali e la sua attività in questo campo si può far risalire fino al 1917, solo che le sue sentenze sono di carattere non perfettamente organico e non conducono a una teoria coerente. La misura del suo interesse è espressa chiaramente nella sua introduzione all’opera di Korherr sul regresso delle nascite in occidente (R. Korrher” Regresso delle Nascite: Morte dei Popoli” Roma, Littorio, 1928).Mussolini si occupò continuamente dei problemi etnici e del pericolo imminente della scomparsa dell’Europa quale complesso culturale e razziale”
Il citato libro di Riccardo Korherr uscì con prefazioni di Benito Mussolini e di Oswald Spengler, il filosofo tedesco.
Da parte sua Mussolini scriveva “..l’intiera razza bianca, la razza dell’Occidente, può venire sommersa dalle altre razze di colore che si moltiplicano con un ritmo ignoto alla nostra.” E il Duce giungeva a chiedersi (1928!) “Negri e gialli sono dunque alle porte?” E rispondeva “Sì, sono alle porte e non soltanto per la loro fecondità ma anche per la coscienza che essi hanno preso della loro razza e del suo avvenire nel mondo. Mentre , ad esempio, i bianchi degli Stati Uniti, hanno un miserevole quoziente di natalità - che sarebbe ancora più miserevole, se non vi fossero le iniezioni di razze ancora prolifiche come gli Irlandesi, gli ebrei, gli Italiani- i neri degli Stati Uniti sono ultra fecondi……C’è un grande quartiere di New York, Harlem, popolato esclusivamente di neri. Una grave rivolta di negri scoppiata nel luglio scorso in detto quartiere, fu a stento domata, dopo una notte di conflitti sanguinosi dalla polizia, che si trovò di fronte masse compatte di negri.” E il Nord America, come ognun sa, era destinato a conoscere ben altri e ben più gravi conflitti razziali….La campana demografica fascista avrebbe avuto toni esagerati e, a volte grotteschi, ma alla sua base, oltre alle mire di potenza nazionale, vi erano anche siffatte preoccupazioni.
In seguito Mussolini sarebbe ritornato sul filosofo tedesco. Questi aveva già scritto nella sua opera principale “Il Tramonto dell’Occidente” (cfr. l’ed. Longanesi, Milano, 1957pag.1425 “ Nella storia l’essenziale è sempre e soltanto la vita, la razza e la volontà di potenza” (alcune pagine prima il filosofo aveva scritto di “…razza intesa come la forza che all’interno della specie umana crea differenze che trascendono sia il lato vegetale e sia quello animale, che sono spirituali epperò ancor meno accessibili ai mezzi della scienza”-pag.859: In seguito, lo Spengler, in polemica con i Nazionalsocialisti tentò di svuotare il suo concetto di “razza” di ogni elemento biologico giungendo a posizioni insostenibili) (1)
E lo Spengler tornò ad essere citato su “Il Popolo d’Italia” del 15 dicembre 1933 in una segnalazione anonima, ma facilmente attribuibile allo stesso Mussolini, del suo libro “Jahre der Enscheidung”, vi leggiamo: “L’unità della razza- dice Spengler - è una frase grottesca dinanzi al fatto che da millenni tutte le razze si sono mescolate….Chi parla troppo di razza, dimostra di non averne nessuna” (Notiamo che i teorici nazionalsocialisti della razza, per tacere dello stesso Adolf Hitler, e non negarono mai le avvenute mescolanze anche per quel che riguardava il popolo tedesco) In quel periodo sia il filosofo che il Regime italiano tendevano a differenziarsi dal Nazionalsocialismo (cfr. le infelici espressioni di Mussolini nei suoi”Colloqui” con l’ebreo E.Ludwig, libro che, opportunamente, negli anni seguenti il Regime cercò di far dimenticare!) Ma si continuava: “…. Qual è la tesi dello Spengler? Questa. Che il mondo è minacciato da due rivoluzioni: una bianca e una di colore. La bianca è la “sociale” ed è il risultato catastrofico del crollo della civiltà del secolo XVIII e dell’avvento del regno della massa…….L’altra rivoluzione è quella dei popoli di colore, i quali , essendo più prolifici dei popoli di razza bianca, finiranno per sommergerla…”.Accogliendo un esplicito invito di Mussolini V. Beonio-Brocchieri tradusse il libro che uscì nel 1934 da Bompiani di Milano col titolo “Anni Decisivi” (nota altre edizioni).Nella sua prefazione il traduttore così riassumeva alcune delle tesi del filosofo: “… di lontano emergono nell’orizzonte corrusco dei futuri presagi popoli gialli e popoli negri, che fino a ieri vissero in devota soggezione di fronte ai simulacri superstiti dell’antichissima e gloriosa cultura europea, ma che oggi, fiutato l’odor di cadavere, scoperta la piaga, rubato il segreto tecnico del vecchio mondo, insorgono frementi di odio, lividi per volontà di vendetta….”Ed ecco come il Beonio-Brocchieri riassumeva gli incitamenti dello Spengler ai suoi contemporanei. “Prepariamoci dunque a sparire dalla faccia del mondo. Contro il destino è impossibile andare. Questione di battersi con onore nell’ultima battaglia. Questione di raccogliere le forze supreme e di mostrare in faccia ai negri, ai gialli, che c’è ancora gente, che ci sono ancora popoli e razze , e nazioni in questa vecchia, schifosa, marcia, decomposta, incancrenita Europa, capaci di sentire con orgoglio, con fierezza, con dignità, con titanico stoicismo l’impegno assunto di fronte alla tradizione avita.” Ci si mostrava critici verso le tesi nazionalsocialiste, ma indubbiamente certi temi “razziali” erano ben presenti nella pubblicistica dell’epoca.
Possiamo, probabilmente, cogliere qualche suggestione spengleriana nell’articolo “Decidersi!” apparso anonimo, ma anch’esso attribuibile a Mussolini, su “Il Popolo d’Italia” del 12 I 1932: “Le orecchie abituate a percepire non soltanto i rombi delle tempeste, ma anche i rumori sordi delle lime sotterranee, sentono che qualche cosa scricchiola; che molti vincoli si sono allentati: che taluni postulati tradizionali e basilari- come il rispetto della vita, della casa, della proprietà altrui- franano; che la sfiducia induce a teorizzare il carpe diem e la disperazione sbocca da una parte nell’avarizia e dall’altra nella dissipazione. Se a questi aggiungete altri sintomi che ricordano, con un’analogia più che singolare, quanto accadde nelle epoche di decadenza di altre civiltà, sintomi che vanno, ad esempio, dalla efferatezza e dalla frequenza di certi delitti alla stupidità di certe gare, voi intuirete che non solo un determinato aspetto della nostra civiltà è in gioco, ma che tutta la civiltà della razza bianca può disintegrarsi, indebolirsi, oscurarsi nel disordine senza scopo, nella miseria senza domani.”(2)
Sempre su “Il Popolo d’Italia ” in data 9 giugno 1934, il Duce scriveva: “L’Europa muore. La razza bianca si va assottigliando con progressiva regolarità. Di qui a un paio di secoli i cartografi registreranno il vecchio continente fra le colonie degli imperi orientali.” E il 4 settembre 1934”si tratta di sapere se davanti al progredire in numero e in espansione delle razze gialle e nere, la civiltà dell’uomo banco sia destinata a perire.”
Interessante, poi, la puntualizzazione mussoliniana apparsa su “Il Popolo d’Italia” del 31 Luglio 1935 “Noi fascisti riconosciamo l’esistenza delle razze, le loro differenze e la loro gerarchia, ma non intendiamo di presentarci al mondo come vessilliferi della razza bianca in antitesi con le altre razze, non intendiamo farci banditori di esclusivismi e di odi razziali quando dobbiamo constatare che le peggiori opposizioni ci vengono non dai negri di Harlem ma da molti autentici bianchi di Europa e d’America.”
Nell’Agosto 1935 Mirko Ardemagni scriveva su “Gerarchia” un articolo dal significativo titolo ”La Rivoluzione Fascista salverà la Razza Bianca” su cui non è certo possibile equivocare” : egli vi sosteneva: “Il risultato finale al quale tende la Rivoluzione Fascista è quello della difesa della Razza Bianca contro la balenante minaccia che per questa si presenta di essere sommersa dai popoli di colore.” Infatti per l’autore “…il socialismo e il liberalismo rappresentano ..per vie diverse 2 vere e proprie congiure contro la razza e contro i popoli che hanno retto finora i destini del mondo.”
Due anni dopo lo stesso Ardemagni nel libro “La Francia sarà fascista?” (F.lli Treves, Milano, 1937, pag. 55) scriveva: “La rivoluzione italiana, che è veramente universale, …tende alla conservazione e al prestigio della razza bianca….Il Fascismo, che ha un senso gerarchico delle razze,…è inconciliabile con quei regimi che procedono alla degradazione qualitativa delle razze europee o a quegli inserimenti artificiosi delle popolazioni che pregiudicano le caratteristiche e le differenziazioni necessarie al perfezionamento umano…”
Dopo l’inizio della II guerra mondiale, il noto giornalista Virginio Gayda in un libro ancor oggi interessante (“Che cosa vuole l’Italia?”" Ed. de “Il Giornale d’Italia” Roma, 1940 pag, 434 e segg. parlava di ” La Difesa Bianca” e scriveva : “Bisogna pensare alla difesa dell’Europa e delle razze bianche. La difesa sta anzitutto nella loro potenza demografica. Ma questa potenza, che varia nelle diverse nazioni europee, deve essere sostenuta e favorita da adeguate basi territoriali, ossia da sufficienti e liberi mezzi di lavoro e di vita. Perciò il comune interesse della civiltà europea e delle razze bianche è quello di riconoscere il supremo valore della capacità demografica., che sopravvive in alcuni grandi popoli europei, e dare spazio, alla sua libera e rigogliosa espansione” (ovvio che ci si riferisse ad Italia e Germania).Continuava il Gayda (pag.438) “Oggi, si può dire, molta parte della razza
bianca è in crisi. Crescono invece vertiginosamente di densità le razze di colore e ascendono con tutte le armi della civiltà moderna apprese dai bianchi. Così disciplinata nelle nuove forme civili, la massa della loro popolazione non è più soltanto una forza bruta e passiva: diviene una forza d’espansione, di concorrenza, di dominio.” (Il Gayda proveniva dal movimento nazionalista, e sarebbe, poi, rimasto vittima di una bomba dei “liberatori”)
E il 18 VII 1944, parlando a Grafenwohr, ai soldati della Repubblica Sociale Italiana che si addestravano in Germania, Mussolini ,amaramente, notava : “Roma, che durante trenta secoli della sua storia non vide mai africani se non dietro al carro dei consoli vincitori, oggi ha le sue mura profanate da queste razze incivili e bastarde.” Si riferiva alla armate multicolori dei “liberatori” che risalivano la Penisola, oggi qualcuno potrebbe applicare codeste parole ai fenomeni migratori che stanno sommergendo l’Europa!
Anni dopo la fine del conflitto, disastrosa non solo per i paesi dell’Asse, ma per l’Europa tutta, un fascista francese F. Gaucher (“ Il Fascismo e il Mondo d’ Oggi”, Volpe, Roma, 1966 pag.139) scriveva: “Già alla fine della I guerra mondiale, alcuni spiriti chiaroveggenti avevano denunciato la decadenza dell’Europa. Il Fascismo nei suoi differenti aspetti, fu una reazione istintiva contro questo decadimento. Ma questa reazione si è manifestata in modo meramente istintivo e non si è estesa all’Europa intera. E, alla fine, essa è sfociata in una guerra civile dove entrambe le parti in causa hanno fatto appello agli avversari dell’Europa. L’alleanza russo - tedesca, anche se non fu che una finta delle due parti contraenti, diede un’aria sospetta alla politica estera nazionalsocialista. E soprattutto l‘alleanza col Giappone rappresentava un attentato alla supremazia della razza bianca di cui la Germania si proclamava tutrice.”( E’ una critica che riteniamo solo in parte accettabile, comunque degna di nota)(3 )
Scriveva ancora Pino Rauti (“L’Immane Conflitto” cit.pag.178). “Italia e Germania volevano realizzare un cambio della guardia al timone della razza bianca: ecco, in sintesi estrema, il significato vero della II Guerra Mondiale.” Per Mussolini e Hitler (pag.181) era questione di una grande “ ….ripresa imperiale della razza ariana che nel nazismo e nel fascismo avrebbe dovuto ritrovare i supporti per un nuovo rilancio; al contrario, secondo questa che era una vera visione della storia, l’ideologia democratica….aveva indebolito, corrotto e imbastardito l’anima e le energie dell’Occidente.”

(1)Scriveva Adriano Romualdi Nella presentazione del volumetto antologico di Oswald Spengler “ Ombre sull’Occidente” (Volpe, Roma,1973,pag. 53) “non c’è dubbio che Mussolini ravvisasse nell’opera di Spengler un pensiero affine al suo. Essa si poneva come una ripresa della teoria della < volontà di potenza> di Nietzsche, ma calata in un reale contesto storico. Meglio del vago hegelismo gentiliano, la filosofia di Spengler esprimeva la concezione fascista del popolo< in forma> per i suoi obiettivi di potenza.” Mettere “ in forma” il popolo per la “ grande politica”, fisicamente, moralmente e spiritualmente ecco la meta di Mussolini e del Fascismo. Che poi, non sempre, si sia agito con il radicalismo che sarebbe stato necessario e che i risultati siano stati inferiori alle attese (ma come dimenticare il fenomeno del volontarismo in occasione delle guerra di Etiopia, Spagna, della II guerra mondiale, e soprattutto l’epopea dei “repubblichini”?) è altro discorso.
(2) (2) Dell’influenza che il pensiero dello Spengler ebbe su Mussolini ha scritto Renzo De Felice in “Mussolini il Duce, gli Anni del Consenso” (Einaudi, Torino, 1974, pag.38 e segg.) Ricordando che il filosofo tedesco ebbe più volte a dichiararsi ammiratore del Capo del Fascismo, notava che quest’ultimo fece sue alcune tesi dell’autore del ”Tramonto dell’Occidente” ma respingendo, ad esempio, almeno in parte, il ruolo che il tedesco attribuiva al proprio popolo nell’ambito delle possibilità di azione offerte dalla fase di “Zivilization dell’Occidente Così Mussolini ne avrebbe, almeno fino ad un certo punto, accettato le tesi sul susseguirsi dei cicli storici, sulla superiorità morale della campagna sulla città, sull’esaltazione della politica di potenza, sul ”cesarismo” e, per usare le parole del De Felice (cit.pag.41) “…sul valore, sulla funzione etica di una consapevole concezione di < razza>, non intesa per altro in termini materialistico- darwinistici, ma psichici –spiritualistici…” Julius Evola ha fatto delle importanti osservazioni a proposito dell’influenza dello Spengler su Mussolini nella sua prefazione a Oswald Spengler ” Il Tramonto dell’Occidente” Longanesi, Milano,1957 ora in “Spengler e il Tramonto dell’Occidente”( Fondazione Julius Evola, Roma 1981)
(3) Ancora qualche anno dopo il demografo francese Gerard-Francois Dumont avrebbe scritto “L’uomo bianco è, attualmente davanti a due scelte, suicidarsi o salvare il mondo salvando se stesso” (cit. da Carlo Rossella “Pallidi. Di paura” in “Panorama” 6-x1985)


























V - DALL’ANTISIONISMO ALL’ANTISEMITISMO



Scriveva Indro Montanelli “L’antisemitismo fascista” in “Il Giornale”12-10- 1992, riguardo alla “svolta” razzista del Regime negli anni precedenti la II Guerra Mondiale “Non che fossero mancati anche prima delle leggi razziali, spunti antiebraici; sia per la presenza di ebrei ai vertici delle democrazie occidentali…sia per la presenza di ebrei ai vertici della Rivoluzione bolscevica.” (1)
Leggiamo sul libro del Preti (cit.pag.24/25) “ ..il 4 giugno 1919, commentando le vicende della rivoluzione russa all’epoca del tentativo di riscossa dei” bianchi”, (Mussolini) scriveva su “Il Popolo d’Italia” che gli eventi dell’immenso Paese erano determinati dalla volontà dei “grandi banchieri ebraici di Londra e di New York, legati da vincoli di razza con gli ebrei, che a Mosca come a Budapest si prendono una rivincita contro la razza ariana, che li ha condannati alla dispersione per tanti secoli”, e si poneva addirittura la…domanda se non fosse il caso di pensare che il bolscevismo potrebbe essere “la vendetta dell’ebraismo contro il cristianesimo” (2)
Inoltre (Preti 25) “ Mussolini dimostrò …sin dall’inizio scarsa comprensione e simpatia per il sionismo. A questo problema egli dedicò un articolo (Ebrei, Bolscevismo, Sionismo) il 19 ottobre 1920, per ammonire anzitutto gli ebrei italiani a non fare del sionismo, dal momento che vivevano in un Paese dove > non si fa nessuna differenza tra ebrei e non ebrei in tutti i campi, dalla religione, alla politica, alle armi, all ‘economia>, e dove gli ebrei avevano già trovato la.”
E qualche pagina oltre (29) ” Dopo l’ascesa al potere di Mussolini vi fu qualche piccolo screzio tra il Governo e i sionisti italiani; ma l’attività di costoro era assai ridotta……”Ma “Negli anni che seguirono immediatamente l’ascesa di Mussolini alla presidenza del Consiglio, vi fu anche qualche piccolo screzio tra il Governo e gli ambienti ebraici a causa dell’attività antifascista della massoneria. Infatti, in tale associazione segreta il numero degli israeliti era notevole, in ragione dell’anticlericalismo che tradizionalmente la caratterizzava.” (3) Mentre l’israeliano Meir Michaelis “Mussolini e la questione ebraica”( Ed. di Comunità, Milano, 1982, pag.45) scrive: “..l’ascesa del fascismo al potere…suscitò un certo allarme fra gli esponenti dell’ebraismo italiano, soprattutto per le precedenti invettive del duce contro il bolscevismo ebraico, nonché per l’entusiasmo generale provocato dalla marcia su Roma fra le turbe antisemite d’oltralpe, specialmente in Germania. Contemporaneamente, accuse di antisemitismo furono indirizzate contro Mussolini e il fascismo nella stampa internazionale ebraica…”Così continuava il Michaelis ( pag48) “Vi fu….sin dall’inizio un attrito fra il regime e gli ebrei, soprattutto a causa della diffidenza dei fascisti verso ile l’ ebraici…” Da parte sua il De Felice “Storia degli ebrei italiani sotto il Fascismo” Mondadori, Milano1977 Vol. I pag. 98 “…a lungo, da parte di molti fascisti ed in particolare di quali di origine nazionalista, si continuò guardare dopo la agli ebrei come ad un gruppo sostanzialmente d’opposizione, legato all’interno a filo doppio alla massoneria e ai partiti antifascisti e all’estero, se non proprio all’ internazionale ebraica…..all’ alta finanza internazionale e alle organizzazioni e agli ambienti più dichiaratamente antifascisti e antitaliani.”
Nel 1924 un promettente intellettuale fascista Camillo Pellizzi nell’opuscolo Problemi e Realtà del Fascismo” faceva cenno a “Tutte queste opposizioni internazionali al Fascismo in fondo alle quali si trovano troppo spesso degli ebrei (e va pur detto per amore di verità) ” (saggio ripubblicato nella serie dei “quaderni dell’ideologia fascista” del periodico” Italia Tricolore”) E conferma il De Felice “Storia degli ebrei italiani sotto il Fascismo” (Vol. II pagg512 e segg.) “Non vi è dubbio che molti furono sin dall’inizio gli ebrei antifascisti. Ne troviamo attivi in tutti i partiti e in tutte le maggiori organizzazioni che contro il fascismo lottarono sin dal suo primo apparire sulla scena politica italiana: nel partito socialista (Treves, Modigliani, ecc.), in quello comunista (Terracini, Sereni, ecc.), in quello repubblicano (Levi, Donati, ecc.), nell’Unione Democratica (Momigliano ecc.) nella massoneria, nelle organizzazioni sindacali e in quelle di categoria.” E dopo aver ricordato quanto numerosi fossero, dopo l’Ottobre 1922 gli ebrei fra i collaboratori della stampa d’opposizione e tra i firmatari del ”manifesto Croce” degli intellettuali antifascisti, lo storico continuava “Spostatosi il centro dell’antifascismo a Parigi, numerosi furono gli ebrei alla testa e nelle file della Concentrazione antifascista…” Insomma “ ..il contributo degli ebrei italiani all’antifascismo fu numericamente e qualitativamente veramente imponente.”.Così: “Quello dal 1922 al 1926 fu un periodo...contrassegnato da campagne di stampa antisemite, motivate , tra l’altro, dalla presenza di numerosi israeliti nelle organizzazioni antifasciste.” (AA. VV “Dizionario dei fascismi” Bompiani, Milano, 2002, pag. 139.
Negli anni seguenti nota ancora il Michaelis, (Pag.51pagg. e segg.) se Mussolini, in pubblico, si prodigava in affermazioni filosemite , “ nei suoi articoli anonimi, peraltro, diede ripetutamente sfogo alla sua irritazione contro gli ebrei. Nel marzo 1928, …, autorizzò la costituzione del Comitato Italia- Palestina ; ma nel novembre dello stesso anno scatenò una vera e propria campagna di stampa contro i sionisti italiani, di slealtà verso la patria. Il primo articolo che diede fuoco alle polveri, intitolato “Religione o Nazione?”, apparve anonimo sul “Popolo di Roma” del 29-30Novembre, scritto da Mussolini stesso…..iniziava sottolineando che quasi tutti gli esponenti dell’antifascismo internazionale, da Treves a Torrès, erano, e passava…in rassegna le manifestazioni indecenti di separatismo ebraico che si erano avute al Congresso sionista di Milano poche settimane prima.” Scriveva Mussolini “Gli italiani cristiani saranno forse un poco stupiti e turbati di constatare che in Italia c’è un altro popolo, il quale si dichiara perfettamente estraneo non solo alla nostra fede religiosa ma alla nostra nazione, al nostro popolo, alla nostra storia, ai nostri ideali. Un popolo ospite, infine, che sta tra noi come l’olio sta con l’acqua, insieme ma senza confondersi, per usare l’espressione del defunto rabbino fiorentino Margulies. La constatazione è grave.” E, poco oltre: “..tutti i sionisti parlano di , di, di senza la più lontana allusione al fatto religioso.” Perciò una domanda veniva logica : “Domandiamo allora agli ebrei italiani: siete una religione o siete una nazione? Questo interrogativo non ha lo scopo di suscitare un movimento antisemita, ma quello di togliere da una zona d’ombra un problema che esiste e che è perfettamente inutile ignorare più oltre”
Di là dall’utilizzo da parte di Mussolini di personalità ebraiche, egli probabilmente vedeva nell’ il fondo comune di tutte le forze antifasciste attive nel mondo: liberalismo, democrazia, socialismo, bolscevismo e massoneria.” Allusioni a un presunto antifascismo specificamente ebraico non erano rare sulla stampa fascista, persino nei primi anni del regime” (Michaelis, cit.Pag.53)
Su un piano più generale, ricordiamo che nel già’ citato “Il Razzismo in Europa” (.pag. 215) il Mosse scriveva : “Verso la metà degli anni ‘30 era prevalsa, all’interno del Fascismo, un senso di diffidenza verso ogni internazionalismo, compreso il sionismo, e questo fatto, unito a qualche vaga idea sulla cospirazione ebraica internazionale, aveva certamente facilitato al Duce di insistere sulla promulgazione delle leggi razziali; non vi è dubbio inoltre che la decisione sia stata agevolata dall’importanza assunta dagli ebrei tra gli antifascisti italiani.”
In modo più dettagliato l’israeliano Meir Michaelis (“Mussolini e la questione ebraica” cit., pag.13 e segg.): “E’ stato più volte osservato, e non a torto, che nonostante la mancanza di un atteggiamento specificamente ebraico nei confronti del Fascismo, la percentuale di elementi ebraici nell’antifascismo prima e nelle resistenza, poi, rispetto alla popolazione generale era rilevante E’ noto il fatto che tra i circa 260 firmatari del Manifesto Croce” (quello degli intellettuali antifascisti pubblicato sul “Mondo” il 1 V 1925) “si contavano una trentina di ebrei…. E così pure, tra i dodici professori universitari che si rifiutarono di prestare il giuramento di fedeltà al Regime Fascista nel 1931, ben quattro…. erano ebrei.”
Tra gli antifascisti di origini ebraiche possiamo ricordare i fratelli Rosselli ( sull’uccisione di costoro da parte dei “Cagoulards” francesi cfr. le curiose tesi di Franco Bandini in ”Il Cono d’Ombra” Sugarco,Milano,1990),Carlo Levi, Leone Ginzburg e Emilio Sereni…Dunque si può concordare con il Michaelis che “…la percentuale degli ebrei tra gli antifascisti era relativamente molto alta” (pag. 14) e ciò prima delle leggi razziali. Ciò faceva, inoltre, dimenticare il ruolo, per lo più marginale, svolto da alcuni ebrei nell’ambito del primo Fascismo.
Il famoso storico tedesco Ernst Nolte intervistato da Wlodek Goldkorn e Stefano Vastano (“L’Impero dell’urlo” in L’Espresso 6 VI 1996 alla domanda cosa fosse per il Duce la “plutocrazia” rispondeva” Per Mussolini è il mondo delle finanza internazionale di Wall Street, a cui il Duce dichiarò guerra proprio per esserne indipendente. E anche, per contrastarne i valori cosmopoliti, e quindi antifascisti, che quella gente rappresentava.” Seguiva la domanda “Non c’è antisemitismo nella sua critica alla plutocrazia?” a cui lo storico rispondeva: ” E’ difficile pensare alla finanza internazionale senza osservare che gran parte di questo mondo è composto da ebrei. Tant’è vero che nessuno venne attaccato con più veemenza dalla letteratura socialista del 19° secolo della famiglia Rothschild……”e proseguiva rilavando che, d’altra parte, “ è…vero che Mussolini fece dichiarazioni antisemite sulla rivoluzione d’ottobre in Russia.”
Interessante anche quanto scriveva Marcello Pera (“Ma gli Stati Uniti non sono un male da evitare” in Il Corriere della Sera 19 IV 2002): “In Italia, ….Il regie di Mussolini approfittò della crisi economica americana per esaltare la bontà del modello fascista quale “soluzione intermedia” tra capitalismo e comunismo. Fu così che, in modo emblematico, l’ antiamericanismo si legò all’antisemitismo, a causa della propaganda contro l’influenza delle lobbies finanziarie ebraiche negli Stati Uniti, determinando un cortocircuito che altre volte, fino a nostri giorni, si sarebbe attivato….l’antiamericanismo…si nutrì di antiliberalismo, si coniugò con l’antisemitismo. Fu un fenomeno soprattutto di destra, nazionalistico, fascista…” Si può concordare con il Preti quando ritiene (cit.49) che: ”….Il rinascere dell’antisemitismo in Germania e in altri paesi indusse Mussolini a pensare che l’assimilazione degli Ebrei era pressoché impossibile almeno in quegli Stati nazionali dove essi erano assai numerosi….”E a pag.50: ” Testimonia l’insorgere di una certa prevenzione mussoliniana nei confronti degli ebrei anche il fatto che, essendo stati scoperti e arrestati i membri del gruppo torinese di “Giustizia e Libertà” che tentavano di diffondere manifestini antifascisti, il comunicato del 30Marzo 1934, dando l’elenco degli arrestati, parlò di: Tra i non numerosi arrestati gli ebrei ne costituivano la maggioranza….Se si metteva l’accento sull’appartenenza degli arrestati alla comunità ebraica, voleva dire che c’erano in materia disposizioni superiori.” Inoltre, continua il Preti(pag.51): “Questa prevenzione del duce veniva ad inserirsi sulla sua vecchia diffidenza nei confronti del sionismo. Infatti,…Mussolini,….non aveva mai gradito che gli ebrei sionisti avessero in un certo modo due patrie, quella italiana e l’altra alla quale aspiravano..” Ciononostante in quegli anni l’Italia fascista fece delle aperture proprio in direzione del sionismo specialmente verso quella ala “revisionista” che pareva la più' avversa alla Gran Bretagna, sperando di farsene un alleato contro Londra. Comunque, prosegue il Preti (pag.52.53): “L’insorgere della menzionata prevenzione di Mussolini nei confronti della assimilabilità degli ebrei spiega perché taluni fogli dell’estremismo fascista si poterono permettere in questo periodo di svolgere una campagna antiebraica. Nelle critiche agli israeliti si specializzarono soprattutto due giornali “Il Tevere” diretto da Telesio Interlandi,e “Il Regime Fascista”, di Roberto Farinacci ex segretario del Partito.” In particolare”…si metteva sotto accusa la comunità ebraica nazionale e internazionale, come entità separata……Si cominciò …ad insistere sulla invadenza degli ebrei italiani, che andavano a caccia di cariche e di prebende e si proteggevano reciprocamente come una piccola massoneria. Altre critiche si rivolgevano alla finanza ebraica internazionale,…e alla quale venivano attribuite oscure mene, per favorire determinati interessi. Particolarmente insidiose erano poi le critiche al sionismo, che ricorreva o al classico argomento delle due Patri…” Il 14 Febbraio 1934 l’Unione delle Comunità israelitiche italiane emise una protesta rivendicando l’italianità degli ebrei residenti nella Penisola. “Però” continua il Preti” gli attacchi de “Il Tevere” e de” Il Regime Fascista”, cui faceva eco qualche giornale studentesco, continuarono con insistenza, battendo sul tasto del sionismo..” Il disagio creato in seno alle comunità israelitiche portò a una scissione: si costituì un gruppo intorno al foglio ”La Nostra Bandiera” che faceva grandi affermazioni italianità e sosteneva di rigettare il sionismo ; ma, a torto o a ragione, ciò non sarebbe bastato.
Sappiamo anche che Mussolini impedì, ben prima delle leggi razziali, alla figlia Edda di sposare un ebreo (cfr-. A. J. Gregor “L’Ideologia…”cit. pag.233) In tale circostanza avrebbe detto alla figlia di considerare gli ebrei i suoi “peggiori nemici.”
E, a quanto pare, ancor prima delle leggi razziali, si tentava di impedire che elementi di origine ebraica assumessero certi ruoli: leggiamo su “L’Avvenire” del 19 Marzo 2002 sotto il titolo “Marconi antisemita in Accademia?” : “Quando era presidente dell’Accademia d’Italia, Guglielmo Marconi avrebbe esercito una censura antisemita sulla massima istituzione culturale del Fascismo; e questo ben prima delle leggi sulla razza (1938).Lo ha scoperto da documenti inediti la ricercatrice Annalisa Capristo, che pubblica un articolo sul periodico delle comunità ebraiche: l’inventore della radio segnava una “E” davanti ai noni dei candidati ebrei, che poi venivano esclusi anche se si trattava di studiosi di alta fama.Ci si chiede però se si trattasse di un’iniziativa di Marconi oppure di obbedienza alle direttive del Duce.” Da parte sua Giorgio Fabre in “Il Contratto Mussolini editore di Hitler”( Dedalo Bari, 2004.pag.100) giunge ad affermare:”..nei primi mesi del 1934,i progetti d’eliminazione e le eliminazioni concrete a proposito di ebrei collocati in posti di o diiniziarono a venire programmate,assunsero sistematicità e allargarono di molto gli obiettivi.”

1.Maurizio Cabona “Il Fascismo, gli ebrei e la memoria” in “Il Foglio Quotidiano” del 26 genn.2002 scriveva: ” ….nei discorsi e negli articoli del Mussolini socialista e del primo Mussolini fascista emergono frasi che risentono talora di pregiudizi antiebraici, comuni nella cultura dell’epoca.”( Riguardo alla dirigenze in gran parte di origini ebraiche della Russia bolscevica, ricordiamo come essa sia stata poi sostanzialmente” eliminata” da J.V.Stalin (Cfr. Luois Rapoport “La Guerra di Stalin contro gli ebrei” , Rizzoli, Milano,1991)
2. A proposito di veri o presenti complotti ebraici volti alla conquista del mondo si può citare H. S. Chamberlain : “Che vi sia veramente un lega segreta ebraica avente come fine consapevolmente perseguito la distruzione materiale, spirituale e morale degli Indo-europei e, con essi, della loro civiltà, non lo so : io credo che il semplice istinto di questo inafferrabile demone della decadenza umana, istinto coltivato per millenni, sia all’uopo sufficiente “. Cit. da J. Evola “Il Mito del Sangue” Sear, Borzano, 1995 pag. 82.
3.L’israelita Bernard Lazare nel suo” L’Antisemitismo Storia e cause” (Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia, 2000 pag.273) scriveva:” E’…certo che alla nascita stessa della massoneria parteciparono degli ebrei. Ebrei cabalisti come dimostrano alcuni riti che si sono conservati, molto probabilmente, negli anni che precedettero la Rivoluzione francese, entrarono più numerosi nei consigli di questa società ed essi stessi fondarono altre società segrete” In Italia il poeta Francesco Gaeta (1879-1927) fu autore di un libro, pubblicato nel 1939 da Sansoni di Firenze dal titolo ”Che cosa e’ la Massoneria?” Rispondeva alla domanda a pag.46 “ È l’organo della conquista del mondo da parte degli ebrei, a danno ed a spese dei Goim che in ebraico sono tutti i non- ebrei ed in particolare gli occidentali…”



































VI- LA CONQUISTA DELL’IMPERO E LA “SVOLTA” RAZZISTA DEL REGIME.
Come riferisce Giorgio Fabre (“Il Contratto-Mussolini editore di Hitler”Ed. Dedalo, Bari, 2004, pag. 125) “ Nel 1930 vennero frapposti ostacoli all’ingresso in Italia di africani provenienti dalle colonie,mentre nel 1933 il nuovo”Ordinamento organico per l’Eritrea e la Somalia”(pag. 124)” stabiliva per la prima volta un limite per l’acquisizione, da parte di alcunidella cittadinanza italiana con ciò che ne conseguiva a proposito di accesso al lavoro ecc…”
Nel dicembre 1933 Mussolini lesse con attenzione la “Vita di Gobineau” di Lorenzo Gigli( Bompiani, Milano,1933,il volume era dedicato ”A Benito Mussolini Duce della nuova rinascita italiana”) La sua copia del libro riporta interessanti sottolineature: alla pag.97 rilevava come il francese negasse sostanzialmente il concetto di Patria in favore di quello di razza, in Italia ciò sarebbe stato inaccettabile: una dottrina razziale avrebbe dovuto cementare l’unità del popolo italiano, non creare divisioni tra di esso su basi più o meno antropologiche, avrebbe dovuto messere una radicalizzazione del nazionalismo fascista. Ma, a pag.82, era sottolineata la affermazione gobinista “L’unico agente della storia è la razza”, mentre a pag.85”un grosso segno mostra chiaramente come…fosse rimasto colpito dl ruolo dell’onore nella concezione gobineauiana e dell’idea civilizzatrice ch’esso racchiuderebbe..” (R. De Felice” Storia degli ebrei italiani…”cit. Vol. I pagg.306-307)
Intanto, però , grandi eventi si profilavano all’orizzonte africano.
Come ricordava il Preti in “Impero Fascista…”(cit. pag.88-89): “Prima della conquista etiopica, nelle colonie italiane dell’Africa…..era diffuso tra gli ufficiali e i funzionari dell’Amministrazione coloniale il cosiddetto ”madamismo” consistente nella convivenza more uxorio con donne indigene, dette “madame”, dalle quali nascevano figli mulatti in gran parte non riconoscibili. Queste situazioni non avevano mai preoccupato in precedenza il Governo, poiché lo scarso numero dei residenti italiani limitava di per sé le dimensioni del fenomeno. Ma la conquista dell’Etiopia- schiudendo all’Italia un territorio molto più popolato delle vecchie colonie- portò in Africa centinaia di connazionali, procurando ben altra diffusione del “madamismo”.” Così, proseguiva il Preti “ Lo svilupparsi del fenomeno preoccupò enormemente Mussolini, il quale promosse l’emanazione del decreto- legge 19 Aprile 1937 N.880, che comminava la reclusione da 1 a 5 anni ai cittadini italiani che, nel territorio del Regno o delle Colonie, tenessero relazioni d’indole coniugale con persone suddite dell’ AOI o straniere appartenenti a popolazioni che avessero tradizioni, costumi e concetti giuridici analoghi a quelli dei sudditi dell’ AOI.” Particolare che ci sembra importante sottolineare: “ E’ da notare che, in tal modo, la pena si applicava solo agli italiani, di entrambi i sessi, e non ai loro correi di colore, perché il Fascismo riteneva responsabili della lesione al principio della razza solo i primi, in quanto persone di più elevata civiltà che, nel contrarre l’illecito rapporto, dimostravano di dimenticare i propri doveri di cittadini.” (pag.89)(1)
Dato che agire in modo diverso sarebbe stato del tutto impossibile, “Il regime fascista imperiale non volle attribuire per contro alcuna importanza alle semplici relazioni sessuali interrazziali; e, infatti, i rapporti di carattere mercenario continuarono ad essere consentiti.” ( tanto più che nella propaganda imperialistica fascista era presente un certo elemento erotico come scrive Giordano Bruno Guerri (“Fascisti” , Mondadori, Milano 1995, pag.210) ”..non si rinunciò neppure a far leva sul gallismo nazionale: vennero diffuse fotografie di giovani abissine il cui petto nudo prometteva facili distrazioni” (Ricordiamo peraltro, che Mussolini avversò la nota canzonetta” Faccetta >Nera” per il suo implicito incitamento alla mescolanza razziale! Cfr. Sandro Gerbi:<”Faccetta Nera? Non è fascista”>in “Il Sole 24 ore”11 Agosto 2002.) In sintesi, Non dovevano nascere bimbi color caffelatte, che avrebbero inquinato la razza italiana. Cosa senz’altro assai difficile da ottenersi!
Scrive ancora il Preti (pag.90).” In base al principio facciata della gerarchia razziale la comunità bianca e la nera dovevano realizzare nei territori dell’Impero una evoluzione separata, secondo principi analoghi a quelli applicati ..nella Repubblica sudafricana.”
Comunque si voglia giudicare codesta politica, non vi è dubbio che i coloni italiani in Africa, con alle spalle una madrepatria, allora, prolifica, si sarebbero venuti a trovare in una situazione assai più favorevole di quella in cui finirono i bianchi del Sud Africa, costretti, infine, a capitolare, ingloriosamente ,di fronte alla maggioranza di colore sostenuta dalle pressioni internazionali.
Dell’avversione al meticciato sono testimonianza anche queste frasi del citato libro del Gayda (pag.378) “ E’ ormai universalmente noto che gli incroci di sangue fra i bianchi e la gente di colore, la fusione di rapporti e di vita fra gli europei e gli indigeni, creano con il meticciato prodotti umani non soltanto deficienti ma pericolosi per la civiltà europea, Nelle rivelazioni della scienza, come in quelle della storia, il meticciato appare una spaventosa peste spirituale e sociale: in esso si deformano e si estinguono le qualità originarie dei produttori. In esso l’umanità si corrompe in un opaco ibridismo che appare come una permanente protesta contro l’errore che lo ha generato. In ogni terra la presenza di masse meticcie è causa di insufficienza economica, di profondi disordini politici e spirituali.”(2)
Notiamo, inoltre, che, in quegli anni si tentò anche di rafforzare la presenza demografica italiana in Libia: scrive ancora il Preti (pag.93) “Mussolini e la classe dirigente fascista ritenevano …..che l’insediamento di un grosso nucleo demografico italiano avrebbe legato maggiormente la cosiddetta ”quarta sponda” alla madrepatria facendo di essa una base più sicura della politica imperiale italiana nel Mediterraneo.”
Era fin troppo facilmente prevedibile che dall’espansione coloniale italiana in Africa sarebbe, in primo luogo, risultata una maggiore presenza di nostri connazionali in Africa, e dunque, inevitabilmente, in una maggiore possibilità di meticciato: Scriveva
Pino Rauti in “Le Idee che mossero il Mondo” (C.E.N. Roma, 1966, pag.475) ”Noi, avremmo popolato l’Impero, avremmo proiettato nel Continente Nero, una poderosa comunità bianca ed europea dell’ordine e della grandezza di diversi milioni di persone, alleggerendo la pressione demografica del Vecchio Continente- le cui conseguenze anche psicologiche, anche nella patologica urbanizzazione, nessuno saprebbe negare- e dando vita in loco a nuove prospettive di ordine e benessere anche per gli indigeni." (ci sia lecito nutrire qualche dubbio riguardo all'ultimo punto!) E, dopo la catastrofe, avrebbe ribadito Julius Evola “Il Fascismo saggio di una analisi critica dal punto di vista della Destra” (Volpe Roma 1964 pag. 107) ” Mai e poi mai nell’ ”Ordine Nuovo” da instaurare nel segno delle idee difese dai popoli dell’Asse avrebbe potuto affermarsi la psicosi autolesionistica dell’anticolonialismo.” D’altro canto in quei frangenti Mussolini ebbe a convincersi che dietro l’ostilità delle nazioni democratiche alla conquista italiana dell’Africa Orientale e alle famose ”sanzioni” che furono prese contro il nostro paese vi fossero anche le comunità ebraiche europee. Come ricorda il Michaelis(op.cit.pag.103) a spingerlo inquesto senso non fu la Germania, “bensì degli antisemiti occidentali, specialmente in Inghilterra e in Francia…..Uno di questi era sir Oswald Mosley, il quale affermò che l’ondata di propaganda antitaliana in Inghilterra era ispirata e diretta dagli ebrei, che volevano spingere il mondo occidentale a una guerra fratricida. Un altro era il maggiore generale J.F.C. Fuller, uno dei principali luogotenenti di Mosley”( sull’interessantissima figura del Fuller eminente studioso e storico militare cfr. Fra Scorpio ”The Warrior Mage” Renaissance Press,N.Zelanda,1996), il quale disse a Mussolini che l era la principale ragione dell’ostilità della stampa britannica all’impresa africana dell’Italia. Un terzo era Ion Motza, un alto esponente della Guardia di Ferro romena, il quel informò Ciano, attraverso Coselchi”( il dirigente dei Comitati d’Azione per l’universalità di Roma), che gli ebrei desideravano.Un quarto era Georges Batault, uno scrittore antisemita francese, il quale lanciò analoghe accuse dalle colonne della” (Del Batault si veda “ Aspetti della Questione giudaica”, Ar, Padova, 1984)
Citiamo ancora dal Michaelis (pag.104-105):” ….Mussolini era fermamente convinto dell’ostilità dell’ alla sua avventura africana ….è…evidente che gradì moltissimo l’appoggio degli antisemiti occidentali nella lotta contro il sanzioniamo.Non vi è, d’altra parte, alcuna prova che la crescente animosità del duce verso gli ebrei fosse dovuta all’influenza tedesca. Nessuna traccia di tale influenza (se non estremamente indiretta) è rinvenibile nella polemica, non solo, ma le campagne di stampa antisemite erano spesso accoppiate a punzecchiature contro il Terzo Reich il che dimostra che non erano minimamente ispirate dai tedeschi stessi.”
E (a pag.112)sempre il Michalis scrive “Più tardi (Mussolini) affermò che l’opposizione ebraica all’impresa africana gli aveva aperto gli occhi sul pericolo ebraico e che le misure antiebraiche adottate nel 1938 erano semplicemente una logica estensione all’Italia delle leggi razziali da lui precedentemente applicate in Etiopia.”
Il 12 IX 1936 Roberto Farinacci scriveva: “Dobbiamo confessare che in Italia gli ebrei, che sono un’infima minoranza, se hanno brigato in mille modi per accaparrarsi posti nella finanza, nella economia e nelle scuole, non hanno fatto alcuna resistenza alla nostra marcia rivoluzionaria. Dobbiamo confessare che hanno pagato sempre i loro tributi e compiuto anche in guerra il loro dovere. Ma essi tengono purtroppo un atteggiamento passivo che suscita qualche sospetto, perché non hanno detto mai una parola che valga a persuadere tutti gli italiani che essi compiono il loro dovere di cittadini per amore, non per timore, o per viltà, perché non dimostrano in modo tangibile il proposito di dividere le loro responsabilità da quelle di tutti gli ebrei de mondo, che mirano ad un solo scopo: al trionfo dell’internazionale ebraica, o perché non sono ancora insorti contro i loro correligionari autori di stragi, distruttori di chiese, seminatori di odio, sterminatori audaci e malvagi di cristiani. Si sta formano la sensazione che tra poco tutta l’Europa sarà teatro di una guerra di religione. Da più parti si griderà: Noi siamo fascisti, ma non basta, bisognerà dare la prova matematica di essere prima fascista e poi ebreo.”
Commenta il Preti (cit.pag.101) “Chiaro era il riferimento di Farinacci alla guerra civile spagnola….Né gli argomenti da lui addotti erano privi di presa….era vero che nei Paesi liberi gli ambienti israelitici, spesso assai influenti, osteggiavano in quel momento, in ragione delle loro convinzioni democratiche, la politica aggressiva degli Stati totalitari.Come avevano prima deplorato l’aggressione etiopica, ora gli ambienti ebraici guardavano con simpatia alla Spagna repubblicana; e si poteva senz’altro prevedere che nel caso in cui dovesse scoppiare quella specie di guerra di religione che Farinacci annunciava, l’ebraismo internazionale…sarebbe stato dalla parte degli Stati democratici.” Come ricorda il Michaelis (“op.cit.pag.132)”..in Spagna…migliaia di ebrei si arruolarono nelle file lealiste.”(fedeli al governo di sinistra contro il quale erano insorti i ”nazionali”.)
Il 31 XII 1936 compariva su “Il Popolo d’Italia” un breve articolo privo di firma, ma attribuibile allo stesso Mussolini dall’indicativo titolo “Il troppo stroppia”, val la pena di riportarne il testo” la gente distratta, o che finge di esserlo, si domanda come fa a nascere l’antisemitismo, come e perché si diventa antisemiti, pur non avendo avuto dalla natura speciali indicazioni in materia. La risposta è semplicissima: l’antisemitismo è inevitabile laddove il semitismo esagera con la sua esibizione, la sua invadenza e quindi la sua prepotenza. Il troppo ebreo fa nascere l’antiebreo. Coloro che hanno notato una certa ripresa di antisemitismo in Francia vogliono la spiegazione del fenomeno? Leggano sull’ultimo numero del “Gringoire” l’articolo di Beruad il quale dimostra, con nome e cognome, che in tutti i ministeri della Repubblica, capo del governo l’ebreo Blum, si è formata una cellula ebraica la quale governa tranquillamente la Francia…..Questa lista di nomi è eloquente. Sapete ora che cosa rappresentano gli ebrei nella massa della popolazione francese? Il due per cento. Nessuno vorrà negare che, tra la massa degli ebrei e i posti da essi occupati, la proporzione è più che stridente. Ora, capovolgete le percentuali, supponete una Francia nella quale il due per cento fosse di cristiani e il 98 per cento di ebrei. E’ chiaro che, dato l’esclusivismo feroce della tribù, i cristiani sarebbero totalmente banditi dalla vita pubblica e ad essi sarebbero, tutt’al più, riservati i lavori degli schiavi, onde permettere agli ebrei di celebrare,nel riposo, il sabato. L’annunciatore e il giustificatore dell’antisemitismo è sempre e dovunque uno solo: l’ebreo. Quando esagera e lo fa sovente.” ( Potremmo qui consigliare al lettore di fare qualche studio sulla condizione delle minoranze non ebraiche nello” stato” di Israele !cfr. ad esempio AA.VV “Le vittime del delirio sionista” Effepi, Genova,2002) Qualche mese dopo, nell’Aprile 1937, veniva pubblicato il libro di Paolo Orano” Gli Ebrei in Italia”(Pinciana, Roma.1937)(4)
Scrive a tale proposito, il Preti (pag.103) “….Orano parte dalla critica del movimento sionista, affermando che esso costituisce uno strumento della politica inglese” (Parrebbe che sia stato piuttosto il contrario : fu la politica britannica, e non solo quella, ad essere una strumento del sionismo, cfr. ”Il grande inganno, come Inghilterra e Francia tradirono gli Arabi” in “L’Espresso”5 Agosto 1999,)(5) ” Inoltre l’eventuale realizzazione di uno stato ebraico in Palestina può non destare gravi preoccupazioni fra i cristiani per la sorte dei luoghi santi e suscitare una legittima reazione tra gli arabi, alla cui amicizia l’Italia deve invece mirare?.” (NOTA) ” Da questa premessa antisionista, fondata su considerazioni di politica internazionale (che in altri tempi anche Mussolini aveva accennato), Orano passa alla critica degli israeliti d’Italia. Gli ebrei italiani, egli dice, <“pensino alla loro religione e basta»” Anzi avrebbero dovuto cessare di credere di poter acquisire una sorta di intoccabilità con il continuo vantarsi delle loro benemerenze patriottiche. “Per dimostrarsi buoni italiani devono invece rinunziare a fare del nazionalismo sionista e rompere ogni rapporto con l’internazionalismo ebraico” (Preti, cit. pag.104) Inoltre, sempre per l’Orano, essi avrebbero dovuto rinunciare all’idea, del tutto inopportuna in uno Stato che si voleva “totalitario” di “creare attorno alle loro sinagoghe attività d’altro tipo, quali lo sport e l’assistenza materiale e culturale.” (Preti, cit.pag.104).Il volume era recensito favorevolmente da “Il Popolo d’Italia “in data 25 Maggio 1937, come scrive il Preti (ibidem) “ponendo …agli ebrei questo dilemma: o sentirsi e considerarsi ebrei ospiti dell’Italia o considerarsi italiani di religione ebraica” Questione, a modesto parere di chi scrive, da porsi in ogni luogo, e in ogni tempo, ove si siano stabilite comunità israelitiche. Soprattutto dopo la costituzione dell’entità sionista.
Chi non apprezzò molto il libro fu Giovanni Preziosi che lo recensì su “La Vita Italiana nel Giugno dello stesso anno ( cfr. Preti cit.pagg.224-232) Vi si leggeva che l’Orano riconosceva i problemi posti dal sionismo e che “l’ebraismo è un fermento di sovversivismo, di tenace rivolta contro lo Stato, le leggi, la religione, la morale e le cultura di tutti i paesi nei quali gli ebrei sono penetrati a vivere….” E che “fra l’azione dell’ebraismo internazionale ed il Fascismo vi è un contrasto insuperabile; che Israele è presente re agente in tutti i focolari più virulenti e pericolosi dell’antifascismo…”Ma gli si rimproverava di limitarsi a chiedere agli ebrei d’Italia di dissociarsi dalle posizioni dei loro correligionari del resto del mondo. Per la rivista del Preziosi, un’eventuale decisione in tal senso non sarebbe stata che ipocrtita.Dato che “Chi ha approfondito la questione ebraica considera come dato acquisito l’immutabilità della razza e della condotta condizionata dall’istinto di razza non solo rispetto ad ogni particolare professione di fede politica…ma altresì rispetto ad ogni particolare professione di fede religiosa.” In altre parole, si rimproverava all’Orano di non giungere a vedere il fondamento razziale del problema ebraico peraltro riconosciuto dagli stessi ebrei secondo alcuni dei quali, ad esempio: " l’ebreo rimane sempre e immutabilmente ebreo, anche quando abbia abbandonato la fede dei padri” Inoltre " La caratteristica delle fede ebraica è l’assoluta connessione fra la fede, la razza, una data etica e una data volontà politico- spirituale” Conclusione: l’ebraismo sarebbe “ una forza eternamente nemica, con la quale un accordo sostanziale e sincero mai sarà possibile.”
Inoltre, riportano G. Pini e D. Susmel nel loro insostituibile ” Mussolini. L’uomo e l’opera” (La Fenice ed., Firenze, 1973,Vol.III pag.385): “Mussolini avvertì ….che tutta la questione ebraica era stata male impostata nel libro” (dell’ Orano) ” E si riservò di intervenire personalmente: primo annuncio della futura politica razziale che stava elaborando….” (Giugno 1937) Nello stesso anno compaiono i libri di Giulio Cogni mentre comincia a trattare sistematicamente di temi razziali anche Julius Evola (Nota Evola) Il Cogni, un italiano residente in Germania, fu autore di 2 volumi ”Il Razzismo” e “I Valori della Stirpe Italiana” (editi dai F.lli Bocca di Milano nel 1937)nei quali tentava di rendere accettabili agli Italiani i principi del razzismo tedesco allargando il concetto di” razza nordica” fino a comprendervi tutti gli indoeuropei.
Il II volume riportava in appendice lo scritto ”Humanitas” di Hans F.K.Gunther teorico tedesco del “nordicismo” e fiancheggiatore del Nazionalsocialismo (cfr. A.J..Gregor “National Socialism and Race” (Renaissance Press, N.Zelanda, s.i.d.)
Saggio che fu riproposto nel dopo guerra da Adriano Romualdi (AR. Padova,1970; del Gunther cfr.anche “Religiosità Indoeuropea” Ar, Padova, 1980) e uno di H.Gasteiner ”Direttive per una Politica Razziale” In esso, si costatava, tra l’altro, ” Negli ultimi decenni si riscontra in Europa una dannosa controselezione nelle stirpi superiori.”, s’invocavano misure atte ad impedire il proliferare degli elementi inferiore e/o tarati della società incrementando, al contrario l’aumento di quelli migliori, auspicando la” rinascita del concetto di aristocrazia intesa nel senso di superiori qualità razziali.”
Nei mesi seguenti, seppur con molta approssimazione e confusione, i temi razziale ed antisemitici divennero frequenti nella stampa italiana, in particolare in questo periodo assumono un ruolo propulsivo nella campagna antiebraica i Gruppi Universitari Fascisti “GUF”: gli articoli più duri si leggono nei giornali universitari e le manifestazioni più apertamente antiebraiche si svolgono nell’ambiente< gufino>” (Preti, cit.pag.109-). Sempre secondo costui (pag.109-110)” Mussolini, dal canto suo, incoraggiava indirettamente la campagna antisemita e razzista….Egli aveva orma deciso di adottare qualche misura, sia perché non era più disposto a tollerare il sionismo tra gli ebrei italiani. Sia perché era irritato er l’atteggiamento politico dei cosiddetti ambienti ebraici internazionali.”
Segui’ la nota N .14 : di “Informazione Diplomatica”(febbraio 1938) forse redatta dal Duce stesso, in ogni caso, prima dichiarazione ufficiosa riguardo al problema ebraico. Vi si sosteneva che”….il problema ebraico può essere risolto in un solo modo: creando in qualche parte del mondo, non in Palestina, uno Stato ebraico.” Si proseguiva negando che il Regime intendesse mettersi sulla strada della persecuzioni e si indicava che esso, peraltro si riservava, “ di vegliare sull’attività degli ebrei di recente giunti nel nostro Paese e di fare in maniera che la parte degli ebrei nella vita d’insieme della nazione non sia sproporzionata ai meriti intrinseci ed individuali e all’importanza numerica della loro comunità.” In seguito, sempre secondo il Preti (cit.pa.112) “tutti gli israeliti che detenevano cariche pubbliche e associative rassegnarono in quei giorni le dimissioni”. Nei mesi che seguirono il Governo non intervenne più’ ufficialmente mentre proseguiva la campagna stampa; nel Maggio 1938 benne in visita in Italia Adolf Hitler e i legami tra l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista iniziarono a frasi più stretti (7), mentre, nota ancora il Preti (ciyt.pag.113)” in tutti i Paesi d’Europa i regimi e i movimenti politici a sfondo fascista (che si andavano sempre più affermando) avevano ormai assunto atteggiamenti antisemiti.”(8)
Infine, il 14 Luglio 1938, veniva pubblicato il famoso “Manifesto della Razza” fondato sui seguenti “punti”: 1 Le razza umane esistono.2 Esistono grandi e piccole razze, non superiori o inferiori. 3 Il concetto di razza è un concetto puramente biologico. 4 La popolazione dell’Italia attuale è di origine ariana e la sua civiltà è ariana.5 E’ una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini d0altra razza in tempi storici capace di influenzare la fisionomia razziale della Nazione, 6 Esiste ormai una pura “razza italiana”./7E’ tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti. La questione del razzismo deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico senza intenzioni religiose o filosofiche. 8 E’ necessario fare una netta distinzione tra i mediterranei d’Europa (occidentali) da una parte e gli orientali e gli africani dall’altra. 9 Gli ebrei d’Italia non appartengono alla razza italiana e non sono originari dell’Europa.10 I caratteri fisici e psicologici….europei degli italiani non devono essere alterati un nessun modo.
Commenta il Preti ( cit.pag.115) che così si “ stabiliva l’esistenza non solo della razza ariana, ma della sottospecie della razza italiana nell0’ambito della prima. Fissato questo principio e stabilita la necessità di difendere l’integrità della razza nei suoi caratteri fondamentali, si poneva sotto un comune denominatore…la discriminazione nei confronti dei sudditi africani e degli ebrei d’Italia. E due politiche diventavano due facce di una medesima medaglia né l’una poteva concepirsi staccata dall’altra senza venir meno alla coerenza razziale.” (6)
Rimandando alle pagine seguenti l’esame dei vari punti del “ Manifesto”, possiamo qui citare quanto scrive Stanley G. Payne in “Il Fascismo 1914-1915” (Newton e Compton, Roma, 1999, pag.250-251): “Il Manifesto del razzismo italiano…poneva l’accento sulla teoria secondo la quale tutte le razze avrebbero un comune fondamento biologico, anche se prendeva le distanze dalle affermazioni nazista nel definire la razza italiana il prodotto di diversi gruppi etnici e biologici del passato, il risultato di molti secoli di storia, di cultura e di situazioni ambientali. Il Manifesto proponeva dunque una sorta di < razzismo biologico- ambientale>”
Il 25 10 1938 in un suo discorso Mussolini indicava la borghesia come un nemico e asseriva di aver sferrato contro di essa “ tre poderosi cazzotti nello stomaco”: l’abolizione del lei, l’introduzione del passo romano e il razzismo. Commenta Giordano Bruno Guerri (“Fascisti”, Mondadori , Milano 1995, pag.223) “E’ errato il luogo, comune per il quale a simili provvedimenti si arrivò per pedissequa imitazione della Germania nazista: facevano già parte della logica evoluzione del regime ,e se influenza vi fu si dovette alla necessità di porre l’Italia fascista a passo con i totalitarismi che sembravano sul punto di contendersi il mondo, quello hitleriano ma anche quello staliniano” E poco oltre “ Ma nella logica del fascismo, tesa alla formazione dell’italiano nuovo, il razzismo era un passaggio necessario: gli italiani dovevano sentirsi superiori agli altri popoli ed eliminare ogni possibile < contaminazione>.Il razzismo insomma coronò la” nuova dottrina come metodo per formare finalmente i nuovi ” (M.A.Leeden) Fu uno dei tanti certamente non il più importante dei metodi, ma ebbe un discreto successo: i giovani aderirono generalmente all0antisemitismo….furono soprattutto affascinati dalla visione di una nuova cultura in funzione antiborghese che sarebbe nata dal concetto di razza.”
E ripetiamo ancora una volta che non vi furono pressioni germaniche, né riguardo alla ”svolta” razzista (che come abbiamo tentato di dimostrare era conseguente alla logica evoluzione del Regime,) né riguardo ai successivi provvedimenti legislativi, con le parole di Renzo De Felice che, intervistato da Pasquale Chessa (“Antifascisti miei…” in “Panorama” 18 IV 1993) sosteneva “ Non è vero che le leggi del’39 furono imposte dalla Germania, Non c’è uno straccio di prova. Fu una libera scelta di Mussolini.” Della stessa opinione sembra essere anche l’israeliano Meir Michaelis che in “Mussolini e la questione ebraica” (cit.pag.135) scrive” Che il fascismo italiano sia giunto ad una qualche forma di < dottrina razziale> indipendentemente dall’influenza tedesca è indubbiamente vero; la proibizione di rapporti interraziali in Africa fu decretata infatti prima della nascita dell’Asse.”>. Conseguentemente”La legislazione razziale antisemita dell’autunno 1938, introdotta senza alcuna pressione dall’esterno, si può interpretare come logica conseguenza della progressiva radicalizzazione del Regime.”. Lutz Klinkhammer “Mussolini-Hitler: quiell’alleanza scellerata”in 31 XII 2003.



(1)Scriveva Nino Tripodi “Il Fascismo secondo Mussolini” (Il Borghese, Milano, 1971, pag. 102) “Allorché Mussolini, nell’estate del 1938 chiamò ad esigenze difensive della razza il pensiero degli studiosi e l’attenzione del popolo italiano, aveva notevoli problemi eugenetici e politici da risolvere in seguito alla conquista dell’impero etiopico e degli orientamenti della politica estera in urto con le comunità ebraiche straniere. Interessante è anche una nota ” Scoperta!”, attribuibile allo stesso Mussolini, apparsa su “Il Popolo d’Italia” del 26 VII 1938 :” Dirsi Ariani, significa dichiararsi appartenenti ad un gruppo storicamente determinato di razze: al gruppo indo- europeo e precisamente a quelle che hanno creato la civiltà mondiale. Senza una chiara, definita, onnipresente coscienza di razza non si tengono gli Imperi. Ecco perché taluni problemi che erano prima in zona d’ombra sono diventati dal 3 Ottobre 1935 “ (inizio della guerra d’Etiopia) ” di bruciante attualità.” Parlando a Trieste nel settembre 1938 il Duce ribadì: “Il problema della razza è in relazione dalla conquista dell’Impero.”



(2)E poco oltre leggiamo:” Nel suo libro Crepuscule des Nations Blanches il francese Muet ha dimostrato la prevalenza fisiologica e perciò il dominante potere d’assorbimento dei tipi umani primitivi nei loro incroci con i tipi superuori. Nel meticciato decade la razza civile e però non s eleva la razza primitiva che vi perde soltanto i caratteri più semplici e sani”.

(3)E mai e poi mai, aggiungiamo noi, si sarebbe arrivati alla follia d’aprire il suolo dell’Europa, difeso nei secoli contro Cartaginesi, Unni, Arabi, Mongoli e Turchi a quell’immigrazione- invasione della razze” di colore che sta irrimediabilmente modificando, unitamente ad ogni sorta di “selezione alla rovescia” le caratteristiche etniche dei popoli che vi vivevano da millenni. In questo senso, in futuro, si potrà, forse, affermare che anche quelle nazioni europee che si trovarono dal lato dei vincitori alla fine del II conflitto mondiale, abbiano iniziato, proprio allora, il cammino verso l’estinzione!

(4)A pag.165 vi leggiamo: ” Niente di quello che fanno gli ebrei politicamente in Europa può essere consentito dagli ebrei italiani. L’ebraismo europeo è antifascista e sovversivo. Nazismo e Fascismo sono i suoi bersagli. Esso lavora febbrilmente, e con quali conseguenze, a falciare il terreno attorno alla Germania ed all’Italia. Massoneria, socialismo e bolscevismo sono i suoi mezzi.”Ed a pag.85 l’Autore si chiedeva a proposito degli inizi del sionismo: ”Donde viene questo diritto di dar la caccia agli Arabi, di ucciderli, di sottometterli? E che cosa ha di morale, di civile, di umano, di legittimo, questa pretesa di vincere a qualsiasi costo la partita?” Riguardo all’atteggiamento dell’Italia intorno alla questione palestinese, ricordiamo che nella seconda metà degli anni 30 “Roma andava recidendo i legami stretti con certe organizzazioni sioniste, per diventare l’unica potenza europea che in quegli anni, e prima della Germania, avrebbe appoggiato la lotta dei Palestinesi.” ( Stefano Fabei “Il Fascio, la Svastica e la Mezzaluna”, Mursia, Milano, 2002 pagg.61-62).
(5)Leggiamo in Marco Dolcetta” Politica Occulta” (Castelvecchi, Roma, 1998, pag.138.” Di fatto, non è facile spiegare razionalmente, in termini di Realpolitik, l’ostinazione della politica britannica a favore del sionismo. Nel 1917-’18, per stappare la Palestina all’Impero ottomano e consegnarla ai sionisti, il Regno Unito, benché impegnato nello sforzo bellico in Europa, spostò su quel teatro di guerra insignificante oltre un milione di uomini…Erano forze sottratte ai fronti europei proprio nei mesi in cui le forze del Kaiser, disimpegnate ad Est dalla resa della Russia, venivano concentrate contro la Francia. Difatti il corpo di spedizione inglese in Palestina dovette poi essere precipitosamente ritirato e spedito sulle linee francesi, a tappare le falle che vi aveva prodotto il formidabile urto tedesco.” Sulla manipolazione della politica delle democrazie occidentali da parte del sionismo rimangono fondamentali: J. Beaty “The Iron Curtain over America”(Chesnut Mountain Books.USA.1951) e Doaglas Reed “The Controversy of Zion”(Dolphin Press, Sud Africa,1978)

(6)Non abbiamo qui lo spazio per trattare delle concezioni razziali di Evola e dei suoi rapporti con il Regime in questo campo, potremmo tornare sull’argomento in un altro scritto, qui ci limitiamo a ricordare quanto scriveva Edoardo Longo in “Conflitto Razziale” (Serarcangeli, Roma, 1994, pag.59”: Evola non insegnò mai una dottrina della razza puramente, senza valutare anche le connessioni fisiopsichiche del problema.”Da parte sua Francesco Germinario scriveva in “Razza del Sangue, Razza dello Spirito” (Bollati-Boringhieri, Torino, 2001.èag.98) ”Per Evola la lotta contro la modernità diventa tutt’uno con un processo di rinnovata differenziazione e gerarchizzazione delle razze: ciò che era incrociato e imbastardito andava nuovamente isolato e rideterminato con estremo rigore ,nel senso che ciascuna razza, una volta differenziata rispetto alle altre, era destinata a coltivare la propria specificità.”

(7)A proposito dell’alleanza tra l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista possiamo riportare dal libro di Pino Rauti “L’Immane Conflitto” (C.E.N.Roma.1965, pag. 163) ” La scelta dell’Italia, a parte le affinità ideologiche tra fascismo e nazismo, non poteva essere dubbia e resta solo da criticare il fatto che essa non sia stata fatta prima, con più limpida decisione, senza tentennamenti ed esitazioni che crearono solo equivoci ed alibi a scoppio ritardato, con una più precisa e severa riduzione dei mezzi disponibili ai fini che si volevano raggiungere con la dura, magari spietata eliminazione di tutti gli ostacoli sulla strada che si voleva e si doveva percorrere. Questo è il solo rimprovero serio da muovere al fascismo e al regime.»

(8)Si può, a questo proposito, notare una contemporanea” deriva” in senso antisemitico di movimenti quali il Francisme di M. Bucard, il Partì Populaire Francais di J.Doriot e la British Union of Fascists di Oswald Mosley che, significativamente, mutava la propria denominazione in “British Union of Fscists and Nationalsocialists” quasi a simboleggiare il confluire del “filone” italiano e di quello germanico..

(9)Il nesso tra dominazione coloniale e razzismo non fu certo trascurato dai propagandisti del Regimi, possiamo citare, per esempio, l’articolo di Lidio Cipriani ” Razzismo e Possessi Coloniali” apparso su “La Difesa della Razza” N.3 del 5 settembre 1938, vi si leggeva: “ Niente meglio del razzismo giustifica i possessi coloniali in Africa” ciò perché i popoli negri non avrebbero saputo sfruttare le risorse naturali del Continente in quanto incapaci di progredire. Così” La dottrina razzista, autorizza a dire….la verità senza ipocrisie. Gli Europei dominano in Africa perché hanno il diritto e il dovere di farlo.” Tuttavia, l’autore non si nascondeva certi aspetti negativi del colonialismo.” In Africa, il Bianco vide una terra di fertilità prodigiosa e di ricchezze da favola trascurate dai Negri, per cui pensò di carpirle. Nessun mezzo fu risparmiato per raggiungere lo scopo, intere regioni furono spopolate quando gli indigeni resistettero, aree vaste vennero occupate cacciandone o riducendone servi i primitivi abitanti. Malattie, sventure e miserie mai conosciute in precedenza, divennero gli apporti principale di cui i Bianchi gratificarono i Negri nel presunto aiutarli ad ascendere verso la civiltà mentre i secondi erano il migliore ausilio ai primi nel raggiungimento delle loro mire.”







































VII- I DOCUMENTI DEL RAZZISMO FASCISTA

A: BOZZA PREPARATORIA DEL”MANIFESTO DELLA RAZZA”


Il Ministero della Cultura Popolare, intendendo chiarire e definire gli aspetti essenziali dei problemi della razza, si propone di svolgere un’azione di studio e di propaganda.
Quest’azione ha lo scopo di far conoscere a tutti i cittadini i caratteri della razza Italiana e di esaltarne le millenarie virtù.
Le direttive alle quali sarà ispirata questa azione sono le seguenti: 1– Le razze umane esistono. Questa esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde ad una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti, di milioni di uomini, simili per caratteri fisici e psicologici, che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Perciò tutti gli individui di una data razza non sono unità indipendenti nel tempo e nello spazio, ma portano nella propria personalità la stratificazione millenaria dei caratteri fisici e psicologici dei predecessori. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti. 2. – Esistono grandi razze e piccole razze. In altri termini, non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono caratterizzati solo da alcuni caratteri ereditabili, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori. Questi gruppi sistematici minori sono individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni e costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità assiomatica e dimostrabile facilmente. Naturalmente queste piccole razze, come sono per esempio i nordici, i dinarici, i mediterranei, ecc. possono più o meno differire le une dalle altre, per cui possono essere riunite insieme le simili, come per esempio le razze europee, e razze africane, le asiatiche formando così le unità sistematiche più comprensive che comunemente sono chiamate razze. 3. – Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo, di nazione, basati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno anche delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci ecc. non è solo perché essi hanno una lingua diversa o una storia diversa ma perché la costituzione antropologica di questi popoli è diversa. In altri termini sono state proporzioni diverse di razze diverse che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze. 4. – La popolazione d’Italia è di origine Ariana. La civiltà d’Italia è unicamente Ariana. Questa popolazione a civiltà Ariana abita da diversi millenni la nostra penisola, nulla è rimasto della civiltà delle stirpi umane estinte, e ben poco delle genti preariane. L’origine degli Italiani parte da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa. 5. – L’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici è una leggenda. Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli, capaci di influenzare la fisonomia della nazione. Da ciò deriva che mentre per altre nazioni europee la composizione antropologica è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione antropologica di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa; i quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia almeno da un millennio. 6. – Esiste una pura RAZZA ITALIANA. Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di Razza con quello storico-linguistco di popolo e di nazione, ma sulla realtà biologica che il sangue che corre oggi negli Italiani ha una millenaria, purissima nobiltà. 7. – E’ tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo, e frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia dovrà essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza preoccupazioni di indole politica, filosofica o religiosa. L’ideologia del razzismo in Italia dovrà essere essenzialmente italiana e l’indirizzo Ariano-Nordico. Questo non vuol dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa, ma soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che, per i suoi caratteri tutti recessivi e puramente europei, meglio si stacca da tutte le razze extraeuropee, vuol dire elevare l’Italiano ad un ideale sì superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità. 8. – E’ perniciosa la teoria della razza mediterranea e della origine Africana di alcune razze europee. Premesso che bisogna subito fare una distinzione tra i mediterranei d’Europa e gli orientali, dare un indirizzo nordico al razzismo in Italia non vuole dire negare l’esistenza di mediterranei in Italia o negare ad essi buone qualità, ma soltanto impedire che le cattive qualità del complesso psicologico dei mediterranei vengano esaltate. Queste cattive qualità che talora costituiscono l’inferiorità di alcuni Italiani (eccessivo individualismo, sentimentalismo esagerato, mancanza di calma e di tenacia ecc.) sono propria del complesso psicologico dei mediterranei. D’altra parte, la teoria della razza mediterranea comprende in questa razza anche le popolazioni semitiche, portatrici di una civiltà sovvertitrice per l’Europa, e stabilisce quindi delle simpatie ideologiche con l’Asia e l’Africa, assolutamente inammissibili.
9. – Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Delle diverse popolazioni semitiche che nel corso dei secoli si sono riversate sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione Araba della Sicilia nulla ha lasciato, all’infuori del ricordo di qualche nome e poco ha lasciato nel sangue dei Siciliani del resto, il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Dal punto di vista della civiltà, la civiltà di tutte le regioni d’Italia è Ariana. L’unica popolazione semitica che non si è mai assimilata è stata quella Ebrea che quindi, essendo costituita da razze come l’Orientale e l’Asiatica anteriore diverse assolutamente dalla altre razze che diedero origine agli italiani deve essere considerata al di fuori dell’attuale razza italiana.
10 Il problema degli incroci deve quindi essere impostato nel senso da impedire nella maniera più assoluta che comunque vengano alterati i caratteri puramente europei degli italiani. L’incrocio è ammissibile quindi nell’ambito elle razze europee (nordici, dinarici, mediterranei, alpini ecc.) nel qual caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per altri. Il carattere puramente europeo degli italiani viene alterato con l’incrocio con razze biologicamente inferiori sia con razze diverse dalle europee e portatrici di una civiltà che non è la millenario civiltà degli Ariani.










2:Il ”MANIFESTO DEGLI SCENZIATI RAZZISTI”

1.Le razze umane esistono. L’esistenza delle razze umane non è già un’astrazione del nostro spirito ma corrisponde ad una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, di solito imponenti, di milioni d’uomini, simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e continuano ad ereditarsi. Dire che esistono razze umane non vuol dire a priori che esistano razze umane superiori ed inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.
2.Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistono i gruppi sistematici maggiori, che comunemente e che sono individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, l’esistenza delle quali è una verità evidente.
3.Il concetto di razza è un concetto puramente biologico. Esso è quindi basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e nazione, fondati essenzialmente su condizioni storiche, linguistiche e religiose. Però alla base delle differenze di popolo e nazione stanno delle differenze di razza. Se gli italiani sono differenti dai francesi, dai tedeschi, dai turchi, dai greci ecc. non è solo perché hanno una lingua diversa ed una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia infine che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
4.La popolazione dell’Italia attuale è di origine ariana e la sua civiltà è ariana. Questa popolazione di civiltà ariana abita da diversi millenni nella nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L’origine degli italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
5.È una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa; i 44 milioni di italiani di oggi rimontano quindi nell’assoluta maggioranza a famiglie che abitano in Italia da un millennio.
6.Esiste ormai una pura “razza italiana”. Quest’enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico linguistico di popolo e nazione, ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia. Quest’antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione Italiana.
7.È tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano nordico. Questo non vuol dire però introdurre le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli italiani e gli scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extraeuropee; questo vuol dire elevare l’italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
8.È necessario fare una distinzione fra i mediterranei d’Europa (occidentali) da una parte gli orientali e gli africani da un’altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
9.Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli italiani.
10.I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani non devono essere alterati in nessun modo. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un corpo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extraeuropea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.



















VI NOTE AL “ MANIFESTO”

Nota il Gregor( “ Teorie…”cit.pag.35-36) “Una differenza importante fra le due dottrine razziste” la nazionalsocialista tedesca e la fascista italiana) “consiste in questo, che il Fascismo prese ufficialmente posizione sulla formulazione teoretica generale con il “Manifesto della Razza” del 1938, ciò che il nazionalsocialismo non fece mai. In Germania….non si arrivò mai alla enunciazione di una” teoria nazionalsocialista” della razza ufficialmente riconosciuta……I Fascisti invece esposero la posizione del loro movimento con notevole chiarezza in un documento ufficiale…” Inoltre “…Chiarimenti e sviluppi proseguirono anche durante gli anni di guerra…”
Ebbe a scrivere Adriano Romualdi in “Julius Evola, l’uomo e l’opera” (G. Volpe ed., Roma, 1971,pag.67): “Si scoprì una (evidentemente inesistente, perché gli italiani, come ogni altro popolo europeo, sono una mescolanza di elementi mediterranei, nordici , alpini etc.” Ciò è senz’altro giusto, ma bisogna qui considerare che per il Fascismo era valida, come scrive il Gregor “L’Ideologia..”cit.pag.234 e segg.): “una concezione della razza intesa come costante dinamica, prodotto ultimo dell’isolamento geografico e sociale e della concomitante endogamia, della selezione naturale e artificiale e della mutazione genetica. Nell’ambito di questa concezione, ogni razza antropologica era intesa come il prodotto finale di un lungo processo storico, una funzione di una prolungata endogamia, del differenziato tasso di incremento demografico, della selezione e della variazione genetica. Ogni comunità endogama veniva considerata una razza in formazione; il grado di uniformità del tipo essendo funzione della durata dell’isolamento, dell’intensità della selezione cui era stata sottoposta in particolari circostanze ambientali, dell’ampiezza della popolazione e del tasso di riproduzione dei suoi gruppi costituenti, tutte cose determinate in gran parte da circostanze politiche.” Possiamo citare qui quel che scriveva Aldo Capasso in “Idee Chiare sul Razzismo” (1942 ) “ le nazioni costituite da lungo tempo…possono consolidarsi in razze, diventare nuove razze, …”e “Si capisce che le …sono nazioni solidificate in razze, cioè, unità politico - culturali solidificate col tempo e connubi in unità di sangue e derivate dall’armoniosa e non instabile fusione di più razze antiche” Insomma una visione “dinamica” e non “statica” della razza ed un razzismo che fosse un rafforzamento del nazionalismo e non rischiasse di dividere su linee piò o meno antropobiologiche il popolo italiano come minacciavano di fare certe correnti razziste germaniche che tendevano a dividere il popolo tedesco con elementi più o meno ”nordici”.( Ciò, tuttavia, non impediva che sorgesse, anche in Italia, il problema della creazione di una “aristocrazia” anche razzialmente determinata)
Continua il Gregor “Si sosteneva che in qualsiasi preciso istante una razza antropologica è un’astrazione statistica, conseguenza del fato che il ricercatore ha scelto un tip di riferimento, o ideale, che permette di scegliere i criteri usati per delimitare l’unità di misura. Qualsiasi popolazione mostra una naturale variabilità, ed il grado di variabilità dipende da svariatissimi fattori endogeni ed esogeni. In tempi di evoluzione, le principali razze geografiche (razze grandi) danno luogo a variazioni locali relativamente uniformi (razze piccole).Nessuna razza appare completamente sviluppata nella storia. Ciascuna è il prodotto di un isolamento sociale politicamente voluto, di influenze selettive e di pratiche di riproduzione che tendono a stabilizzare i tipi specifici in specifiche sacche ecologiche.La formazione delle razze deve esser quindi intesa come un processo politico dinamico e storico. Appena una variazione locale comincia ad espandersi perché possiede qualche caratteristica di maggior valore vitale o di maggior fertilità, resta soggetta a condizioni ambientali ed a fattori genetici che tendono a introdurre variazioni, allontanandola dal tipo originario. Le razze antropologiche perciò, vengono intese come entità astratte, come il risultato dei tentativi degli antropologhi per mettere ordine nell’abbondanza di dati a loro disposizione. Queste astrazioni hanno valore euristico e didattico, ma il loro uso ha offuscato la dimensione politica e dinamica del processo biologico della formazione delle razze. Ogni concezione meno dinamica della razza tende a identificare le con le caratteristiche astratte del prototipo degli antropologhi.In realtà, pochi individui possiedono, in natura, tutte le caratteristiche….che vengono usate come criterio di classificazione per l’identificazione delle razze. La massima parte degli individui appartenenti ad una razza geografica presentano in misto di caratteristiche attribuibili a due o più razze locali. La variabilità naturale delle popolazioni è ulteriormente complicata dalla variazioni provocate dai fattori ambientali….”Perciò “ In una popolazione dalle dimensioni dell’italiana, caratterizzata da poche sacche endogame, soggetta a diverse influenze ambientali, non si può sperare di ottenere una popolazione antropometricamente umiforme, mentre questa variabilità non è una prova univoca di ibrido razziale.”
Si tratta, ripetiamolo, di una “ipotesi dinamica” nel cui ambito continua il Gregor (pag.236): ” ..La Nazione poteva essere concepita come un < crogiuolo di razza>, un circolo endogamo m politicamente definito la cui indipendenza sovrana e mobilità interna tendono a rapportare tutti i componenti ad un’unica corrente genetica che, concessole un tempo sufficiente, produrrebbe un tipo relativamente distinto, una< razza nuova>, in un’unità di sangue.”Si pensi qui come l’ottenuta unità delle Penisola permettesse un incremento degli “incroci” tra italiani delle diverse regioni, proteggendo tale processo da “intrusioni” esterne giudicate non favorevoli, si poteva mirare appunto ad un rafforzamento della costituenda unità etnica degli Italiani.
Ma torniamo al Gregor (ibidem) ”Sempre in quest’ambito la Nazione è concepita come il veicolo politico di una nuova razza in formazione. Lo Stato in quanto volontà cosciente della Nazione, può attraverso le leggi che limitano la cittadinanza e stabiliscono norme che regolano i matrimoni, attraverso uno studiato programma demografico ed eugenetico, attraverso la sua politica di immigrazione ed emigrazione, agire come arbitro assoluto nei confronti della razza che si sta formando.…Lo Stato ideale favorisce ed accelera il processo di formazione di una particolare razza. Lo Stato difende l’integrità della razza in formazione, proteggendone gli elementi, selezionandone i componenti e difendendone i confini territoriali.” Da questo punto di vista si può comprendere quanto sia criminale la politica d’apertura verso l’immigrazione di elementi di razze non europee da parte dei governi democratici.
Proseguiamo col testo del Gregor “Ogni Nazione è distinta dai diversi componenti che ne costituiscono la popolazione. In ciascuna Nazione, si uniscono vari elementi dei tipi delle< vecchie> razze8i prodotti di comunità precedenti: orde, tribù o città- stato). I Teorici fascisti proponevano questa concezione per poter razionalmente parlare di una , una comunità storica ..che, …, era stata relativamente isolata ed endogama per un migliaio di anni” Analogo discorso si poteva fare per altre comunità nazionali, infatti “ Ciascuna Nazione era concepita come una razza ad un particolare stadio di sviluppo.” Facile indicare la motivazione di codeste concezioni “Si riteneva che una Nazione costituita da componenti armoniosi, assimilabili, mostrasse una vitalità intrinseca, un comune senso di finalità e destino; una invece, composta da gruppi disparati, di tipo razziale notevolmente diverso, era concepita come un agglomerato artificiale provi del senso dell’interesse comune. Una nazione simile tenderebbe a disgregarsi sotto la minima pressione interna o esterna……” al contrario “….una Nazione formata da affini tende a coagularsi, a produrre gradualmente una comnunità tenuta insieme da innumerevoli legami di rapporti di sangue, finche, alla fine, in condizioni ideali, ne scaturisce una nuova razza antropologica….I teorici fascisti… spiegavano il concetto di razza riferendolo a una popolazione politicamente definita.” Perciò, si poteva parlare di “razza –nazione” vale a dire di “ circoli politicamente definiti, indotti dalle legge e dalle attività pedagogiche dello Stato a dar vita alle comunità genetiche dei tipi razziali ideali”.(1)
Riguardo al punto 2 osserva ancora il Gregor (”L’Ideologia…”cit.pag.247: “ quasi tutti i teorici impegnati nella …formulazione” del Manifesto” erano sostenitori della.. tesi della inferiorità biologica della razza negra…..”inoltre”.. tra gli stessi accademici e teorici fascisti la tendenza a concepire le razze negroidi biologicamente inferiori era pressoché generale”. Scriveva, anni dopo, Giuseppe Sermonti (“ Il mondo è cretino?” in “L’Italia”23 Novembre 1994:.”Dai tempi di Darwin, c’è sempre stato qualcuno che ha misurato l’intelligenza umana e sempre è arrivato alla stessa conclusione, l’inferiorità negra. Uno dei primi esperti di IQ ( Coefficiente di Intelligenza), W. Dubois non esitò a concludere che i negri erano “Absolutely beyond the possibility of civilization “ (assolutamente al di là di ogni possibilità di civilizzazione).Il recente libro di Herrnstein e Murray ( La Curva a Campana )che ha risollevato il caso , si guarda bene dall’usare quelle espressioni di tono così razzista, ma afferma che, all’estremo inferiore della curva di distribuzione dell’intelligenza , c’è una sottoclasse con basso coefficiente e propensione al crimine. Sono i negri.” (cfr. anche Silvio Waldner “La Deformazione della Natura” AR, Padova, 1997)
A proposito dell ”indirizzo ariano-nordico” che avrebbe dovuto avere il razzismo italiano, scrive ancora il Gregor (cit.pag.237) “Il tipo ideale per i fascismo era il tipo” nordico. Ario”.In generale, gli Italiani venivano classificati tra la famiglia dei popoli chiamati ariani. Si pensava che questi popoli comprendessero elementi di diverse< razze vecchie> europee, fuse in una stabile e armoniosa. L’ideale nordico era concepito come uno strumento tattico per favorire un orientamento strettamente europeo. IL termine mediterraneo, anche se tecnicamente coretto, suggeriva ..una affinità con i semiti, politicamente inammissibile.Il rapporto di parentela con l’Europa settentrionale era sostanzialmente spirituale o culturale, piuttosto che morfologico.”
Piu’ profondamente ebbe a scrivere Julius Evola “ Senso della tesi nordico - aria” in “Il Regime Fascista” del 12 Luglio 1940-ora in “Il Mistero Iperboreo”(Fondazione J.Evola, Roma 2002) “..per noi” ariano” e “nordico ariano” non sono per nulla sinonimo di “germanico” o “tedesco”. Le razze germaniche non sono che uno dei molti rami del ceppo nordico - ariano…Non si tratta...in nessun modo dell’idea insostenibile…di una diretta derivazione degli elementi migliori del nostro popolo dalle razze germaniche. Il verso senso della tesi in discorso è che la più alta eredità razziale e spirituale manifestatasi nelle civiltà propriamente nordiche, si è anche manifestata nella razza italiana, i essa corrispondendo - per quel che riguarda il dato fisico- al tipo detto da vari ricercatori…”mediterraneo”: tipo dolicocefalo, con le stesse proporzioni di membra, lo stesso indice facciale e altre caratteristiche del tipo germanico e nordico, per quanto prevalentemente bruno. Il tipo mediterraneo italiano sarebbe dunque un diverso modo di apparire, in funzione a date condizioni storiche e a influenze di un diverso ambiente, dello stesso nucleo primordiale nordico- ario, di cui anche le razze germaniche sono una derivazione e manifestazione., va proprio a contestare tale pretesa, col sostenere che la razza italiana, nei suoi nuclei più validi, ha pieno diritto di riferirsi alla stessa origine, di dirsi cioè nordico- aria, epperò di rivendicare per se stessa la stessa missione di dominio e di superiore direzione storica.”
Per quel che riguarda il punto 9, non è qui il caso di soffermarsi sul problema se, e in qual misura, si possa parlare di “razza” ebraica (indipendentemente dalla questione delle origini): possiamo, tuttavia, cogliere alcuni spunti dal libro del Mosse (“Il Razzismo in Europa…”cit.pag.134 e segg.) ”…Elias Auerbach, uno dei pionieri dell’insediamento sionista in Palestina scriveva nel 1907 che mentre nel remoto passato la razza ebraica era stata il risultato di numerosi incroci; ora essa era pura perché si era tenuta separata attraverso i secoli.” In effetti, nota lo storico israelita, la ”maggior parte degli ebrei….credevano in una razza ebraica…”Tesi simili erano state sostenute dai tedeschi J.M.Judt e Richerd Andree. “ Fu però il medico, antropologo e sionista austriaco Iniaz Zollschan (1877-1948) a diventare il più famoso teorizzatore degli ebrei in quanto razza.” In precedenza, il famoso scienziato tedesco Rudolf Wirchov (1821-1902) aveva, nelle sue ricerche, evidenziato la differenze che aveva trovato, sul piano dell’antropologia fisica, tra gli ebrei e le popolazioni europee in mezzo alle quali essi vivevano. Per quel che riguarda l’Italia ricordiamo gli studi di Livio Livi la cui opera in due volumi ”Gli ebrei alla Luce della Statistica” edita nel 1918-1920 è stata ripubblicata è stata ripubblicata da A. Forni (Sala Bolognese,1979)
Riguardo al periodo successivo alla II Guerra Mondiale possiamo citare da Raffaello Parenti” Lezioni di Antropologia Fisica” (Pellegrini, Pisa, 1973, pag.258): “ Sì deve…riconoscere …che questa etnia è accompagnata dal ripetersi di alcune caratteristiche (forse conseguenza di un certo grado di endogamia) che testimoniano la presenza di un substrato biologico comune.”
Forse, la risposta definitiva a questa discussa questione può giungere dalla moderna genetica, possiamo segnalare il volume di A.E. Mourant, Ada C.Kopec e K. Domaniewska-Sobczak “The Genetics of the Jews” (Clarendon Press, London, 1978) in cui oltre a rilevare le differenze che, in campo genetico, distinguono gli ebrei dalle popolazioni tra le quali hanno vissuto per secoli, si rileva (pag.57) come quasi tutte le comunità ebraiche mostrino una sostanziale proporzione di geni distintivi africano-negroidi, per una percentuale dal 5 al 10% del patrimonio genetico totale.
Ancora, sul “Jerusalem Post”del 27/-12-1984 appariva l’articolo “Jews form distint race” un cui si sosteneva che” Contrariamente alle opinioni degli antropologi che ritengono che gli ebrei non formino un gruppo distinto, recenti studi di genetica condotti in Israele indicano che, di fatto, essi formano una razza distinta. O meglio, essi costituiscono un insieme di sottorazze che sono più strettamente legate l’una all’altra che alle popolazioni indigene in mezzo alle quali esse hanno vissuto fin dall’inizio della diaspora 25 secoli or sono.”
Infine, sempre sullo Jerusalem Post del 20 XI 2001, a firma Judy Siegel “Genetic evidence links Jews to their ancient tribe”: “L’evidenza genetica continua a portare prove alla tesi secondo cui il popolo ebreo discende da un comune progenitore. Secondo l’Università ebraica di Gerusalemme, nonostante una separazione di più di 1000 anni gli Ebrei Sefarditi di origine Nordafricana sono geneticamente indistinguibili dai loro fratelli dell’Iraq. E’ stato anche provato che gli Ebrei Sefarditi sono molto simili geneticamente agli Ebrei del Kurdistan e che solo piccole differenze esistono tra questi due gruppi e gli Ebrei Aschenaziti dell’Europa. Codeste conclusioni sono raggiunte in un articolo pubblicato recentemente nell’American Journal of Human Genetics scritto dal Prof. Ariella Oppenheim delle Hebrew University e dell’Hadassah-University Hospital a Ein Kerem…..I ricercatori condussero dei tests sul sangue di Ebrei Aschenaziti, Sefarditi e del Kurdistan esaminando i loro cromosomi Y che sono trasmessi solo per via maschile. Essi li compararono con quelli di vari gruppi Arabi – Palestinesi, Beduini, Giordani, Siriani e Libanesi – e con quelli di popolazioni non arabe della Transcaucasia, Turchi, Armeni e Curdi musulmani….lo studio indica che gli Ebrei sono i diretti discendenti di un’antica popolazione del Medio Oriente che inseguito si divise in gruppi etnici distinti che parlavano lingue differenti….Si ritiene che la maggioranza degli Ebrei attuali- non includendo i convertiti e i non ebrei sposati da Ebrei discendono dagli antichi Israeliti che vissero nella ….terra di Israele fino ….alla dispersione. I ricercatori sostengono che l’analisi genetica dei cromosomi degli Ebrei provenienti da vari paesi dimostra che in sostanza non ci fu mescolanza genetica tra loro e le popolazioni ospiti in mezzo alle quali abitarono durante la loro dispersione – sia nell’Europa Orientale, Spagna, Portogallo o Africa settentrionale.” (cfr. anche “Scientist assert: All Jews are Members of Same Racial Group” California Jewish Voice 17-8-1956)
Alla luce di codesti risultati veda il lettore quanto potesse avere ragione Benito Mussolini a sostenere: ” I giudei ….sono (un) …gruppo etnico…formato di elementi razziali che non sono europei…” (Cfr. A. Spinosa cit.pag. 41)


(1) Le concezioni fasciste possono venire accostate ad alcune idee di H.S.Chamberlain ci cui i citati Mahè e Soulés riportano le seguenti considerazioni :”La Nazione è il fattore della mescolanza di sangue necessaria alla costituzione della Razza e alla conseguente endogenia; il suo ruolo è decisivo. Essa è, in seguito, il legame che protegge la Razza contro la dissoluzione. La Razza, per riassumere, è generata e mantenuta dall’organismo della Nazione.”. (Le tesi del Chambelain fuono criticate dal J.Evola nel suo “Mito del Sangue”.)






































VII -SVILUPPI


Riprendiamo il testo del Preti (pagg.116-117) ” Al Manifesto seguì…una grande manifestazione pubblica a favore del razzismo, che si svolse il 26 Luglio 1938 e fu presieduta dal Segretario del Partito Fascista, Achille Starace. A conclusione della manifestazione……Starace passò ai giornali un comunicato, che era stato redatto in realtà da Mussolini, il quale si occupava in prima persona di tutte le questioni concernenti la razza. Il comunicato dichiara anzitutto: “ Il segretario del Partito, mentre ha elogiato la precisione e la concisione delle tesi, ha ricordato che il Fascismo fa da 16 anni praticamente una politica razzista, che consiste- nel realizzare un continuo miglioramento quantitativo e qualitativo della razza. Il segretario del Partito ha soggiunto che il Duce parecchie volte - nei suoi scritti e discorsi- ha accennato alla “razza” italiana, quale appartenente al gruppo cosiddetto degli indoeuropei.” Dopo aver ricordato le leggi razziali emanate per i territori dell’Impero, il comunicato conclude: “Quanto agli ebrei, essi si considerano da millenni dovunque e anche in Italia come una “razza” diversa e superiore alle altre, ed è notorio che malgrado la politica tollerante del regime gli ebrei hanno in ogni nazione costituito –con i loro uomini e coi loro mezzi -lo stato maggiore dell’antifascismo…..” In base a tutto ciò Starace ordinava agli Istituti di Cultura Fascista di occuparsi del problema razziale (Preti pag.118) “….fissò 5 punti, sui quali si doveva orientare l’azione propagandistica……1 la individuazione dei caratteri della razza italiana; 2 l’azione del regime in difesa della razza (politica demografica, miglioramenti della sanità pubblica, igiene del lavoro, ecc.); 3 il problema razziale dopo la conquista dell’Impero…..; 4 la coscienza del problema della razza…; 5il problema ebraico nel mondo e in Italia.”
Il 5 agosto del 1938 apparve la Nota n.18 di “Informazione Diplomatica”, probabilmente opera della penna dello stesso Mussolini. In essa si sosteneva che il “razzismo” italiano datava fin dal 1919 e che “se il problema rimase, per alcuni anni, allo stato latente, ciò accadde perché altri problemi urgevano e dovevano essere risolti”. I problemi razziali, si spiegava, erano stati posti in primo piano dalla conquista dell’Impero e la nota precisava: ” Altri popoli mandano nelle terre dei loro Imperi pochi e sceltissimi funzionari; noi manderemo in Libia e in AOI, con l’andar del tempo e per assoluta necessità di vita, milioni di uomini. Ora , ad evitare la catastrofica piaga del meticciato, la creazione cioè di una razza bastarda, né europea né africana, che fomenterà la disintegrazione e la rivolta, non bastano le leggi severe promulgate ed applicate dal Fascismo, occorre anche un forte sentimento, un forte orgoglio, una chiara onnipresente coscienza di razza.”
Dopo di ché la nota passava ad occuparsi degli ebrei dichiarando “Discriminare non significa perseguitare” e negando che il Regime si proponesse un “piano persecutorio contro gli ebrei, in quanto tali.”
Ma dopo aver ricordato che gli ebrei rappresentavano l’uno per mille della popolazione italiana ,il documento proseguiva “E’ chiaro che, d’ora innanzi, la partecipazione degli ebrei alla vita globale dello Stato dovrà essere e sarà adeguata a tale rapporto. Nessuno vorrà contestare allo Stato fascista questo diritto, e meno che tutto gli ebrei, i quali, come risulta in modo solenne anche dal recente manifesto dei rabbini d’Italia, sono stati, sempre e dovunque , gli apostoli del più integrale, intransigente, feroce e, sotto un certo punto di vista ammirevole razzismo; si sono sempre ritenuti appartenenti ad un altro sangue, ad un’altra razza; si sono auto proclamati “popolo eletto” ed hanno sempre fornito prova delle loro solidarietà razziale al di sopra di ogni frontiera. E qui non vogliamo parlare della equazione storicamente accertata in questi ultimi venti anni di vita europea, fra ebraismo, bolscevismo e massoneria." Non abbiamo potuto ritrovare il manifesto rabbinico citato in codeste righe, per il resto rimandiamo i lettori allo stato delle minoranze non ebree nello “stato” di Israele e alla solidarietà mondiale delle comunità ebraiche tra di loro e con codesto “stato”.
A questa nota segui’, naturalmente, una campagna degli organi di stampa contro l’ebraismo: i “pennivendoli” del giornalismo italiano erano pronti a seguire le direttive del Regime fascista come, qualche anno dopo, sarebbero stati prontissimi, salvo lodevoli eccezioni, a seguire quelle della restaurata democrazia e/o della “opposizione” socialcomunista..
A livello ufficiale seguirono le deliberazioni del Consiglio dei Ministri del 2-3 settembre 1938 che si tradussero, a loro volta, nel decreto - legge del 5 settembre. Riprendiamo il testo del Preti (cit.pag.135) “ Questo ..decreto- legge …..stabilisce anzitutto che gli ebrei stranieri devono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei possedimenti dell’Egeo entro sei mesi dalla data di pubblicazione.” Non risulta che quelli esuli dalla Germania nazionalsocialista siano stati costretti a rientrarvi “Contro costoro- nota il Preti- sia Mussolini sia la burocrazia italiana non hanno mai voluto infierire.” Ciò cui si mirava era che gli ebrei abbandonassero l’Europa per quello che si riteneva il bene di popoli europei e, in fondo, degli stessi ebrei; non diversa, anche se più “severa” era la politica del Reich. (Ricorda Robert Faurisson “Dell’esistenza delle camere a gas”.Effepi,Genova,2002,pag.28 “Prima della guerra, Hitler aveva tentato con un certo successo di provocare l’esodo degli ebrei. Egli augurava la creazione di un focolare nazionale ebraico fuori d’Europa.”)
Nella “Storia del Movimento Fascista ”del periodico “Asso di Bastoni” (fasc,9 giugno 1960) leggiamo (pag.16): “ Nei confronti delle comunità israelitiche tutto si limitò in principio ad un’operazione burocratica di precisa individuazione dei cittadini di razza ebraica da parte di un Commissariato per la Demografia e la Razza. Si trattò, nessuno lo nega, di politica razzista. Agli ebrei vennero tolti taluni diritti che restarono inalienabili per i cristiani. Non poterono più ottenere licenze di esercizio commerciale in proprio, per esempio, ma seguitarono nelle loro attività coperti da compiacenti prestanome. E tutti lo sapevano. Nei ranghi dell’esercito l’avanzamento fu precluso agli ebrei che vennero congedati, salvi però tutti i diritti maturati.”
Scrive ancora il Preti (cit.pag.154) “ A seguito dei provvedimenti discriminatori……moltissimi ebrei, soprattutto tra i giovani, si affrettarono ad emigrare per rifarsi una vita in America e altrove. Il governo. Dal canto suo, cercava di favorire l’esodo.” Esodo che come ricorda il De Felice( “Storia degli ebrei italiani…”Vol. II pag.517 e segg.) andò ad infoltire le schiere dei vari movimenti antifascisti che agivano in esilio soprattutto quello comunista e “Giustizia e Libertà”
E torniamo al testo del Preti (pag.157-158) “ Molti ritengono che i nazisti abbiano fatto notevoli pressioni sull’Italia per indurla alla politica di discriminazione razziale. Le cose stanno diversamente. Che Mussolini si sia messo sul sentiero del razzismo per uniformarsi a quella che ormai diventava la tendenza generale degli Stati totalitari, è fuori questione.”( ma, come abbiamo visto, non agì solo questo motivo) “ma non vi furono mai forti pressioni da parte dei tedeschi,…” Conferma il Michaelis(”Mussolini e la questione ebraica”pag.136): “Hitler non solo non aveva cercato di trasmettere la sua ossessione antiebraica a Mussolini, ma anzi si era vigorosamente astenuta da qualsiasi aperta interferenza nelle vicende interne italiane ….La decisione del duce di rompere con gli ebrei non fu dovuta ad alcuna irresistibile pressione straniera, ma al suo riconoscimento del mutamento di alleanze dell’Italia in Europa…”Allearsi con la Germania voleva dire avere contro necessariamente e inevitabilmente l’ebraismo italiano e internazionale.(1) Comunque, prosegue il Preti: “ Mussolini non voleva né creare ghetti né organizzare pogrom, ma aveva come obiettivo finale la pacifica espulsione della maggior parte degli ebrei e l’arianizzazione degli assimilabili…….Nel febbraio 1940,….Il capo della polizia Bocchini convocò il prefetto Almansi, capo dell’Unione delle comunità israelitiche italiane , e gli disse:” I tempi precipitano; bisogna che voi cerchiate di abbandonare questo Paese, che diventa pericoloso. Anche in alto si pensa così. Andatevene in numero di dieci al giorno”Agevolati dai funzionari del Governo, gli ebrei continuarono ad andarsene, fino a quando le partenze divennero impossibili con l’intervento in guerra dell’Italia.”
Per quel che accadde durante il conflitto rimandiamo al volumetto di Giorgio Pisanò “Mussolini e gli Ebrei” (Ed. FPE Milano, 1967) Non abbiamo qui lo spazio per seguire l’evoluzione della legislazione fascista in materia razziale possiamo limitarci a ricordare che il n.7 dei 18 Punti di Verona del Partito Fascista Repubblicano stabiliva: “Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica.”
D’altra parte ,già prima dell’8 Settembre 1943 in Libia, elementi ebraici si erano dati ad atti di ribellismo in combutta con elementi arabi. Dopo il 25 Luglio 1943 gli ebrei residenti in Italia furono “numerosi nei ricostituiti partiti antifascisti e nella lotta di liberazione.”(R.De Felice “Storia degli ebrei italiani…”cit.Vol.II pag.515)
E possiamo chiudere citando Meir Michaelis “Mussolini e la questione ebraica” (pag.400).” …dei 4 firmatari della condanna a morte di Mussolini, 2 -Emilio Sereni e Leo Valiani- erano ebrei.”
Ritornando al periodo 1938-1939, sul piano pubblicistico va ricordato che il 5 Agosto 1938 fu pubblicato il I numero della rivista” La Difesa della Razza” la ci direzione era stata affidata a Telesio Interlandi.(1894-1965, combattente nella I guerra mondiale, scrittore, aderì’ alla R.S.I.) Nel comitato di redazione figuravano Guido Landra, (cfr., tra l’altro, : G. Landra e G. Cogni “Piccola Bibliografia Razziale” Ed.Ulpiano, Roma, 1939): Lidio Cipriani, Leone Franzi ( cfr. ”Fase attuale del Razzismo tedesco” Istituto Nazionale di Cultura Fascista, Roma.1939 ), Marcello Ricci e Lino Businco) Nel “manifesto programmatico” della rivista si poteva leggere ,tra l’altro, : “L’intima logica del Fascismo porta all’esaltazione del concetto di razza; e ,più che del concetto, dei valori concreti della razza, valori biologici ed etnici, sangue e genio, coi quali si costruisce in concreto l’avvenire del popolo italiano…” e si auspicava una “liberazione dell’Italia dai caratteri remissivi che le furono imposti.”
Dopo qualche numero fu nominato segretario di redazione Giorgio Almirante, il quale, nel dopoguerra non avrebbe mancato di “dissociarsi” da tale esperienza( cfr. J.Evola.”Lettera ad Almirante ” in “Noi Europa” N.2,10 III 1967, ora in J. Evola “I Testi di Ordine Nuovo”, AR, Padova, 2001); per i contributi evoliani a codesta rivista cfr. J.Evola ”Filosofia, Etica e Mistica del Razzismo” Sentinella d’Italia, Monfalcone, 1985; “I testi de La Difesa della Razza”Ar, Padova, 2001 e J.Evola “La Nobiltà della Stirpe(1932-1938)”La Difesa della Razza”1939-1942”a cura di Gian Franco Lami” Fondazione Julius Evola, Roma.2002)
Fra i collaboratori ricordiamo Emilio Canevari, Aldo Capasso ( cfr”Idee Chiare sul Razismo”,Augustea, Roma,1942) )Giulio Cogni, G.Del’Isola, Massimo Leli, Giuseppe Pensabene, Guido Podaliri( cfr.il suo “De Republica Hebraeorum”,Barulli, Osimo, 1941 ) Massimo Scaligero( cfr .”La Razza di Roma”, Mantero,1939 ) e Gino Sottochiesa.(cfr .”Razza e razzismo nell’Italia fascista” Paravia,Torino,1939)(2)
Altre pubblicazioni che si distinsero occupandosi di temi razziali furono “Diritto razzista” fondato nel 1939 e diretto da Stefano M. Cutelli( 1902-1984, già direttore della rivista “La Nobiltà della Stirpe” cui collaborò anche J. Evola, fautore di una aristocratizazione del Fascismo e di una fascistizzazione della nobiltà italiana, aderì alla R.S.I.)e “Razza e Civiltà “organo del Consiglio Superiore e della Direzione Generale per la demografia e la razza, diretta da Antonio La Pera a cui collaborarono, tra gli altri, Giacomo Acerbo(cfr. “I Fondamenti della Dottrina Fascista della Razza” Atena,Roma,1940,libro molto critico nei confronti delle tesi nazionalsocialiste che fu aspramente criticato da Preziosi, Interlandi e dallo stesso Farinacci), Lidio Cipriani, Corrado Gini, Giovanni Marro (cfr. di questi “I Caratteri Fisici e Spirituali della Razza Italiana “Istituto Nazionale di Cultura Fascista, Rona,1939 e ”Il Primato della Razza Italiana”Pricipato,Roma-Messina,1939) ),Biagio Pace, .Edgardo Sulis etc,

(1)Sul Corriere della Sera del 6 XII 1994 Carlo Formenti (“Identikit degli Italiani, brava gente razzista”)scriveva: “Le leggi razziali italiane non furono mai (nemmeno nel periodo della Repubblica Sociale e dell’occupazione)una “traduzione” dell’ideologia nazista, bensì una creazione autonoma, coerente con le esigenze di uno specifico carattere nazionale.” Indispensabile su questo argomento è la raccolta “La Legislazione razziale del Fascismo”Effepi, Genova, 2003.

(2)Anche autori stranieri collaborarono a “La Difesa..” i più interessanti , tra costoro, furono forse il francese Montandon e il Tedesco Von Leers. Il primo ,nato nel 1879, fu uno dei piu’importanti etnologi ed antropologi del suo tempo: Svizzero,del cantone di Neufchatel, Geroges Montandon si stabilì in Francia nel 1925. Dapprima lavorò al laboratorio del Museo Nazionale di Storia Naturale per poi essere nominato professore alla Scuola di Antropologia.Fu autore di numerose opere di alto livello scientifico tra cui ”L’Ethnie Francaise”( Payot,Paris,1935).A partire dalla metà degli anni 30, dopo essere stato “sospettato” di nutrire simpatie comuniste, si avvicinò a posizioni nazionaliste ed antisemite; sotto il Regime delle Stato Francese del Maresciallo Petain diresse la rivista “L’Ethnie Francaise” e nel 1941 prese la direzione dell’Institut d’Etude des Question juives et ethno-raciales.Il 3 Agosto 1944 un commando della resistenza uccise sulla soglia della loro casa a Clamart la moglie dello scienziato ferendo gravemente il Mondandon stesso, questo portato all’ospedale di Fulda in Germania, vi morì il 30 Agosto in conseguenza delle ferite riportate. (cfr.Georges Montandon “Comment reconnaitre le Juif?” Nouvelles Editions Francaises.Paris.1940 e, in lingua italiana,” Come riconoscere e spiegare l’Ebreo” Effepi,Genova,2003), Johannes Von Leers (1902-1963),già vicino alla sinistra nazional socialista fu, sotto il Terzo Reich ,docente, ufficiale delle SS e autore assai prolifico nel campo del razzismo e dell’antisemitismo ( ricordiamo tra i tanti suoi titoli una “Geschichte auf rassischer Grundlage “ del 1934. Editò assieme alla moglie la rivista Nordische Welt pubblicata dalla Gesellschaft fur germanische Ur-und Vorgeschichte del famoso studioso dell’origine artica degli ariani Hermannn Wirth ( sarebbe stato il Von Leers ad introdurre lo studioso olandese presso H. Himmler). Collaborò con il teorico del ruolo del contadinato nei popoli germanici R.W.Darrè e con il Ministero della Propaganda del Goebbels. ( J. Evola cita più volte il Von Leers nel suo ”Il Mito del Sangue”).Dopo la disfatta sfuggito alla prigionia degli Alleati si rifugiò dapprima nell’ Argentina di J.D.Peron dove continuò ad operare in difesa dei suoi ideali e poi nell’Egitto di G.A.Nasser dove si sarebbe convertito all’Islam e continuò ad operare nel campo della propaganda antisionista.























ALTRI DOCUMENTI DEL RAZZISMO FASCISTA


1-BOZZA DEL NUOVO TESTO DEL MANIFESTO DELLA RAZZA DEL 25 APRILE 1942


Le razze umane sono da ritenere varietà della specie distinte per peculiari caratteri fisico psichici, dei quali le culture e le civiltà sono manifestazioni concrete. Tali caratteri sono iscritti nel patrimonio ereditario e pertanto trasmissibili lungo la catena delle generazioni.
Influenze ambientali e contatti con altri gruppi hanno contribuito durante i millenni a determinare i caratteri dei gruppi umani civili attuali.
Le differenze che caratterizzano una realtà etnica derivano pertanto non solo dal trasmettersi degli elementi genetici fondamentali, ma anche da forze creative tipiche, che si realizzano e manifestano nel corso delle generazioni in rapporto sia con l’ambiente, sia con le proporzioni numeriche dei gruppi umani venuti a contatto, sia con la graduazione delle azioni da essi reciprocamente spiegate, nel quale processo l’affinità elettiva ha importanza determinante.
Nella Penisola Italica, circoscritta verso terra dalla barriera alpina, opponentesi alle grandi invasioni di masse, contornata per il resto dal mare, anche esso contrario alle grandi invasioni, ma favorevole invece ai traffici ed agli scambi culturali, la presenza stessa dell’uomo risale indubbiamente agli albori stessi dell’umanità
L’uomo ha infatti abitato l’Italia fino dai primordi nei quali esso appare in Europa. La sua esistenza nelle più remote epoche del quaternario è dimostrata da particolari industrie paleolitiche, ed anche se i suoi caratteri fisici non sono conosciuti, esso costituisce il ”proto antropo d’Italia”. Nel quaternario medio l’esistenza dell’uomo è documentata dai gruppi a cui appartengono gli uomini del Saccopastore e del Circeo. La scoperta dei resti di quegli uomini si può considerare come il primo capitolo documentato nella storia umana sulla terra d’Italia.
I gruppi umani viventi trovano i loro antenati negli antichissimi del quaternario superiore, che a buon diritto possono essere chiamati i proto mediterranei italici, i quali numerosi appaiono nelle grotte liguri, in Toscana, Abruzzo, Sicilia e in tutta la penisola hanno lasciato segni evidenti delle loro industrie.
Pertanto la più antica cultura dell’Italia è contemporanea a quella degli altri paesi europei e si può ritenere con fondamento che essa abbai avuto qui sviluppo locale e parzialmente autonomo verso le forme superiori della civiltà neolitica.
Si può quindi postulare l’esistenza in Italia sin dal paleolitico superiore di una razza dotata di grandi qualità creative ed assimilatrici, destinata a far prevalere il proprio tipo fisico ed il proprio genio etnico e culturale.
Da questi nuclei indigeni deriva una razza preistorica, creatrice della civiltà neolitica, formata in prevalenza da tipi umani ancora oggi largamente distribuiti nella penisola
Molto più tardi in Europa e quindi anche in Italia si determina un nuovo assetto etnico col sopraggiungere di gruppi umani, in possesso dei linguaggi, denominati ari o ario-europei. Questi gruppi della famiglia linguistica aria debbono avere trovato precocemente una forma di convivenza con i proto mediterranei d’Italia, come avvenne ovunque in Europa e parte del continente asiatico, e come è dimostrato dall’analisi delle lingue ario-europee che mentre attestano fonetismo e morfologia essenzialmente ari, conservano nel lessico ampie tracce di influenza del sostrato.
L‘apporto culturale di questi gruppi ari ha influito sullo sviluppo della civiltà originaria italica in quanto vi ha trovato favorevoli condizioni, in virtù dello stesso grado da essa già raggiunto. Se altrimenti fosse non si spiegherebbe perché questi gruppi penetrati nel resto dell’Europa siano rimasti invece per molti secoli incapaci di creare una civiltà anche lontanamente comparabile con quella della nostra penisola. Dalla fusione dei due elementi etnici e dal loro genio culturale ha avuto origine, in uno con le innegabili influenze mediterranee, quel tipo di civiltà che si ritrova in Italia all’inizio della storia.
La nostra preistoria appare inconfondibilmente come un lungo e grandioso processo unitario, che può considerarsi autoctono nelle sue linee essenziali, attributo incomparabile della nobiltà delle nostre origini.
Nel quadro etnico e culturale della penisola, che si profila già alla soglia della storia, appaiono numerosi popoli la cui fisionomia mostra ora maggior aderenza ai tratti della tradizione endogena, ora un sincre4tismo in cui prevale il fattore ario.
Sul panorama sostanzialmente unitario di civiltà e popolo che l’epoca dei metalli ci mostra in tutta Italia, con quei nuclei più o meno attardati e quegli aspetti locali che sono nella realtà di ogni fenomeno unitario, si delineano le prime culture storiche distinte concretamente dall’esistenza di una tradizione di memorie affidate alla scrittura: le civiltà degli Etruschi e delle colonie elleniche dell’Italia meridionale e della Sicilia.
Con gli Etruschi si matura in Italia una individualità etnica che è sua e di nessun altro popolo, che muove da caratteri comuni alle genti della Penisola e qui dove è nata, vive e si diffonde.
La colonizzazione ellenica lungi dal segnare un distacco nella compagine ellenica delle genti italiane ha operato come elemento di una sempre più intima elaborazione di questa unità, perché ha creato in una vasta zona d’Italia una fucina di trasformazione della più illustre civiltà storica del Mediterraneo, la greca, offrendola già permeata di elementi italiani alla diffusione che di essa doveva operare l’unità politica di ROMA.
La presenza di Celti in Italia, che non supera di molto il secolo e mezzo, si risolve in definitiva in una più intima affermazione degli elementi base della popolazione preesistente.
Già di tale intima compenetrazione tra l’etnos e la civiltà delle popolazioni preesistenti e l’elemento ario sopravvenuto, ROMA era stata espressione al tempo stesso tipica e grandiosa. È molto difficile sceverare nella compatta figura del popolo romano e della sua civiltà i tratti che derivano dal fondo da cui essa emerge e quelli che costituiscono l’apporto dell’elemento ario, tanto profondo è stato il sincretismo operatosi nel corso di molti secoli fra le genti proto italiche, che nella penisola avevano attraverso i millenni elaborato una civiltà progredita, e di altre genti portatrici di impulsi vari.
Il popolo italiano ci appare quindi , al suo ingresso nella storia, come un popolo unitario; il che prova che alcuni caratteri genetici eletti sia fisici che psichici, hanno prevalso del sincretismo degli elementi diversi, ma tuttavia legati da affinità elettiva, generando un tipo umano superiore.
Ai principi genetici che esso esprime fisicamente: per nobiltà di volto, solidità ed armonia di architettura corporea, per sempre rispondente potere di adattamento alle varie condizioni ambientali, spiritualmente: per qualità produttive dell’intelletto per visione chiara ed immediata della realtà, per spiccato senso etico e perspicuo intuito politico e giuridico, creatori ed informatori civili ordinamenti, la razza deve la sua fondamentale originalità mai smarritasi attraverso le sue svar4iate millenarie vicende.
Si è determinato fra razza ed ambiente generale, naturale, un sinergismo che fa dell’italiano, in tutti i tempi, un elemento nettamente differenziato, nel quadro della vita e civiltà europee.
Ciò dà ragione del succedersi nella penisola di quattro civiltà diverse, tutte a carattere universale e contraddistinte da armonica grande altezza di pensiero, tutte capaci di esprimere dal oro seno personalità umane di risonanza mondiale, creatrici di epoche storiche di cui quella Fascista, dovuta al genio di Mussolini, è uno degli esempi più grandiosi.
Quando nel 28 A.C. Ottaviano organizza amministrativamente le provincie italiane, l’ordinamento non risponde soltanto ad un’individualità geografica, nettamente percepita dallo spirito realistico di ROMA, ma rispecchia ancora un’unità etnica sulla remotissima base delle popolazione primitive sempre più perfezionata.
Le invasioni che sul cadere dell’Impero Romano, per tutto il medio evo si susseguono con varia intensità passano senza nulla potere su questo gruppo adamantino ed omogeneo degli italiani che ROMA ha collaudato. Il che costituisce ormai uno dei risultati più sicuri dell’indagine critica moderna. Cessata la loro effimera funzione politica , i loro elementi demografici si dissolvono oppure vengono eliminati come è avvenuto agli Arabi in Sicilia; essi restano come accampati, nettamente distinti dalle popolazioni locali e rientrano in
Africa, lasciando poveri avanzi che ben presto si esauriscono.
Gli ebrei gruppo etnico estraneo tendenzialmente disgregatore, hanno costituito sempre un’esigua minoranza, che non solo non ha intaccata in alcun modo, ma nemmeno sfiorata l’unità biologica e spirituale della razza italiana.
La compagine etnica d’Italia risultato di questo lungo millenario processo, è nettamente definita nel momento in cui Augusto compie il suo ordinamento e questo esprime ancor oggi , a circa due millenni di distanza, la sostanziale struttura dell’Italia moderna.



2 PASQUALE PENNISI “APPUNTI PER LA DOTRINA FASCISTA DELLA RAZZA”

Razza – Idee – Civiltà
1.La razza è una realtà psicofisica, la quale definisce l’uomo in quanto essere temporalmente vivente collegandolo ad una genealogia. Essa è uno dei fattori determinanti l’espressione psicologica e somatica della persona, e, attraverso l’insopprimibile relazione tra mondo psichico e quello spirituale nella persona umana, è capace di determinarne anche l‘espressione spirituale.
2.Tale determinazione riguarda il modo di esprimersi delle manifestazioni psichiche e spirituali, non il loro modo di essere. La razza, cioè, influisce sullo stile col quale la persona esprime le proprie qualità e non sul contenuto sostanziale di esse. Non può quindi addivenirsi ad un determinismo razziale come alla fonte legittima di una totale visione del mondo.
3.Questa è data dall’idea. È l’idea, non la razza, che determina il modo di essere della persona umana, e cioè il contenuto sostanziale delle sue qualità. L’idea è “forma”, la razza è “materia”. Una razza senza idea non può agire politicamente, cioè storicamente e socialmente; per converso l’azione di un’idea non potrà essere completa e perfetta nella concreta realtà storica se non incarnandosi in una razza atta ad esprimerla.
4.La civiltà non è, dunque, atto creativo della razza ma dell’idea, incarnata da quella razza che è la più capace di esprimerla completamente e perfettamente. Al fulcro della civiltà vi sta sempre, esteriormente, una razza; interiormente un’idea. È questa il motore determinante della storia; quella lo strumento necessario a questa determinazione.
5.Le razze non sono pure ma storiche. Questo è dovuto per tutta l’umanità alla caduta originale, e per ciascuna razza in particolare alle sue vicende storiche in quanto popolo. Ciononostante esiste per ciascuna razza un grado di purezza in quanto ideale limite al quale tendere. La purezza razziale non potrà mai essere raggiunta empiricamente nella sua totalità perché ciò presupporrebbe un ritorno allo stato edenico precedente al peccato originale. Il grado di purezza al quale le razze storiche possono tendere come ideale limite, è costituito: 1) dalla integrità dei loro relativi caratteri psico-spirituali 2) dalla compiuta capacità di questi di esprimersi attraverso i caratteri biofisici della razza.

Razza – Storia – Politica
1.Non ogni razza è capace di esprimere ogni idea. Perché la materia possa servire adeguatamente alla forma è necessaria una corrispondenza positiva tra il carattere dell’idea e la natura della razza attraverso la quale essa ricerca la propria espressione, cioè tra il contenuto dell’idea e lo stile espressivo.
2.Le idee, quanto al loro carattere si dividono nelle due categorie della Tradizione e della Sovversione. La prima è storicamente centripeta, gerarchica, sociale e tende alla trascendenza. La seconda è storicamente centrifuga, egualitaria, individualistica e tende all’immanenza. L’optimum di corrispondenza positiva con le idee della prima categoria è offerto dalla razza italiana, l’optimum di corrispondenza positiva con le idee della seconda categoria è offerto dalla razza giudaica.
3.Un popolo è una razza osservata nella dinamica della sua vita storica. Empiricamente ogni idea può ricercare la propria espressione attraverso qualsiasi razza. Allorché tra idea e razza esiste una corrispondenza positiva il popolo tende a raggiungere la propria potenza spirituale e politica. Allorché tra idea e razza esiste una corrispondenza negativa il popolo discende in un periodo di decadenza.
4.La razza di un popolo si riconosce , dunque, attraverso la sua storia. L’analisi storica dei suoi periodi di potenza e decadenza in rapporto con le idee in ciascuno incarnate, testimonia della natura del popolo. I mezzi usati per incarnare le idee testimoniano del suo stile, cioè della qualità della sua razza. Riconoscere da un punto di vista politico la realtà della razza significa procedere ad una tale indagine storica ed attuarne le conseguenze politiche.
5.In questo senso la Politica appare come potenziatrice della razza, in quanto, proponendole una idea positivamente corrispondente alla sua natura, ed ordinando secondo questa le manifestazioni del suo stile, può ricondurla verso la sua purezza, cioè potenziarla e, se decaduta, dignificarla e rettificarla.
Razza – Gerarchia – Coscienza
1.Come ogni altra espressione naturale della vita umana le razze sono ordinate tra loro in gerarchia. Tale gerarchia, però, non dipende da una classificazione materiale dei caratteri esterni, biologici e somatici di ciascuna razza, ma da una classificazione spirituale dei suoi caratteri interni, psicologici e spirituali.
2.Ogni razza è se stessa ; è cioè caratterizzata da un suo proprio stile che ne determina le attitudini specifiche entro la coesistenza armonica dell’umanità. Poiché la gerarchia delle razze è fondata sui loro caratteri interni, la scala gerarchica delle razze corrisponde a quella dei valori alla cui espressione sono eccellentemente dirette le attitudini specifiche di ogni singola razza.
3.Le razze costituiscono una realtà della vita temporale dell’uomo. Poiché in questa il valore più alto- quello che riduce tutti gli altri in armonica qualità- è la Politica, il sommo grado della gerarchia razziale è tenuto da quella razza che più è capace di esprimere l’idea dell’Impero , che è l’idea eccellente della Politica.
4.Tale gerarchia può essere guardata sub specie aeternitatis nella considerazione del piano provvidenziale immanente nella storia, rivelato dai passati accadimenti: come tale essa rappresenta il termine ad quem della Politica. Ma essa può essere guardata sotto la specie della sua attualità contingente, come tale rappresenta il termine a quo della Politica e ci da l’indice di vitalità della razza in un dato momento.
5.Questo indice di vitalità della razza è misurato dalla corrispondenza attuale della razza al proprio posto provvidenziale nella gerarchia delle razze, cioè dal grado di adesione attuale di una razza alla propria vocazione storicamente rivelata. La vitalità della razza è effetto della coscienza che essa ha di se medesima.
6.È compito della Politica curare ed elevare il grado di vitalità della razza, cioè mantenere o riportare il popolo al suo posto proprio nella gerarchia interrazziale. La Politica assolve questo compito mantenendo e potenziando la coscienza che la razza ha di se medesima
Italicità – Romanità – Rivoluzione
1.Esiste una razza italiana: essa è quella che, discendendo da un originario etnos ario mediterraneo ha suscitato la civiltà Romana. I caratteri interni (stile psichico e spirituale) che definiscono la razza italiana come al loro contenuto sostanziale naturale alle virtù proprie della Romanità classica, e ne costituiscono l’espressione formale.
2.La civiltà romano classica, ha toccato il proprio apogeo storico nell’epoca storica augustea -alla quale corrisponde l’individuazione storica della Nazione italiana- esprimendo l’idea dell’Impero. Sul piano provvidenziale della storia tale civiltà ha preparato tale civiltà ha preparato l’avvento del Cristianesimo con il quale ha confluito. Da allora Tradizione, Civiltà e Romanità sono termini unici e sinonimi.
3.La Tradizione ha perduto il proprio potere di iniziativa storica allorché la razza ha cessato di esprimere comunque l’idea dell’Impero. In mano ad altri popoli questa idea non si è espressa se non come pura reazione ed è stata quindi incapace di agire storicamente abbandonando l’iniziativa politica alle idee della Sovversione, concretatesi specialmente nella Rivoluzione Francese del 1789 e nelle sue conseguenze.
4.Il Fascismo è Tradizione in quanto riprende l’idea di Roma e si oppone irriducibilmente a tutto il mondo sorto dai cosiddetti “immortali principi” del 1789. Esso è Rivoluzione in quanto si oppone egualmente ad ogni interpretazione reazionaria della Tradizione e costituisce una nuova ed originale incarnazione dell’idea dell’Impero espressa attraverso la razza italiana. Esso si definisce, dunque, come una Rivoluzione tradizionale, italiana per origine, per centro e per moralità. Nel Fascismo la Tradizione rivive originalmente: esso tende , dunque, ad attualizzare la Civiltà in una nuova fase storica.
Razza –Universalità –Impero
1.La nuova fase della Civiltà non può essere determinata che dall’idea dell’Impero attraverso l’azione politica e storica della razza italiana. Sta in ciò la necessità per il Fascismo, di riconoscere e potenziare la razza italiana. La razza italiana si pone con ciò come seme dell’Impero, fecondato dalla sua coscienza; e, in quanto tale, come forza integrante, e non scomponente, della universalità imperiale. Vi è una specie di fatalità storica (vocazione provvidenziale) tra Impero ed Italicità; non può aversi una vera attualizzazione dell’idea dell’Impero se non attraverso la vitalità ed attività della razza italiana e non può darsi un periodo storico di completa vitalità della razza italiana senza che essa tenda ad attualizzare l’idea dell’Impero. Questo rapporto esprime compiutamente la realtà sintesi a Romanità.
2.Universalità è opposto di Internazionalismo; questo è sempre centrifugo ( Sovversione); quella sempre centripeta (Tradizione) ed ha quindi bisogno di un centro. Questo centro non può essere che una idea (forma) la quale allorché si tratti di universalità politica, si incarni in una razza (materia) e si esprima attraverso l’azione storica di essa.
3.La razza italiana, richiamata dal Fascismo alla sua coscienza, si pone come la razza imperiale. Ciò significa che essa si pone come la prima delle razze dell’Impero: quella che storicamente e politicamente ne incarna e ne esprime l’idea, e che riconosce la propria vocazione nel dare il senso all’universalità imperiale, ordinando gerarchicamente ed armonicamente intorno a sé le altre razze chiamate a parteciparne.
Razzismo – Asse – Ordine Nuovo
1.Il Razzismo è dunque non il determinante della visione fascista della vita e del mondo , ma un suo elemento o , meglio, un suo mezzo di attualizzazione. Esso si distingue in razzismo politico e razzismo scientifico. Il primo è diretto a stabilire tra la realtà di una razza e l’idea che attraverso di essa si esprime, a suscitare e potenziare la coscienza della razza, a sistemare e chiarire le relazioni spirituali e dottrinali tra questa coscienza e gli altri strumenti ed elementi della visone della vita e del mondo. Il secondo è diretto a studiare le varie razze nella loro realtà psico fisica, ed ha una funzione strumentale rispetto al primo.
2.Il razzismo politico ha una funzione preminente negli sviluppi spirituali e storici della politica dell’Asse attraverso la quale si attua il risorgere dell’idea imperiale. Mentre l’Asse risuscita a vita storica il mito realtà di quella comunità romano- germanica attraverso la quale si sono realizzate le più recenti incarnazioni vitali dell’idea imperiale, il razzismo politico avvicina i due poli dell’Asse alla realizzazione di questa sintesi.
3.Il razzismo politico riconduce la razza italiana a quella coscienza di se medesima, che si era attenuata nel precedente periodo storico sovversivo sotto l’impulso dell’idea internazionalistica; la rende cioè capace di attualizzare ancora una volta l’idea dell’Impero ponendosi come suo centro. D’altro canto il razzismo politico riconducendo il Germanesimo ai miti delle sue prime origini pre- romane ( la trinità di Sigfrido, Wagner, Goethe sostituita, in quanto motivo ispiratore, a quella di Lutero, Kant ed Hegel) tende a staccarlo dalla Sovversione anti romana protestantico liberale ponendo le premesse storiche di una sua nuova romanizzazione spirituale.
4.Romanizzazione significa filtrazione di quelle fondamentali virtù morali che sono per la razza italiana il contenuto sostanziale naturale dei suoi caratteri formali nell’intimo di altre razze acciocché divengano caratteri spirituali acquisiti di queste. La romanizzazione è l’anima dell’Impero nella sua compiuta e perfetta attuazione.
5.Il razzismo politico deve essere strumento di Imperialità attuandosi presso tutti i popoli dell’Ordine Nuovo e così mirando a preservare l’originalità e quindi la vitalità, etnica e culturale di ciascuno di essi pur entro la loro coordinata e gerarchica comunità politica ed economica. Soltanto un razzismo politico ben compreso può preservare la Universalità ( Tradizione) dal degenerare in Internazionalismo ( Sovversione), conciliando in una sintesi superiore ( Impero) le verità contenute nei due principi politici della nazionalità e degli spazi vitali.
6.Nella gradualità applicativa e politica e nella contemporaneità universale dell’Ordine Nuovo, il nostro razzismo politico, mentre afferma per l’Occidente la natura imperiale della razza italiana e la sua vocazione provvidenziale all’attualizzazione dell’idea dell’Impero attraverso la resurrezione assiale della comunità romano germanica, afferma per l’Oriente la natura imperiale della razza nipponica, alla quale riconosce caratteri interni analoghi a quelli propri della Romanità.
GERARCHIA, luglio 1942

































CONCLUSIONI

Chi scrive fa sua l’interpretazione del Fascismo come fenomeno europeo data da Adriano Romualdi (“Su Evola” Fondazione J. Evola – Roma – 1998 – pag. 62) < Il Fascismo, nel suo significato europeo, fu…la coscienza istintiva dalla decadenza cui andava incontro l’Europa e la volontà di porvi rimedio con mezzi totali e violenti>. Già Pierre Drieu La Rochelle aveva scritto (NRF Gennaio 1943 ora in “Idee per una Rivoluzione degli Europei (Volpe Roma 1972 pag. 77) E lo stesso Adolf Hitler il 26 II 1945 poteva dire (“Ultimi discorsi” AR – Padova 1988 pag. 82) Alla luce di codeste considerazioni e soprattutto considerando fatti dei nostri giorni quali l’inarrestabile declino dei popoli bianchi e il potere delle lobbies ebraiche sull’Occidente e,non ultimo, l’infinito martirio dell’eroico Popolo Palestinese, possiamo tentare di formulare un giudizio su quello che fu o che avrebbe dovuto essere il razzismo del Fascismo italiano, e a questo tentativo codeste nostre note vogliono portare un, seppur modesto, contributo.